31 gennaio 2021

GIORGIO PERLASCA - UN SILENZIOSO UOMO GIUSTO



GIORGIO PERLASCA - UN SILENZIOSO UOMO GIUSTO

"Mio padre mi racconta che nel mondo esistono il Bene e il Male; spesso vince il Bene, a volte vince il Male. Ma in ogni momento della Storia del Mondo esistono trentasei Giusti: nessuno sa chi sono, nemmeno loro stessi. E' per loro che Dio non distrugge il mondo, perchè essi compiono delle azioni buone che li rende graditi a Dio, salvando così l'umanità intera. Io penso che Giorgio Perlasca fosse uno di loro".
(Ebrea ungherese salvata da Giorgio Perlasca)



Il 31 gennaio 1910 nasceva a Como Giorgio Perlasca, l'eroe silenzioso che nell'inverno del '44, in piena seconda guerra mondiale, riuscì con rischiosi inganni a salvare la vita a oltre 5000 ebrei ungheresi
La sua storia rimase pressoché sconosciuta fino al 1987, quando alcune donne ungheresi residenti in Israele riuscirono, dopo anni di ricerca, a rintracciarlo e finalmente ringraziarlo di averle salvate quando erano solo delle bambine.
Il ritrovamento era stato difficoltoso poiché le donne cercavano un certo Jorge Perlasca, ambasciatore spagnolo, ignorando che effettivamente, per una serie di circostanze, all'epoca dei fatti si spacciava per tale
.

Ricostruendo sommariamente i fatti, Giorgio Perlasca, dopo aver aderito al Partito Nazionale Fascista arruolandosi nelle Camicie nere, nel 1936 parte volontario come artigliere prima per guerra d’Etiopia e poi, nel 1937, per la guerra civile di Spagna, dove combatte a fianco dei nazionalisti del Generalísimo de los Ejércitos o il Caudillo de España, Francisco Franco.

Il generale Francisco Franco

Fu così che ebbe modo di assimilare bene sia la lingua sia la cultura, ma soprattutto così riuscì a guadagnarsi la concreta riconoscenza dei franchisti, i quali gli rilasciarono un documento che attestava la sua partecipazione alla guerra civile spagnola e l'autorizzazione, se avesse avuto bisogno di aiuto, a rivolgersi alla loro ambasciata in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi momento.
Questo documento in seguito si rivelò prezioso e non solo per lui.
Al termine della guerra civile spagnola nel 1939, Perlasca rientra in Italia, ma non trovando approvando la promulgazione delle leggi razziali e l'alleanza con la Germania nazista, si allontana dal fascismo.

Benito Mussolini e Adolf Hitler

Fresco di matrimonio, dopo aver chiesto e ottenuto la licenza militare indeterminata , si trasferisce all'estero con la moglie, lavorando prima in Croazia, Serbia e Romania poi in Ungheria, a Budapest, come agente venditore di carne per una ditta di Trieste, la SAIB (Società Anonima Importazione Bovini).
Si trova dunque a Budapest l'otto settembre 1943, giorno dell'armistizio tra l'Italia e gli Alleati , quando restando al giuramento fatto al Regno d'Italia, rifiuta di aderire alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini.
Ciò gli costò mesi di carcere, ma approfittando del trasferimento dal carcere in città per una visita medica Perlasca fugge e si rifugia presso l’ambasciata spagnola mostrando il prezioso documento firmato personalmente dal generalissimo Franco.
L'ambasciata spagnola non delude le sue aspettative e gli fornisce protezione, un passaporto spagnolo intestato a Jorge Perlasca e anche un incarico di funzionario.

Giorgio Perlasca

Perlasca iniziò così a collaborare con l’ambasciata spagnola che, tramite l’ambasciatore spagnolo Ángel Sanz Briz e il consulente legale, era impegnata a salvare gli ebrei di Budapest, così come altre ambasciate, ospitandoli in "case protette" che godevano di copertura diplomatica e rilasciando salvacondotti gratuiti affinché potessero mettersi in salvo all’estero.
Poi purtroppo gli eventi precipitano e pur di non riconoscere il nuovo governo filonazista ungherese, i Paesi neutrali, tra cui anche la Spagna, decidono di ritirare i propri diplomatici da Budapest e chiudere le ambasciate.
Immediatamente, le croci felciate ungheresi ne approfittano per fare irruzione nelle case protette e arrestare tutti gli ebrei presenti.

 

Ambasciatore spagnolo Ángel Sanz Briz

Perlasca non riesce a restare indifferente davanti a tante vite umane in pericolo e, a rischio della sua stessa vita, ordisce una serie di inganni pur di fare quello che sente unicamente il suo dovere. Spacciandosi per il sostituto dell'ambasciatore Ángel Sanz Briz , tiene aperta l'ambasciata e, collaborando col sempre presente consulente legale, studiano  il modo di salvare gli ebrei sfruttando una vecchia legge promossa nel 1924 da Miguel Primo de Rivera, che riconosceva la cittadinanza spagnola a tutti gli ebrei di ascendenza sefardita , ossia gli ebrei di antica origine spagnola  scacciati dalla Santa Inquisizione intorno al 1500 .
Riesce così a rilasciare i salvacondotti e a porre sotto la tutela giuridica della Spagna oltre cinquemila ebrei ungheresi.


A Perlasca è anche attribuita la salvezza del ghetto di Budapest che, secondo le sue informazioni, doveva essere incendiato dai militari insieme ai 60.000 ebrei che vi vivevano.
Per evitare la tragedia chiede un incontro al ministro degli interni, Gábor Vajna, che aveva collaborato con i tedeschi a istituire il ghetto il 29 novembre 1944.
 Inventandosi ritorsioni legali ed economiche sui "circa 3000 cittadini ungheresi" residenti in Spagna, che in realtà erano solo poche decine, e assicurando che avrebbe fatto anche pressione per ottenere lo stesso trattamento da parte di due governi latinoamericani, convince il ministro ad annullare l'operazione.
Dopo la caduta di Budapest , Vajna tentò di fuggire in Europa occidentale, ma fu catturato dagli americani; successivamente   processato a Budapest per crimini di guerra, crimini contro l'umanità e tradimento, fu condannato e impiccato nel 1946.

Ministro degli interni ungherese Gábor Vajna

In base alle dichiarazioni di Pál Szalai, un alto ufficiale di polizia ungherese che, deluso e pentito, faceva il doppio gioco e salvava ebrei collaborando con l’ambasciatore svedese Raoul Wallenberg,  fu merito di quest'ultimo se il ghetto fu risparmiato.
Secondo Szalai, fu Wallemberg a scoprire che Adolf Eichmann, uno dei maggiori responsabili operativi dello sterminio ebreo, aveva comandato l'incendio del ghetto al comandante delle truppe tedesche in Ungheria, il generale Gerhard Schmidhuber.

 Il generale Gerhard Schmidhuber


Tramite Szalai, Wallenberg inviò a Schmidhuber un'aspra reprimenda assicurandogli che lo avrebbe ritenuto personalmente responsabile del massacro e, a guerra finita, lo avrebbe fatto processare  per crimini di guerra.
Schmidhuber sapeva perfettamente che la guerra volgeva al termine e che non si sarebbe conclusa a favore dei nazisti,  quindi il rischio di finire condannato e impiccato gli sembrò molto concreto,  si fece dunque intimidire dall'ambasciatore svedese e il massacro fu  sventato.
Schmidhuber rimase comunque ucciso in azione durante la Battaglia di Budapest l'11 febbraio 1945; Adolf Eichmann, invece, sfuggito al processo di Norimberga, si nascose in Argentina ma fu scovato dal Mossad che lo processò in Israele condannandolo a morte per genocidio e crimini contro l'umanità nel 1962.


 SS-Obersturmbannführer Adolf Eichmann


Perlasca comunque smentì Szalai, asserendo che in tal modo volesse solo alleggerire la sua posizione e raccontò la versione che conosciamo.
  Raoul Wallenberg fu imprigionato dalle truppe sovietiche nel 1945 e di lui non si seppe più nulla, quindi non sapremo mai come andò realmente.  
 In seguito l'Unione Sovietica dichiarò che lo svedese morì nel 1947 per attacco cardiaco nel palazzo della Lubjanka, sede dei servizi segreti sovietici a Mosca, il corpo cremato e sotterrato in una fossa comune presso il monastero moscovita di Donskoj.
 Dopo la guerra, Szalai fu uno dei pochi membri di alto rango del Partito della Croce delle Frecce a non essere giustiziato e fu liberato in riconoscimento della sua collaborazione con Wallenberg, che già solo consegnando   dei certificati con bandiera e stemma della corona svedese,  i cosiddetti "passaporti Wallenberg", aveva salvato la vita a decine di migliaia di ebrei.

 Ambasciatore svedese Raoul Wallenberg

Anche Perlasca fu fatto prigioniero dall'Armata rossa in quanto filo-fascista solo e  solo dopo la guerra, nell'agosto 1945, riuscì a tornare in Italia.

Per evitare eventuali imputazioni dal governo spagnolo, scrisse un memoriale in tre copie: una la consegnò all'ambasciata spagnola, una al governo italiano e una copia la tenne per sé.
Dopodiché non raccontò la propria vicenda né alla famiglia, né alla stampa, ma si rivolse solo ai pochi vertici cui potevano interessare le due memorie; ma tutti, compreso Alcide De Gasperi, vuoi per ragioni diplomatiche, vuoi per ragioni politiche, o semplicemente per disinteresse, lo ignorarono.
 Soltanto all'inizio degli anni '60 apparvero un articolo sul Resto del Carlino che raccontava la sua vicenda e uno su La Stampa, ma senza nessuna risonanza.
Solo nel 1980, quando rischiò di morire a causa di un ictus, si decise a rivelare ai propri familiari dell'esistenza del memoriale, preoccupato che in caso di decesso andasse perduto.
Il memoriale, con il titolo "L'impostore", fu pubblicato postumo nel 2007.




Giorgio Perlasca condusse dunque una vita riservata e la sua ammirevole vicenda probabilmente non sarebbe più emersa, se le donne ungheresi non fossero riuscite a rintracciarlo, dichiarando a tutti il suo eroismo.
Da quel momento cominciarono per lui la lunga e giusta serie di onorificenze in tutto il mondo, a cominciare da Israele che, concedendogli la cittadinanza onoraria, nel 1989 lo proclama Giusto tra le Nazioni e lo invita a Gerusalemme a piantare in un vialetto del museo Yad Vashem , un albero a suo nome.
Sempre In Israele gli è stata dedicata una foresta dove sono stati piantati 10.000 alberi, a simboleggiare le vite degli ebrei da lui salvati.
 La Spagna gli conferisce l’onorificenza di Isabella la Cattolica; gli Stati Uniti nel 1990 lo invitano a posare la prima pietra del Museo dell’Olocausto di Washington.
L’Italia gli conferisce la Medaglia d’Oro al Valor Civile , il titolo di Grande Ufficiale della Repubblica e nel 1991  oltre all’onorificenza di Grande Ufficiale,  il Senato approvò un vitalizio annuo a suo favore, che lui rifiutò.


E non potevano certo mancare i riconoscimenti dell’Ungheria, che gli assegna la Stella al Merito, massima onorificenza nazionale, mentre a Budapest, nel cortile della Sinagoga, il nome di Perlasca appare in una lapide che riporta l'elenco dei Giusti tra le nazioni.
Tale elenco che inizia con il nome di Raoul Wallemberg, include, tra gli altri, anche quello di Ángel Sanz Briz che, dopo la guerra aveva continuato la carriera diplomatica morendo a Roma, inviato come ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede, l'11 giugno 1980.

Memoriale dei Giusti tra le nazioni nel parco "Raoul Wallenberg" di Budapest


Giorgio Perlasca morì per un attacco di cuore a Padova il 15 agosto 1992 e riposa, da suo volere, sepolto nella terra nel cimitero di Maserà a pochi chilometri da Padova.
Sulla lapide, oltre alle date di nascita e morte, un’unica frase: “Giusto tra le Nazioni”.
Il testamento spirituale che Giorgio Perlasca ha lasciato ai posteri, può essere riassunto nella frase: “vorrei che i giovani si interessassero a questa mia storia unicamente per pensare, oltre a quello che è successo, a quello che potrebbe succedere e sapere opporsi, eventualmente, a violenze del genere”



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