31 gennaio 2018

NEVE IN CAMPAGNA - Giovanni Marradi


Inverno, la stagione dei silenziosi paesaggi spettrali...

NEVE IN CAMPAGNA

Fra il candore de' colli algidi in tondo
biancheggian selve rigide e severe,
fantasmi di defunte primavere
nella penombra d'un cinereo sfondo.
Bianchi fantasmi, visioni bianche
fra un bianco polverio d'àtomi erranti,
sorgon rigidi e stan gli alberi grami;
e non ha un'eco o un brivido neanche
l'immobil aura, che di voli e canti
strepitava fra' bei verdi fogliami.
Tacitamente nevica su i rami,
su i campi muti; e tutto imbianca un gelo,
tutto agghiaccia un oblio. Par che dal cielo
piova silenzio, e pare un sogno il mondo.

Giovanni Marradi

30 gennaio 2018

RIFUGIO D’ UCCELLI NOTTURNI - S.Quasimodo


 Buonanotte e a domani...si spera!


RIFUGIO D’ UCCELLI NOTTURNI

In alto c’è un pino distorto;
sta intento ed ascolta l’abisso
col fusto piegato a balestra.

Rifugio d’uccelli notturni,
nell’ora più alta risuona
d’un battere d’ali veloce.

Ha pure un suo nido il mio cuore
sospeso nel buio, una voce;
sta pure in ascolto, la notte.

(Salvatore Quasimodo)

I GIORNI DELLA MERLA




Scopriamo perchè gli ultimi tre giorni di Gennaio sono detti i Giorni della Merla...
Secondo una versione popolare della leggenda una merla dallo splendido candido piumaggio, era regolarmente beffeggiata  da Gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che la merla uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni , la merla  decise di fare provviste sufficienti per un mese e si rinchiuse al riparo nella sua tana , per tutto il mese  di Gennaio che allora aveva solo 28 giorni. L'ultimo giorno del mese, la merla pensando di aver ingannato il cattivo gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio s'irritò talmente tanto che chiese in prestito tre giorni a Febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo, pioggia. La povera merla riuscì a trovare rifugiò in un camino e lì restò per tre giorni. Quando ne  uscì, era salva, ma con il  bel  piumaggio annerito dal fumo che mai più tornò bianco.


La leggenda milanese invece è un pò diversa e racconta che, tanto tempo fa, ci fu a Milano un inverno particolarmente rigido.
La neve scendeva dal cielo e copriva tutta la città, le strade, i giardini.
Sotto la grondaia di un palazzo in Porta Nuova c'era un nido di una famigliola di merli, che a quel tempo avevano le piume bianche come la neve.
La famigliola soffriva il freddo e stentava a trovare qualche briciola di pane per sfamarsi, perché le poche briciole che cadevano in terra dalle tavole degli uomini venivano subito ricoperte dalla neve che scendeva dal cielo.
Dopo qualche giorno il papà merlo prese una decisione:
"Qui non si trova nulla da mangiare, se continua così moriremo tutti di fame e di freddo,vi aiuterò a spostare il nido sul tetto del palazzo, vicino al comignolo per stare più caldi,mentre io parto e vado a cercare il cibo.".
E così fu :   mamma  merla e i suoi  piccoli  stavano tutto il giorno nel nido scaldandosi tra loro grazie al fumo che usciva tutto il giorno dal camino.
Dopo tre giorni il papà tornò a casa e quasi non riconosceva la sua famiglia, il fumo  aveva infatti tinto  di nero tutte le piume degli uccellini!
 Da quel giorno  tutti i merli nascono con le piume nere  per ricordare i merli bianchi divenuti neri ed è per questo che gli ultimi tre giorni del mese di gennaio sono detti: i tre giorni della merla.



Come in tutte le leggende c'è  un fondo di verità e infatti nel calendario romano il mese di gennaio aveva solo 29 giorni.
La leggenda vuole anche  che  se i giorni della Merla sono freddi, la primavera sarà gradevole, altrimenti  la primavera arriverà in ritardo.



E VIENE IL TEMPO - Elisabeth Borches



Un candido buongiorno da un nero corvo!

E VIENE IL TEMPO

E viene il tempo
del corvo nero
sulla neve bianca.
Un'isola di ghiaccio
sopra il fiume
porta il corvo lontano.
E il corvo canta - cra -
io solo sono nero
in questo mondo bianco.
D'estate vorrei essere
bianco come un gabbiano
sull'azzurro del mare
ma su questo mondo candido
- cra-cra - io solo sono nero.

Elisabeth Borches


29 gennaio 2018

SOGNO TE - Ive Balsamo




Buonanotte e romantici sogni a tutti!

SOGNO TE

Sogno te
sotto l'universo
mentre aspetto
il fuggente
attimo d'amore.


Catturo farfalle
di seta appese
alle stelle
per offrirle
al tuo cuore
in una notte di luna.

Ive Balsamo

LA SPOSA DEL MARE- dal web


Una struggente leggenda d'amore...


LA SPOSA DEL MARE


Si narra che tantissimi anni or sono al di là del mondo all'epoca conosciuto,esattamente ubicata oltre le Colonne d'Ercole si trovasse un isola felice . La popolazione quasi interamente composta da pescatori e saggi che viveva pacificamente, attendendo con laboriosità e solerzia alle attività quotidiane: dovete sapere infatti che questa terra era stata benedetta dal Signore di tutte le cose e si distingueva dalle isole limitrofe per la grande bellezza, essendo quasi totalmente circondata da un mare cosi terso che fedelmente rispecchiava la purezza del cielo sovrastante.Onde spumose si inanellavano dolcemente sulla spiaggia dorata a lambirla con tenere carezze di schiuma e lussureggianti palmizi donavano ombrosa frescura a chi di li passava; sia fosse un forestiero in visita o un indigeno intento a godere con attonito stupore di tutto quell'incanto generosamente elargito dagli Dei .Ecco era proprio un oasi tranquilla e stupendi palazzi dove vivevano i grandi saggi accentuavano la magia e la perfezione di quel luogo dove lo scorrer delle ore trascorreva sereno scandito solo dai gridi dei gabbiani intenti a sorvolare la spiaggia deserta in cerca di cibo In quest'angolo di terra sconosciuto ai più viveva Kahan il gran sacerdote capo di tutti i saggi e consigliere dell'impero del popolo della terraferma il quale vedovo da parecchi lustri,abitava con la bellissima figlia Narizen in uno degli edifici più belli dell'isola .La ragazza di indole mite e piuttosto malinconica aveva l'abitudine di recarsi almeno due volte al giorno in riva al mare per ammirare il nascer del giorno stagliarsi sopra la linea dell'orizzonte con i colori rosati d'aurora e il corallo rosso cupo tracciato sui morbidi cerchi dell'acqua nell'ora del crepuscolo.Solitamente occupava questo spazio di tempo libero a lei concesso magnanimamente dal padre raccogliendo conchiglie con cui poi si dilettava a intrecciare collane e altri monili oppure a meditando immersa in quell'atmosfera incantevole ove con spaziando con la fantasia si sentiva libera di librarsi in altre dimensioni .Fu appunto durante uno di questi momenti per lei unici e irripetibili ,mentre attenta ascoltava l'incessante respiro dell'acqua rifrangersi in echi dal guscio di conchiglia che aveva raccolto un attimo prima che Zahrec ,re del popolo sommerso, la vedesse rimanendo istantaneamente abbagliato da tanta gentile soavità. Infatti la fanciulla sedeva apparentemente estranea al posto in cui si trovava, sulla battigia e il vento dolcemente soffiava sui suoi neri capelli scompigliandoli in morbidi riccioli attorno al viso dall'ovale perfetto, ella indossava  una candida tunica modellata armoniosamente attorno al corpo di cui si poteva indovinare la grazia flessuosa delle forme. In cuor suo Zahrec decise che sarebbe diventata la sua sposa e si avviò a passo svelto incontro a quella figuretta che tanto aveva colpito la sua attenzione .Temeva di spaventarla avvicinandosi troppo e per dir la verità si sentiva enormemente imbarazzato, ma fu lei a invitarlo con un' espressione talmente dolce contenuta nei grandi occhi chiari- quasi un tacito assenso a osare .Era avvenuto un miracolo che poche volte si verifica nel corso di un' intera esistenza, una magica empatia che per comodità definiremo amore a prima vista! Fu cosi che pochi giorni dopo il Re chiese la mano della giovinetta al padre che, molto onorato e contento per l'avvenire senz'alcun ombra di dubbio, luminoso della figlia, prontamente accordò . I due giovani profondamente innamorati in breve si sposarono e andarono a vivere sul fondo dell'oceano. Niente intaccava la loro felicità e la vita trascorreva lieta tra feste e danze fino al malaugurato giorno in cui un araldo portò l'atroce notizia;era scoppiata la guerra e il re doveva partire in soccorso dei suoi alleati , fu allestita la flotta reale e la regina stessa si recò a salutare il marito prima che salisse sulla nave ammiraglia ,la più bella e grande della flotta :"Và sposo mio e torna presto perchè io senza te moriro!" Queste le sue parole bagnate dalle lacrime, prima di veder le vele della nave sparire sfumando nelL'azzurro .Tornando sola verso la reggia sentiva muover dentro  uno strano presentimento: che quella sarebbe stata la loro ultima volta insieme e non lo avrebbe più rivisto.Ad ogni alba andava sulla riva per osservare tra un battito e l'altro del suo cuore se per caso le navi fossero di ritorno .Questo per parecchi anni, finchè una mattina poco prima dell'alba giunse la triste notizia della morte dell' amato sposo e del suo equipaggio inghiottiti da una violenta tempesta sulla via del ritorno .Per un istante tutto si fermo' intorno a lei ...No...Non poteva essere! Correndo raggiunse il punto dove si era verificato il loro primo incontro, disperata voleva gettarsi  tra le onde e raggiungere il suo amore .Però il Signore di tutte le cose ebbe pietà del suo dolore e le concesse di esprimere un desiderio. "Non posso far rivivere il tuo sposo nè concederti la morte per riunirti a lui, poichè non è ancora venuto il tuo tempo", le disse apostrofandola con dolcezza, "ma posso esaudire qualsiasi altra cosa tu scelga: quindi decidi ora." Narizen rispose :"Se possibile Suprema Entità vorrei trasformarmi in onda, in modo da esser sempre congiunta a colui che amai più di me stessa" . Il Signore di tutte le cose :"E sia! Sarai onda in perpetuo moto dell'oceano e siccome il tuo amore è stato grande, ogni anno su questa spiaggia nella prima notte di plenilunio il tuo sposo e tu stessa prenderete nuovamente sembianze umane in modo da potervi riabbracciare. Però ricordati che questo avverrà solamente il tempo di un moto di brezza, poi lui tornerà nella casa dell'eterno splendore e tu sarai lieve spuma a delineare l'apice dell'onda. Questa è la mia volontà!Da tutti sarai conosciuta come Narizen la sposa del mare, poichè tale vastità ebbe il tuo sentimento e adesso vai dovunque l'inquieto soffio del vento ti spinga , finchè l'era di questa terra non finirà ."Da allora vaga l'onda in incessante moto ,aspettando l'istante designato per vedere ancora una volta il suo amore perduto tra i flutti.


L'ONDA DELLA VITA - Elena Bartone



Lasciamoci travolgere dall'onda della vita...

L’ONDA DELLA VITA

Quando il silenzio si fa cupola d’argento
in un mare di dubbi e di incertezze
e la sera torna
a ristorare
equiseti e aquiloni
dimentiche del giorno
tace la mia poesia.
Si solleva tra i palmizi
polvere di vita
per effondere nell’aria muta
bagliori del passato
striscianti tra enigmi,
stupori, domande inquietanti
L’animo si contorce e si aggroviglia
nei fili del pensiero
laddove il ricordo di lontane
primavere si tramuta
in scampanellii di malinconia.
Così torno a cantare
se allungo la mano
alle frange del futuro
e mi abbandono all’onda della vita.

Elena Bartone

LA FELICITA'- Nunzio Delpanno



Questa poesia non va letta e dimenticata, anzi dovrebbe essere il "promemoria" di ogni giorno... mentre, guardandoci allo specchio, ripetiamo a noi stessi: YOU ARE FOR ME FORMIDABLE!


LA FELICITA'

Felicità, è il sapersi amare,
belli o brutti,
canuti o corvini,
calvi o storpi,
senza voler correggere
nessun aspetto esteriore o interiore,
senza ingannare e poi dover spiegare.

Felicità, è il saper accettare
il proprio corpo e il proprio destino,
così come è stato segnato.

Lasciare che la propria anima si liberi
in piena sincerità e spontaneità,
così che sia questa,
osservata, capita, apprezzata.

Fortunati i brutti che sanno farsi amare,
poiché, per essi,
l’essere vince sull’apparire.


Nunzio Delpanno 
 (da Poesia in ritratto-LibroItaliano editore, 1995)




28 gennaio 2018

ROSA DI VITA-Sabrina Pieroni



Ho lasciato una rosa rossa sul cuscino per augurarvi buonanotte : è una rosa dall'incantevole profumo e... senza spine!

ROSA DI VITA

La vita è una rosa rossa,
d'un bello prepotente,
d'un colore avvincente,
d'un profumo inebriante.
Ci saranno spine che graffieranno la tua mano,
dal dolore nascerà una nuova lacrima di sangue,
segnerà la tua vita lasciando tracce indelebili.
Ferite mai chiuse,
con acqua laverai,
col pianto ricorderai,
riponendo nell'armadio dei pensieri,
ricordi che,
nelle notti nere

porteranno il tuo cuore in volo.

(Sabrina Pieroni - dal “Ciclo della Vita” )

L'USIGNOLO E LA ROSA - Oscar Wilde



  Che estremi sacrifici arriviamo a fare per amore, sacrifici  spesso  mal ripagati o sviliti...
Che spinoso racconto!

L'USIGNOLO E LA ROSA

- Ha detto che ballerà con me se le porterò delle rose rosse – si lamentava il giovane Studente – ma in tutto il mio giardino non c’è una sola rosa rossa.
Dal suo nido nella quercia lo ascoltò l’Usignolo, e guardò attraverso le foglie, e si meravigliò:
- Non ho una rosa rossa in tutto il mio giardino! – si lamentava lo Studente, e i suoi begli occhi erano pieni di lacrime.
- Ah, da qual sciocchezze dipende la felicità! Ho letto gli scritti di tutti i sapienti, conosco tutti i segreti della filosofia, ciononostante la mancanza di una rosa rossa sconvolge la mia vita!
- Ecco finalmente un vero innamorato – disse l’Usignolo. – Notte dopo notte ho cantato di lui, nonostante non lo conoscessi: notte dopo notte ho favoleggiato la sua storia alle stelle, e ora lo vedo. I suoi capelli sono scuri come i boccoli del giacinto, e le sue labbra sono rosse come la rosa del suo desiderio; la sofferenza ha reso il suo volto simile a pallido avorio e il dolore gli ha impresso il suo sigillo sulla fronte.
- Il Principe da un ballo domani sera – sibilava il giovane Studente – e la mia amata vi andrà. Se le porterò una rosa rossa ballerà con me fino all’alba. Se le porterò una rosa rossa la terrò fra le mie braccia ed ella piegherà il capo sulla mia spalla, e la mia mano stringerà la sua. Ma non c’è una rosa rossa in tutto il mio giardino, e così io siederò solo, ed ella passerà dinnanzi a me senza fermarsi. Non avrà nessuna cura di me. E il mio cuore si farà a pezzi.
- Ecco certamente un vero innamorato – disse l‘Usignolo. – Ciò che io canto, egli lo patisce, ciò che per me è gioia, per lui è pena. Davvero l’Amore è una cosa straordinaria. È più prezioso degli smeraldi e degli splendidi opali. Perle e granati non possono comperarlo, e non è in vendita sulla piazza del mercato. Non possono comprarlo i mercanti, né pesarlo le bilance dell’oro. 
- I musicanti siederanno nella galleria – proferiva il giovane Studente – e suoneranno i loro strumenti, e la mia amata ballerà al suono dell’arpa e del violino. Ballerà così leggera che i suoi piedi non toccheranno intorno. Ma con me non danzerà, perché io non ho una rosa rossa da offrirle e si gettò sull’erba, si chiuse il volto tra le mani, e versò lacrime.
- Perché piange? – chiese la Farfalla, che piroettava qua e là inseguendo un raggio di sole. 
- Già, perché? – sussurrò una Pratolina al suo vicino, con voce sommessa e tenera.
- Piange per una rosa rossa – disse l’Usignolo.
- Per una rosa rossa! – esclamarono quelli. – Che ridicolaggine! – e il Ramarro, che era un po’ sprezzante, rise di gusto.
Ma l’Usignolo comprendeva il segreto dolore dello Studente, e restava taciturno sulla quercia, a pensare sul mistero dell’Amore. D’improvviso distese le sue brune ali e volò, si librò nell’aria. Passò attraverso il boschetto come un’ombra, e come un’ombra svolazzò sul giardino. Al centro dell’aiuola erbosa s’ergeva un bellissimo Rosaio, e non appena l’Usignolo lo vide volò sopra di lui e si posò su un ramo.
- Dammi una rosa rossa – supplicò – e ti canterò la mia canzone più dolce. 
Ma il Rosaio scosse il capo. 
- Le mie rose sono bianche – ribatté – bianche come vuole la schiuma del mare, e più bianche della neve sulla montagna. Ma va da mio fratello che cresce accanto all’antica meridiana, e forse ti darà quel che desideri.
Allora l’Usignolo volò sul Rosario che germogliava accanto all’antica meridiana.
- Dammi una rosa rossa – supplicò – e ti canterò la mia canzone più dolce.
Ma il Rosario scosse il capo. 
- Le mie rose sono gialle – affermò - gialle come i capelli della sirena che siede sopra un trono d’ambra, e più gialle del narciso che sboccia nel prato prima che il mietitore giunga con la sua falce. Ma va da mio fratello che germoglia sotto la finestra delle Studente, e forse ti darà quel che desideri. 
Allora l’Usignolo volò sul Rosaio che cresceva sotto la finestra dello Studente.
- Dammi una rosa rossa – supplicò – e ti canterò la mia canzone più dolce.
Ma il Rosario scosse il capo.
- Le mie rose sono rosse – rispose – rosse come i piedi della colomba, e più rosse dei grandi ventagli di corallo che oscillano nelle grotte degli oceani. Ma l’inverno ha ghiacciato le mie vene e il gelo ha dilaniato i miei boccioli, e l’uragano ha spezzato i miei rami, e non avrò più rose quest’anno.
- Una sola rosa rossa è tutto ciò che ti chiedo! – urlò l’Usignolo. – Non c’è proprio nessun sistema per averla? 
- Un modo c’è – rispose il Rosario – ma è terribile che non ho il coraggio dirtelo.
- Dimmelo – implorò l’Usignolo – io non ho paura.
- Se vuoi una rosa rossa – disse il Rosaio – sei costretto formarla con la musica al lume della luna, e colorarla col sangue del tuo cuore. Devi cantare per me col petto contro una spina. Tutta la notte devi cantare per me, e la spina deve trafiggere il tuo cuore, e il tuo sangue vivo deve scendere nelle mie vene e diventare mio.
- La morte è un prezzo alto da pagare per una rosa rossa – si dolse l’Usignolo – e la vita è così cara a tutti. È dolce tardare nel bosco verde, e ammirare il Sole nel cocchio d’oro, e la luna nel suo cocchio d’argento. Dolce è il profumo della vitalba, e dolci le campanule azzurre che si celano nella valle, e l’erica che fiorisce sul colle. Ma l’Amore è più prezioso della Vita, e cos’è mai il cuore di un uccellino equiparato al cuore di un uomo?
Così piegò le ali brune nel volo, e si librò nell’aria. Passò attraverso il giardino come un’ombra, e come un’ombra volò sopra il boschetto. Lo Studente era ancora steso nell’erba, là dove lo aveva lasciato, e il pianto non s’era ancora rasciugato dai suoi occhi. 
- Sii felice – gli urlò l’Usignolo. – Sii felice! Avrai la tua rosa rossa! Io la formerò con la musica al lume della luna, e la colorerò col sangue del mio cuore. Tutto ciò che ti chiedo in cambio è d’essere un vero innamorato, perché l’Amore è il più giudizioso della Filosofia, per quando saggia essa sia, e il più autorevole del Potere, per quando potente esso sia. Sono color di fiamma le sue ali, color di fiamma è il suo corpo. Le sue labbra sono dolci come il miele, e simile all’incenso è il suo alito.
Lo Studente alzò lo sguardo dall’erba e si pose ad ascoltare, ma non gli era possibile capire ciò che l’Usignolo gli diceva, dopo che capiva solo parole che sono scritte sui libri. Ma la quercia capi, e si addolorò, poiché voleva bene al piccolo Usignolo che si era costruito il nido fra i suoi rami.
- Cantami un’ultima canzone – gli bisbigliò. – Mi sentirò molto sola quando te ne sarai andata.
Così l’Usignolo cantò per la Quercia, e la voce era come l’acqua che si sparge gorgogliante da un’anfora d’argento. Finita che fu la canzone, lo Studente s’alzò, e trasse di tasca un taccuino e una matita.
- Questa creatura ha stile. Disse a se stesso – è un fatto che non si può contestare, ma avrà inoltre sentimenti? Ho timore di no. In verità, è come la maggior parte degli artisti, tutta forma, nessuna lealtà. Non si offrirebbe in sacrificio per gli altri. Pensa solamente alla musica, e tutti sanno che l’arte è egoista. Bisogna in ogni modo ammettere che ha note incantevoli nella sua voce. Peccato che non significano nulla, e non abbiamo alcun’utilità pratica. E andò in camera, e si stese sul suo piccolo letto, e cominciò nuovamente a pensare alla sua amata, e dopo un po’ di tempo, s’addormentò. E quando la Luna spiccò nei cieli l’Usignolo volò dal Rosaio, e pose il suo petto contro la spina. Tutta la notte cantò col petto contro la spina, e la fredda Luna di cristallo si chinò ad udirlo. Tutta la notte cantò, e la spina si spingeva sempre più profonda nel suo petto, e il suo sangue vitale fluiva da lui. Prima cantò dell’amore che germoglia nel cuore di un fanciullo e di una fanciulla. E sul ramo più alto del Rosaio fiorì una rosa magnifica, petalo dopo petalo come nota dopo nota. Pallida era in un primo momento, come la nebbia sospesa sul fiume, pallida come le orme del mattino, e argentea come le ali dell’alba. Come l’ombra di una rosa in uno specchio rosa che fioriva sul ramo più alto del Rosaio. Ma il Rosaio urlava all’Usignolo di premere più forte sulla spina.
- Premi più forte, piccolo Usignolo – urlava il Rosario – o il Giorno spunterà prima che la rosa sia completata.
Così l’Usignolo premette più forte sulla spina, e più forte si fece il suo canto, esseri che cantava il venire al mondo della passione nell’anima di un uomo e di una donna. Una tenue striatura rosea si sparse nei petali del fiore, simile al rossore che si spande sul volto dello sposo quando bacia le labbra della sposa. Ma la spina non era giunta al cuore dell’uccellino, e il cuore della rosa restava bianco, perché solo il sangue del cuore di un Usignolo può invermigliare il cuore di una rosa. E il Rosario urlava all’Usignolo di premere più forte sulla spina.
- Premi più forte, piccolo Usignolo, o il giorno spunterà prima che la rosa sia completata.
Così l’Usignolo premette più forte sulla spina, e la spina gli toccò il cuore, e un violento spasimo di dolore lo trafisse. Più e più penoso era il dolore, e più e più selvaggio si faceva il canto, poiché ora cantava dell’Amore che è reso perfetto dalla Morte, e dell’Amore che non muore nella tomba. E la stupenda rosa diventò vermiglia, come la rosa del cielo d’Oriente. Vermiglia la fascia dei petali intorno alla corolla, e vermiglio come il rubino era il suo cuore. Ma la voce dell’Usignolo si fece più debole, e le sue piccole ali iniziarono a sbattere, e un velo discese suoi occhi. Più e più debole si fece il suo canto, e qualche cosa lo soffocava in gola come un pianto convulso. Allora proruppe in un ultimo slancio di musica. La bianca Luna lo ascoltò, e dimenticò l’alba, ed esitò nel cielo. La rosa rossa lo udì, e fremé tutta d’estasi, e aprì i suoi petali alla fredda aria del mattino. L’eco e il ripetè nel suo antro color porpora sui colli, e risvegliò dai loro sogni i pastori dormienti. Ondeggiò fra i giunchi del fiume, ed essi portarono il suo messaggio al mare. 
- Guarda! Guarda! – gridò il Rosario – la rosa è perfetta, ora! 
Ma l’Usignolo non rispose, perché stava steso morto nell’erba alta, con la spina nel cuore. A mezzogiorno lo Studente aprì la finestra e guardo fuori.
- Che sbalorditivo colpo di fortuna! – disse con enfasi. – Una rosa rossa! Non ho mai visto una rosa come questa in tutta la mia vita. È così bella che senza dubbio avrà un lungo nome latino – si sporse, e la colse.
Poi si mise il cappello, e corse a casa del Professore con la rosa in mano. La figlia del Professore sedeva in veranda, aggomitolando della seta azzurra su un arcolaio, e il suo cagnolino le stava disteso ai piedi.
- Avevate promesso di ballare con me se vi avessi portato una rosa rossa – urlò lo Studente – ecco la rosa più rossa di tutto il mondo. La porterete stasera sul cuore e mentre danzeremo insieme vi dichiarerà quando vi amo.
Ma la ragazza corrugò la fronte. 
- Temo che non sia adattata al mio vestito – rispose – e poi, il nipote del Ciambellano mi ha mandato in dono dei gioielli veri, e tutti sanno che i gioielli valgono più dei fiori. 
- In fede mia, siete davvero un’ingrata! – disse lo Studente in un impeto d’ira; e gettò la rosa giù nella strada, ed essa cadde in un rivoletto, e la ruota di un carro vi passò sopra.
- Ingrata io? – ripetè la ragazza. – Ebbene, voi sapete che cosa siete? Un grande screanzato, in fondo, né più né meno che un semplice Studente. E non credo neppure che abbiate delle fibbie d’argento sulle scarpe come il nipote del Ciambellano.
E s’alzò dalla sedia ed entrò in casa.
- Che balordaggine è l’Amore! – disse lo Studente andandosene. – Non è utile neppure la metà della Logica, perché non esprime nulla, promette sempre cose che non si concretizzano e fa credere in cose che non sono vere. In effetti, non è per niente pratico, e siccome nel tempo in cui viviamo la praticità è tutto, tornerò alla Filosofia e studierò la Metafisica.
Così si chiuse dentro nella sua stanza, prese lo dallo scaffale un vecchio libro polveroso, e si mise a leggere.

(tratto dalla raccolta: «Il principe felice e altri racconti»,1888 - di Oscar Wilde)



COME UNA ROSA - Shri Babaji




Che tu sia la più fragrante delle rose...

COME UNA ROSA

Ama e servi tutta l'umanità.
Assisti tutti.
Sii allegro. Sii cortese.
Sii una dinamo di irrefrenabile felicità.
Riconosci Dio ed il Buono in ogni viso.
Non c'è santo senza un passato,
non c'è peccatore senza un futuro.
Loda ognuno.
Se non puoi lodare qualcuno...
lascialo uscire dalla tua vita.
Sii originale, sii inventivo.
Osa, osa e osa ancora...
Non imitare. Sii saldo, sii eretto.
Non appoggiarti alle staffe
prese in prestito da altri.
Pensa con la tua testa.
Sii te stesso.
Tutte le perfezioni e le virtù di Dio
sono nascoste dentro di te: rivelale.
Il Saggio - pure - è già dentro di te: rivelalo.
Lascia che la Sua grazia ti emancipi.
Fai che la tua vita sia quella di una rosa:
pur silente essa parla il linguaggio della fragranza.


Shri Babaji 




Babaji, con il nome di Haidakhan Baba, manifestò la sua presenza fisica in India dal 1970 al 1984, ad Herakhan, piccolo villaggio alle pendici dell’Himalaya: regione sacra a Shiva.
Non se ne conoscono le origini: egli apparve un giorno in una grotta sulla riva del sacro fiume Gotam Ganga, immerso in una profonda meditazione, senza indumenti, il corpo ed il capo cosparsi di cenere e privo di qualsiasi cosa.
Dimostrava meno di 20 anni e anche se raramente parlava, mostrava incomparabile saggezza e poteri divini.
Riusciva a vivere nutrendosi pochissimo e solo con qualche offerta di latte e frutta e lrascorreva le notti in meditazione senza dormire.
Tre mesi dopo la sua apparizione, per dimostrare di essere una reincarnazione del dio Shiva, salì sulla cima del vicino Monte Kailash dove rimase immobile in  meditazione per 45 giorni: molti così si convinsero dei suoi poteri yogici e i suoi seguaci si moltiplicarono rapidamente.
Egli rimase ad Herakhan per 14 anni, fino al 13 febbraio 1984,quando improvvisamente lasciò il corpo fisico.
In anni recenti, molte persone hanno asserito di averlo visto o di essere state in contatto con lui.

Babaji ci ha lasciato un grande messaggio, riassumibile in tre parole: Verità, Semplicità, Amore.

“Io sono nessuno e niente. Sono solo uno specchio nel quale potete vedere voi stessi.” 

Shri Babaji 
(Luogo e data di nascita sconosciuti - Hairakhan, 13 febbraio 1984)
                    

Istruzioni per una vita deliziosa - dal web



La domenica abbiamo solitamente più tempo per rilassarci e riflettere... ecco dunque una lista di utili quanto semplici suggerimenti per migliorare la qualità della nostra vita: sono tanti piccoli obiettivi tutti raggiungibili, proviamoci quindi!

         ISTRUZIONI PER UNA VITA DELIZIOSA

1. Svegliatevi positivi

2. Organizzate le vostre giornate

3. Curatevi il più possibile

4. Affrontate la giornata senza paura

5. Non recriminate sul passato

6. Fate qualcosa di speciale per qualcuno

7. Passate la domenica in un modo "nutriente" e costruttivo

8. Se vi sembra di non riuscire a fare tutto spezzettate le attività in pezzi più piccoli

9. Fate una cosa al giorno per rendere la vostra casa più confortevole

10. Togliete il pregiudizio dalla vostra vita

11. Fate qualcosa che nel passato non avreste mai fatto

12. Leggete almeno un quarto d’ora al giorno

13. Pensate a qualcuno che non vi ha trattato bene e perdonatelo

14. Guardate le persone direttamente negli occhi e concentratevi pienamente su quello che sta dicendo

15. Passate cinque minuti ad analizzare i vostri sensi di colpa e le vostre paure e controllate se sono reali

16. Fate almeno una delle cose che evitate di fare da tanto tempo

17. Non arrabbiatevi almeno per un giorno intero

18. Ridete dei vostri errori appena potete

19. Perdonatevi sempre e comunque

20. Abbiate pensieri di vita prospera ed abbondante

(dal web)


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