Esenin ritratto da Lydia Schaleman
SERGEJ ALEKSANDROVIC ESENIN
La notte del 27 dicembre 1925, il poeta russo Sergej Aleksandrovič
Esenin, chiuso nella camera numero 5 dell’Hotel
Angleterre (ora
Astoria) a San Pietroburgo, si tagliuzzava le vene e col sangue sgorgato scriveva la
sua ultima poesia d'amore e d'addio.
Esenin consegnò il giorno dopo all'amico Volf Erlich il foglietto sul quale
erano state scritte le due quartine, pregandolo però di aprirlo solo in seguito,
e non rinuncia a impressionarlo dicendogli di averle scritte col suo stesso
sangue per supplire alla mancanza d’inchiostro in albergo.
L’amico, prendendola come l’ennesima stravaganza del
poeta, mise in tasca il foglietto e non se ne ricordò fino alla morte di Esenin che il 29 dicembre s’impiccava con la
cintura della valigia a un tubo del riscaldamento nella camera d’albergo.
I versi presumibilmente erano dedicati ad Anatoli Mariengof, anch’egli poeta, suo
grande amico, di cui era stato per un certo tempo convivente negli ultimi
quattro anni della sua vita e secondo molti anche amante ...
Sergei Esenin e Anatolj Mariengof
CONGEDO
Arrivederci, amico mio,
arrivederci,
tu sei nel mio cuore.
Una predestinata
separazione
un futuro incontro
promette.
Arrivederci amico mio,
senza strette di mano e
parole,
non rattristarti e
niente
malinconia sulle
ciglia:
morire in questa vita
non è nuovo,
ma più nuovo non è
nemmeno vivere.
Sergej Aleksandrovič Esenin, il più importante esponente della
cosiddetta scuola dei "poeti
contadini", nasce il 3 ottobre 1895 a Konstantinovo (oggi Esenino), nella regione russa di
Rjazan.
Il padre, Aleksandr Nikitic, era un povero contadino che ben presto
abbandonò la moglie Tatjana Titova per andare a lavorare in una macelleria di Mosca. Quando
Sergej ebbe due anni, la madre s’impiegò come domestica e il piccolo andò a
vivere con i nonni materni. Il nonno Fëdor, uomo religioso e di discreta cultura, avrebbe
voluto far del nipotino un maestro e con questo intento lo iscrisse al collegio
magistrale superiore di Spas-Klepik, col malcontento di Sergej che non ne sopportava la
rigida disciplina.
Pare che Sergeij scrivesse già a otto anni, anche se
le prime poesie conosciute risalgono al 1910 e nello specifico "La betulla" fu la prima che
gli pubblicarono su un giornaletto per
ragazzi.
LA BETULLA
Bianca betulla
sotto la mia finestra
ti sei coperta di neve
come fosse argento.
Sui rami vellutati
come un bordo delicato
si sono schiusi grappoli
tipo una bianca frangia.
E sta la betulla
nel silenzio assonnato
ed ardono i cristalli di neve
nel fuoco dorato.
Ma l’aurora girando
pigramente attorno,
cosparge di rami
di nuovo argento.
I suoi versi cantano il folclore russo ed il mondo
rurale di una Russia che stava morendo; le sue parole esaltano le bellezze
della campagna, l'amore verso gli animale, ma anche l'amore per la vodka e gli
eccessi della sua vita.
Smessi gli studi, va a Mosca a lavorare nella
macelleria del padre, poi sarà commesso in una libreria, fattorino e, infine,
correttore di bozze presso una casa editrice. Si sposa per la prima volta nel 1913 con la collega di
lavoro Anna Izrjadnova, dalla quale ha Yuri, il figlio di cui mai
si occuperà e che, arrestato durante le grandi purghe staliniste, morirà in un
gulag nel 1937.
Il matrimonio ebbe breve durata e nel marzo 1915 Sergej Esenin si
trasferisce a San Pietroburgo, dove frequenta i circoli letterari, conoscendo i poeti Aleksandr Blok, Sergej Gorodeckij, Nikolaj Kljuev.
Esenin, bellissimo, romantico, spregiudicato al
punto da cercare l’appoggio di uomini influenti: è' difatti grazie a Alexander
Blok che viene promossa le sua carriera di poeta.
"Radunica" (nome intraducibile della festa
contadina in cui venivano commemorati i morti della prima settimana di Pasqua),
è il primo libro di poesie pubblicato,
subito seguito da "Rito per il morto" nel 1916.
Non appena ebbe ottenuto dagli uomini il lancio che
gli serviva, passò attraverso vari matrimoni con donne importanti che gli
garantivano l'interessamento delle cronache mondane per accrescere la sua fama.
Nel periodo 1916-1917 Sergej Esenin viene chiamato alle armi, ma grazie
alle sue conoscenze non fu inviato al fronte e poco dopo la rivoluzione
d'ottobre del 1917, la Russia esce dalla prima guerra mondiale; credendo che la
rivoluzione avrebbe comportato un miglioramento, Esenin la sostiene, ma ben
presto si disillude arrivando persino a criticare il governo bolscevico.
E’ in questo periodo che Esenin scrive poesie e
poemi importanti per la sua carriera artistica: escono le raccolte “Azzurrità”, “Trasfigurazione”,
“Il breviario di campagna”.
I FIORI MI DICONO ADDIO
I fiori mi dicono
addio,
Scrollando in giù le
corolle,
Perch'io mai più
rivedrò
Il suo volto e il paese
natio.
Non importa, mia cara,
non importa!
Li ho visti ed ho visto
la terra,
E accolgo questo
brivido tombale
Come se fosse una nuova
carezza.
E poiché penetrai
l'intera vita
Passandole dinanzi
sorridendo,
Mi dico ad ogni istante
Che a questo mondo
tutto si ripete.
Verrà un altro, e che
importa! La tristezza
Non cancella chi parte:
per la donna
Abbandonata e cara
comporrà
Il successore un canto
ancor più bello.
E nel silenzio
ascoltandolo
Dal nuovo amante
l'amata,
Di me può darsi si
ricorderà
Come di un fiore che
non si ripete.
Nell’agosto 1917 sposa Zinaida Raich, che diventerà un’attrice famosa e che lascerà dopo
soli 2 anni nonostante la nascita dei figli Tatjana e Konstantin.
Alla fine del 1918 in una serata di poesia conosce Anatoli Marienhof e lui, il campagnolo,
si sente fortemente attratto da quel brillante ragazzo di buona famiglia .
Nascerà tra i due un’amicizia che durerà a lungo e una collaborazione artistica
che darà vita, assieme ad altri poeti, al movimento che prenderà il nome di “immaginismo”.
Il punto cardine della caduta spirituale e fisica per
Esenin, coincide con l’inizio della relazione con Isadora Duncan, la famosa quanto
spregiudicata danzatrice americana che si vantava di essere bolscevica
nonostante non capisse nulla di politica.
La conosce nel 1921 in casa di amici: lei sapeva solo poche parole in
russo, lui poche in inglese, ma andarono a vivere insieme la sera stessa.
Isadora Duncan e Sergei Esenin
La sua relazione con lei, di 17 anni più anziana, fu
particolarmente tormentata e difficile, nonché ricca di stranezze in parte dovute ai fiumi di alcol : clamoroso fu
l'episodio in cui a Parigi i due furono cacciati da un albergo perché la Duncan
ballava nuda, mentre Esenin recitava versi. Fu quello il tempo dove
maggiormente, per le sue intemperanze, si guadagnò il titolo di “teppista”
dalle molte stravaganze.
Il matrimonio che secondo molti fu per entrambi una
mossa pubblicitaria, si celebrò il 2 maggio 1922, ma si separarono l’anno successivo a causa dei
rispettivi caratteri che s’incendiavano a vicenda e anche a causa di un grave episodio avvenuto in America, dove, nel corso di
una cena, Esenin, durante un diverbio, scagliò dall'altra parte del tavolo un pesante
vassoio in argento massiccio che rischiò di far perdere letteralmente la testa a un ambasciatore .
Isadora che desiderava accanto un uomo decorativo e
di rappresentanza, , mentre Esenin era
completamente ingestibile , ribelle e spesso depresso, non tollerò l’accaduto
e ruppe con lui ogni rapporto.
Non s’incontrarono mai più, ma pare che Isadora poi portò
sempre con sé il ritaglio del giornale che annunciava il suicidio dell’ex marito.
Isadora Duncan e Sergei Esenin
NON HO RIMPIANTI
Non ho rimpianti, non
chiedo aiuto, non piango
Tutto passerà come la
bruma dai meli bianchi
Appassito in una
decadenza dorata
Io non sarò più
giovane.
Anche il mio cuore
toccato dal gelo
non batte più come una
volta
ed il paese della tela
di betulla
non mi spingerà più a
vagabondare a piedi nudi.
Spirito randagio!
Sempre meno
attizzi il fuoco delle
mie labbra,
freschezza della
giovinezza
ardore degli occhi,
fiume di sentimenti dove siete!
Ora sono diventato
avaro nel desiderio
forse ti ho sognato
vita mia?
Davvero all'alba della
mia primavera tuonante
ho cavalcato un
destriero rosa?
Noi tutti a questo
mondo siamo votati alla fine
Il colore ramato delle
foglie d'acero goccia silenziosamente
Siamo dunque
felici, siamo stati benedetti
d'essere nati per
fiorire e poi morire.
Tornato a Mosca, ebbe subito una stretta relazione con l'attrice Augusta Miklaševskaja,
poi convive per qualche tempo con la devota cameriera
Galina Benislavskaja, che si ucciderà sulla
tomba di Esenin un anno dopo la sua morte.
Nello stesso
anno ebbe dalla poetessa Nadežda Vol'pin, un figlio che non conobbe mai, Aleksandr, che sarebbe poi
diventato un importante poeta e attivista nel movimento dissidente dell'Unione
Sovietica e, dopo essersi trasferito negli Stati Uniti, anche un importante
matematico.
Il comportamento di Esenin divenne progressivamente
sempre più problematico e negli ultimi due anni della sua vita vive tra gli
eccessi, spesso ubriaco; questo periodo di disperazione personale è però anche quello
in cui crea alcune delle sue poesie più belle e note.
Nella primavera del 1925 sposa Sofia Andreevna, nipote di Lev Tolstoj che cerca di aiutarlo a
risalire la china, ma Esenin non riesce a evitare un altro esaurimento nervoso
ed entra in un ospedale psichiatrico, dove resta per un mese.
Fu dimesso due giorni prima di Natale per
permettergli di trascorrere le feste a casa, ma lui preferì rifugiarsi in quella camera d’albergo dove prima si tagliò un polso per scrivere la
poesia d'addio col sangue per poi impiccarsi
il giorno dopo a soli 30 anni.
La camera era la stessa dove aveva pernottato
durante il viaggio di nozze con Isadora Duncan.
Ci sono tuttavia molte ombre sulla fine del poeta:
alcuni sostengono che il suicidio sia stato una montatura e che in realtà
Esenin sarebbe stato ucciso da agenti del GPU, che non avrebbero accettato le critiche del poeta al
regime sovietico.
Tesi rafforzata quando furono pubblicate sui
giornali le fotografie di Esenin morto dove si riscontravano in effetti diverse
anomalie e a tuttora sulla sua morte non è stata fatta sufficiente chiarezza.
Sebbene fosse uno dei poeti più famosi della Russia
e gli fosse stato fatto un
importante funerale di Stato, la maggior
parte dei suoi scritti furono infatti messi all'indice dal Cremlino durante la dittatura
di Josif Stalin e il governo di Nikita Chruščëv e molto probabilmente, se Esenin fosse vissuto più a lungo, avrebbe
condiviso la sorte dell’amico Kljuev, che fu deportato in Siberia e vi morì nel
1937.
Fu solo nel
1966 che la maggior parte delle sue opere fu ripubblicata.
Negli ultimi decenni l'opera di Esenin è stata nuovamente
rivalutata ottenendo un buon successo e molte sue poesie sono state musicate e
registrate come canzoni popolari.
Esempio ne è in Italia, la "Confessione d'un
teppista", una sua poesia del 1920, diventata un grande successo di Angelo Branduardi.
Sergej Esenin è sepolto al cimitero Vagan'kovskoe
di Mosca, in una sua tomba ornata da una bella scultura di marmo .
CONFESSIONI DI UN TEPPISTA
Non tutti son capaci di
cantare
E non a tutti è dato di
cadere
Come una mela, verso i
piedi altrui.
È questa la più grande
confessione
Che mai teppista possa
confidarvi.
Io porto di mia voglia
spettinata la testa,
Lume a petrolio sopra
le mie spalle.
Mi piace nella tenebra
schiarire
Lo spoglio autunno
delle anime vostre;
E piace a me che mi
volino contro
I sassi dell'ingiuria,
Grandine di eruttante
temporale.
Solo più forte stringo
fra le mani
L'ondulata mia bolla
dei capelli.
È benefico allora
ricordare
Il rauco ontano e
l'erbeggiante stagno,
E che mi vivono da
qualche parte
Padre e madre,
infischiandosi del tutto
Dei miei versi, e che
loro son caro
Come il campo e la
carne, e quella pioggia fina
Che a primavera fa
morbido il grano verde.
Per ogni grido che voi
mi scagliate
Coi forconi verrebbero
a scannarvi.
Poveri, poveri miei
contadini!
Certo non siete
diventati belli,
E Iddio temete e degli
acquitrini le viscere.
Capiste almeno
Che vostro figlio in
Russia
È fra i poeti il più
grande!
Non si gelava il cuore
a voi per lui,
Scalzo nelle
pozzanghere d'autunno?
Adesso va girando egli
in cilindro
E portando le scarpe di
vernice.
Ma vive in lui la
primigenia impronta
Del monello campagnolo.
Ad ogni mucca effigiata
Sopra le insegne di
macelleria
Si inchina da lontano.
Ed incontrando in
piazza i vetturini
Ricorda l'odore del
letame sui campi,
Pronto, come uno
strascico nuziale,
A reggere la coda dei
cavalli.
Amo la patria. Amo
molto la patria!
Pur con la sua
tristezza di rugginoso salice.
Mi son gradevoli i
grugni insudiciati dei porci,
E nel silenzio notturno
l'argentina voce dei rospi.
Teneramente malato di
memorie infantili
Sogno la nebbia e
l'umido delle sere d'aprile.
Come a scaldarsi al
rogo dell'aurora
S'è accoccolato l'acero
nostro.
Ah, salendone i rami
quante uova
Ho rubato dai nidi alle
cornacchie!
È sempre uguale, con la
verde cima?
È come un tempo forte
la corteccia?
E tu, diletto,
Fedele cane pezzato!
Stridulo e cieco
t'hanno fatto gli anni,
E trascinando vai per
il cortile la coda penzolante,
Col fiuto immemore di
porte e stalla.
Come grata ritorna
quella birichinata:
Quando il tozzo di pane
rubacchiato
Alla mia mamma,
mordevamo a turno
Senza ribrezzo alcuno
l'un dell'altro.
Sono rimasto lo stesso,
con tutto il cuore.
Fioriscono gli occhi in
viso
Simili a fiordalisi fra
la segala.
Stuoie d'oro di versi
srotolando,
Vorrei parlare a voi
teneramente.
Buona notte! buona
notte a voi tutti!
La falce dell'aurora ha
già tinnito
Fra l'erba del
crepuscolo.
Voglio stanotte
pisciare a dirotto
Dalla finestra mia
sopra la luna!
Azzurra luce, luce così
azzurra!
In tanto azzurro anche
morir non duole.
E non mi importa di
sembrare un cinico
Con la lanterna
attaccata al sedere!
Mio vecchio, buono ed
estenuato Pégaso,
Mi serve proprio il tuo
morbido trotto?
Io, severo maestro, son
venuto
A celebrare i topi ed a
cantarli.
L'agosto del mio capo
si versa quale vino
Di capelli in tempesta.
Ho voglia d'essere la
vela gialla
Verso il paese cui per
mare andiamo.