25 luglio 2018

PASSIONE ANDALUSA - Morena Manicardi




Una virtuale visita in una delle più belle e calienti città spagnole... a disfrutar!

PASSIONE ANDALUSA

Un barlume di luce
illumina l'angusta stradina,
ove case bianche s'affacian l'un l'altra,
e d'eleganti balconi fan sfoggio,
tripudio di rossi gerani,
che profuman nell'aria.
S'odono distanti suoni gitani,
là... nel patio, cuore d'antiche tradizioni,
arricchito da fonte d'acqua fresca,
sinuose rose rampicanti,
dipingon con grazia,
colonne nude di pietra,
che non san d'imponenza.
Sento la voce della chitarra,
suono caldo di abili arpeggi
a esaltar la poesia flamenca,
che la felicità del cuor,
o il dramma d'amara vita,
canta con egual passione,
e nel magico "baile" s'agitan le nacchere.
La dama ha un fiore nei capelli,
la gonna scarlatta danza nel fianco,
le braccia si spingon verso l'alto,
lo sguardo fiero d'amore
invade l'anima del suo cavaliere,
che l'emozione scolpisce col tacco al suolo.
I corpi gitani ballan distanti,
ma s'uniscono i loro cuor,
nella fervida sete di vita.

Morena Manicardi

24 luglio 2018

TRA I FILARI - Roberta Bagnoli



Vi lascio tra le braccia di Morfeo, il dio greco dei sogni, che veniva raffigurato con in mano un mazzo di papaveri con cui sfiorava le palpebre degli uomini addormentati... a domani!


TRA I FILARI

Nell’arco del battito lesto
della tacita notte
si stende il filtro quieto della pace.
E’ tregua effimera nei campi in fiore.
Al cospetto della luna
si snatura il rosso dei papaveri.
Geme il cuore nostalgia arcaica,
si abbevera alle classiche scritture
e anche il dolore si cosparge
di coriandoli allegri e profumati.
Breve, impercettibile il respiro del creato.
Gioca impavida la sorte con la vita
tra i filari su in collina.
Anche l’ombra ha la sua luce.

Roberta Bagnoli

PAPAVERI ROSSI - dal web


La tradizione mitologica tramanda il papavero come il fiore della consolazione, della semplicità e della fecondità, tant'è che si narra che Demetra, la dea dei campi e dei raccolti, avesse riacquistato la serenità persa in seguito al rapimento ed alla morte della figlia Persefone, rapita da Ade, il dio degli Inferi, bevendo infusi di papavero. 
Da qui il suo significato principale di fiore della consolazione, oltre che della semplicità e della fecondità.


PAPAVERI ROSSI

Crescono preziosi,

in disadorni campi,

tra l'oro dell'erba assetata.

Nascono in boccioli,

troppo stretti per il loro vestito del color della porpora,

schiudendosi cosí,

già stropicciati e insonnoliti.

Falsamente caduchi,

vivono indifferenti ad acquazzoni e alle torride giornate.

Spettinati dal soffio del vento che infastidisce i prati,

si muovono in sinuose danze.

Non coglierli,

perché delicati, come candidi baci dati al morir del sole.

Non coglierli,

perché le loro entasi, ricordano il fondo dei tuoi occhi.

Non coglierli,

perché il papavero rosso sussurra “ti sto sognando”.

dal web



SUI CAMPI DELLE FIANDRE - John McCrae



Gengis Khan, imperatore e condottiero mongolo, conquistò il più grande impero che la storia abbia mai conosciuto. 
Una leggenda narra che portasse sempre con sé dei semi di papavero, che spargeva sui campi di battaglia dopo le sue vittorie, per onorare i caduti, sia amici che avversari:tornando a fiorire ogni anno, e "macchiando" di nuovo di rosso quei campi, i papaveri avrebbero ricordato per sempre che là si era svolta una battaglia.
Molti secoli dopo, durante la prima guerra mondiale, John McCrae, un ufficiale medico canadese,  il 3 maggio 1915  scriveva una triste poesia aver assistito alla morte di un caro amico,il tenente Alexis Helmer.
Il successo della poesia fece diventare i papaveri il simbolo degli eroi caduti per la patria e tutt'oggi, nel Remembrance Day, tutti ne sfoggiano uno  all'occhiello.



SUI CAMPI DELLE FIANDRE

Sui campi delle Fiandre sbocciano i papaveri
in mezzo a tante croci, che, in lunghe file uguali,
segnano il nostro posto, una per ciascuno.
Nel cielo ancora volano le allodole cantando,
ma il rombo dei cannoni confonde quella voce.
Noi siamo i morti uccisi dalla guerra.
Non molti giorni fa eravamo vivi:
ci sorrideva l’alba
ed il tramonto ci affascinava con i suoi colori,
noi amavamo ed eravamo amati.
Ed, ecco, riposiamo sui campi delle Fiandre.
Proseguite voi la nostra lotta contro il nemico per la libertà.
Le nostre mani cadono, ma a voi la torcia passano
degli ideali eterni d’ogni uomo.
Siano le vostre mani ormai a tenerla in alto.
Se non ricorderete perché noi siamo morti,
più non avremo pace ne’ riposo,
pur se nei campi aperti delle Fiandre
seguiteranno a crescere i papaveri.

John McCrae


I PAPAVERI - dal web




Papaveri dal passato...

I PAPAVERI

I papaveri di quando
eravamo bambini
crescevano sotto
la nostra casa,
in periferia, tra strade
sterrate e squarci di prato.
Erano tanti tanti, e tutti
ondeggiavano al vento,
anche quando il vento
era poco, perché il papavero
era un fiore impalpabile,
leggero, timido nel suo
reclinare lieve ma prepotente
nel rosso del suo colore,
così spavaldo, quel rosso,
che sembrava uno squarcio
tra cielo e prato…
Uso il passato perché
i papaveri, quei papaveri,
non ci sono più, ma ci sono
loro: i nostri ricordi di oggi…

dal web

ROSSI PAPAVERI - G.Mantovani




L'inglese John Ruskin, scrittore, poeta, pittore e anche critico d'arte, definì il papavero: 
"il fiore più completo, più genuino e assolutamente puro; dentro e fuori tutto fiore. Nessuna limitazione di colore dappertutto, nessuna esteriore volgarità, nessun segreto interiore; aperto al sole che l'ha creato, finemente rifinito sopra e sotto, fin giù al più estremo punto di innesto"...

John Ruskin - Autoritratto
(Londra, 8 febbraio 1819 – Brantwood, 20 gennaio 1900) 

ROSSI PAPAVERI

Rossi papaveri
macchie di colore
sul verde prato,
delicati petali
si piegano
in un inchino
nella brezza del vento,
solitari e pensosi
inclinano la testa.
Nella loro bellezza
i tuoi occhi con stupore
vedono e sentono
un’ardente passione

 Gabriella Mantovani
(Maggio 2004)



PAPAVERI TRA I BINARI - Pardobardo



Buongiorno con il rosso dei papaveri!

PAPAVERI TRA I BINARI

Sfiora la luce inclinata
del mattino i fiori rosati
che allora si accendono
come luci dorate
e nel sole corrono
tra i binari, in processione.

Son tremuli papaveri
fragili di vita;
tra l’arido pietrisco
sorti e il ferro,
appena sconvolti
dal turbinio dei treni

Pardobardo

23 luglio 2018

L'ALITO DI AGAPANTO - Antonino R. Giuffré


Buona settimana con un agapanthus, il fiore del sole, della luce e soprattutto  dell’amore, come  si evince dal nome che deriva dal greco "agape", cioè "amore""anthos", cioè fiore. 
L'agapanto , che appartiene alla famiglia delle Liliacee, può essere di colore viola, blu o bianco.
 Originario dell'Africa meridionale ha  molti nomi indigeni, ma quello di “african lily”,  giglio africano, è  di certo il più comune. 
Fin dall'antichità, questa pianta  è considerata un simbolo di fortuna e abbondanza.

L'ALITO DI AGAPANTO

O come sei bella e sorgiva, gli occhi del cielo.
Ma verrà il vento a seccare ogni tua linfa,
gentile agapanto!
Quella terra tanto fertile come lapide
del lungo riposo.

Antonino R. Giuffré





15 luglio 2018

SE FOSSI QUI - Flavio Mozzi



Se tu fossi qui, quante cose ti direi!
Addirittura ti svelerei cos'è l'eternità...

SE FOSSI QUI

Tiepidi pensieri
tra dolci brezze
di un mare placido
si perdono sinuosi
tra le spume di onde infinite
cercano il riflesso
quel lampo di luce
attimo fugace
di un istante eterno

se fossi qui
ti svelerei tutto questo
senza parlare
solo volteggiando
come anime erranti

non puoi non amarlo
accarezzarlo volerlo
leggeri se ne vanno
affanni inutili
impegni lontani
qui tutto tace
qui tutto è in movimento
fluisce e mi inonda
di un'eterna bellezza

se fossi qui
ti svelerei tutto questo
e l'ammiro ogni istante
quando il tuo sguardo si posa
e sono perso in te.

Flavio Mozzi

GOCCIA DI MARE - Roberto Perin

Laura Bruno - Infinito abisso 

GOCCIA DI MARE

Indosso vesti di goccia
bagnate di voglie,
desideri sogni.
Onde di passione
muovono le mie vesti
posate sui tuoi coralli
di sorriso,
mentre calde correnti
mi coccolano
sotto la luce
di mille pesci candela.
Una goccia in te mare
fra scrigni e tesori,
anime e diavoli
donate all'abisso.
Vivo la gioia
di essere goccia,
con una sola speranza,
non essere mai
una lacrima di pianto
che scende dai tuoi occhi.

Roberto Perin

LA VOCE DEL MARE - Mirella Narducci


Ascoltiamo la voce del mare, il suo continuo e dolce mormorio...

LA VOCE DEL MARE

Non è mai tardi per capire la voce del mare,
in solitudine camminando sulla riva, affondando
i piedi nudi nella rena morbida,
dove  spume bianche fanno contorno,
ascoltavo il mormorio continuo dell’onde.
Dall’orizzonte lontano arrivavano parole
decifrabili solo con la forza dell’amore,
che toccano il cuore.
Non c’è pensiero  il  mio, che non  possa
attraversare quest’oceano e giungere
a te, mentre lui accarezza le caviglie dolcemente
in continua preghiera, d’iniziare il viaggio  che
mi conduce  tra le tue braccia.
Tu unica barriera a volte minacciosa, non hai
capito che l’anima mia ha già passato il tuo
confine e  insegue  l’amore!

(Mirella Narducci)

GUARDANDO IL MARE- Giovanna Faro



Guardando il mare si perde lo sguardo e si perdono i pensieri in leggeri sogni...

GUARDANDO IL MARE

All' orizzonte
nell' immenso abbraccio
tra cielo e mare 
lo sguardo si perde: 
l'anima s' acquieta. 

Volano i sogni 
sulle ali 
d' immaginari ippogrifi, 
e si disegna nel cielo 
la libertà - 
in una trama di celesti utopie. 

Respiro leggera 
la consapevolezza 
di percepire l'incanto - 
della mia anima 
in sintonia con Universo.

Giovanna Faro

MARE LONTANO - Pedro Salinas


Quando penso a un bel posto in cui mi vorrei trovare, subito mi si presenta davanti il mare: del mare amo il mutevole colore, l'incessante movimento, il rilassante rumore  e anche il vivificante odore!

MARE LONTANO

Se non è il mare, è la sua immagine,
la sua figura, rovesciata, nel cielo.
Se non è il mare, è la sua voce
sottile,
attraverso il vasto mondo,
amplificata dal vento.

Se non è il mare, è il suo nome
in una lingua senza labbra,
senza luogo,
senza altra parola che questa:
mare.

Se non è il mare, è la sua idea
di fuoco, impenetrabile, pura;
e io,
ardente, affogo in lei.

(da Favola e segno, 1931)
Pedro Salinas
 (Madrid, 27 novembre 1891 – Boston, 4 dicembre 1951)


IL MARE DENTRO - Julieta Dobles Yzaguirre



Chi ama il mare apprezzerà particolarmente questa poesia della costaricana Julieta Dobles Yzaguirre e riconoscerà le stesse sensazioni suscitate in lei dalla luccicante massa liquida...

IL MARE DENTRO

Anche lontano dal mare,
ho un po’ di mare nei miei occhi
a mandare riflessi azzurri.

Solo un profilo, un orizzonte
raccolto e vivo
che mi chiama e richiama
con la sua chiara presenza
di amico, amante, amato.
E con la sua insenatura torbida o limpida
dove affondare lo sguardo
e tutte le stanchezze.

Ogni mattino al risveglio lo bevo
come una dolce droga.
Divino nel suo colore il futuro del giorno.
Mi dondolo al suo lontano movimento,
mi immergo nella sua luce,
tagliata dalla nebbia
in pallide isolette,
Ed è più reale e più mio
di tutti gli oceani
che non posso contenere.

Quando qualcuno dice: “Il mare!”,
è il mio pezzo di mare
che gli risponde.

Quando qualcuno dice:
“L’orizzonte è d’argento!”,
sono sicura che la sua miniera è il mio mare.

Incorniciato dai miei alberi
che l’autunno fa rossi ogni giorno di più con maggior furore,
mi si apre dolcemente
e mi parla di casa, di scienza,
di felicità, d’amore,
di spiagge remote,
di bambini che ridono,
di città feroci
e di profondità di pesci
come ideali,
sorpresi e bucolici.

Quando una barca lo divide in due,
mi lancia il luccichio dolente della sua spuma
distante.
E quando la tempesta lo rabbuia e lo irrita,
mi abbaglia con la sua terribile forza
di ondate irose.

Cambia volto e colore
secondo l’avanzare del giorno.
All’alba è nebbioso e lontano,
come se il sogno avvolgesse anch’esso.
La mattina sorge, azzurro e glorioso,
tromba gioiosa
che sale fino alla spiaggia e deborda.
A mezzogiorno è di cobalto e profondissimo,
poi gli cade sopra il cielo.
Il pomeriggio si diluisce,
brillante e caliginoso,
come se dall’altra parte lo aspettasse
un appuntamento amoroso.
E la notte, resta solo il suo cupo rimbombo,
sincronizzando il sogno e il vuoto.

Ho sempre voluto tenere un mare in me.
Da bambina, questo mare
sarebbe stato il regalo perfetto.
Tante volte l’ho sognato mio, sotto il letto,
avvolto in riflessi bagnati,
pieno di grazia e di schiuma salmastra,
tutto per me!

La vita mi ha aiutato a costruirlo.
Basta che chiuda gli occhi,
e mi sta aspettando lì,
Liquido, dolce, vago,
come un sogno infantile
che all’improvviso
mi salta tra le mani.

 Julieta Dobles  Yzaguirre


13 luglio 2018

I GERANI e L' ASSENZA - Guido Gozzano


GERANI

Il Pelargonium, genericamente conosciuto come geranio, è dopo la rosa, la pianta più venduta in Italia.
Chiamato anche "fiore di strada", è  considerato il re indiscusso dei balconi e delle terrazze sia per la facilità di coltivarlo in vaso che per l' abbondante di fioritura che ogni anno offre, senza contare il vantaggio che ha di tenere lontane le fastidiose zanzare!
Originario soprattutto  dell’Africa australe, conta circa 250 specie e una gran varietà di colori.
Nel linguaggio dei fiori e delle piante il geranio assume diversi significati in base  al tipo e al colore.

Questi i significati più comuni: il geranio rosso simboleggia la consolazione e il conforto, il geranio rosso scuro simboleggia la malinconia, il geranio rosa simboleggia la nascita di un nuovo affetto, il geranio a cinque macchie simboleggia l’umiliazione, il geranio edera simboleggia l’amicizia sincera e  i gerani rampicanti simboleggiano in generale la fedeltà e la stabilità.


Una leggenda araba narra che il profeta Maometto, dopo un'intensa giornata di sermoni, lavò il suo abito stendendolo ad asciugare sopra delle piantine di malva. 

La pianta ne fu così orgogliosa che i suoi fiori arrossirono e così rimasero per sempre, dando origine al geranio rosso.



L' ASSENZA

Un bacio. Ed è lungi. Dispare
giù in fondo, là dove si perde
la strada boschiva, che pare
un gran corridoio nel verde.

Risalgo qui dove dianzi
vestiva il bell'abito grigio:
rivedo l'uncino, i romanzi
ed ogni sottile vestigio...

Mi piego al balcone. Abbandono
la gota sopra la ringhiera.
E non sono triste. Non sono
più triste. Ritorna stasera.

E intorno declina l'estate.
E sopra un geranio vermiglio,
fremendo le ali caudate
si libra un enorme Papilio...

L'azzurro infinito del giorno
è come seta ben tesa;
ma sulla serena distesa
la luna già pensa al ritorno.

Lo stagno risplende. Si tace
la rana. Ma guizza un bagliore
d'acceso smeraldo, di brace
azzurra: il martin pescatore...

E non son triste. Ma sono
stupito se guardo il giardino...
stupito di che? non mi sono
sentito mai tanto bambino...

Stupito di che? Delle cose.
I fiori mi paiono strani:
Ci sono pur sempre le rose,
ci sono pur sempre i gerani...

(Da “I colloqui”)
Guido Gozzano
(Torino, 19 dicembre 1883 – Torino, 9 agosto 1916)


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