30 aprile 2020

SENZA DI TE - John Keats


"Non conosco felicità più grande che stare con te tutto il tempo, senza interruzione, senza fine."
 (Franz Kafka)


SENZA DI TE
Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione
come di dissolvermi:
sarei estremamente triste
senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.
Mi hai rapito via l'anima con un potere
cui non posso resistere;
eppure potei resistere finché non ti vidi;
e anche dopo averti veduta
mi sforzai spesso di ragionare
contro le ragioni del mio amore.
Ora non ne sono più capace.
Sarebbe una pena troppo grande.
Il mio amore è egoista.
Non posso respirare senza di te.
  John Keats

GOCCE D' ALBA - Monica De Steinkuehl



Lasciamo l'anima libera di volare al cospetto di questa splendida alba che sorge e... che sia una splendida giornata, a dispetto di tutto!

GOCCE D'ALBA

Annego sotto gocce di rugiada
soffici e delicate
mi lascio avvolgere dall'aria umida
dolci stille mi accarezzano il viso
senza lasciare
spazio a nessuno
Voce all'anima
libera dentro un sogno leggero
seguo il flusso della mia vita
in un mare di piccoli segni del destino
a cui mi abbandono
per trovare la pace più profonda
il senso che mi da
questo contatto
così forte
con la natura
così immensa.
Danzo libera su queste gocce
su me stessa
sui miei pensieri
in un arcobaleno di suoni
che mi dona quest'alba
così viva di colori,
ritrovo la perdita
all'improvviso..
…mi accorgo
che in realtà
non ho mai perduto nulla.
Tutto è dentro di me.

Monica De Steinkuehl

19 aprile 2020

MARMELLATA DI ARANCE O LIMONI ALLA SICILIANA



MARMELLATA DI LIMONI O ARANCE ALLA SICILIANA

Ingredienti

1 kg di limoni o arance dalla buccia sottile
zucchero q.b.

Lavare i limoni o le arance accuratamente, poi mettere in una pentola abbondante acqua fredda, portare a ebollizione, immergere i frutti e cuocere per 20 minuti. Scolare, cambiare l’acqua, portate di nuovo ad ebollizione, immergere ancora i limoni e cuocere per altri 20 minuti. Ripetere la stessa operazione una terza volta, poi togliete dal recipiente i limoni con un mestolo forato ma questa volta conservare l’acqua di cottura. Volendo, tagliare a due o tre limoni tagliare qualche strisciolina  sottile di buccia senza la parte bianca e, come per i frutti interi, per 3 volte bollirle in acqua fredda per togliere l’amaro. Tagliare a pezzi i limoni e passarli al passaverdura con disco a fori larghi. Pesare il purè ottenuto e metterlo in una casseruola con lo stesso quantitativo di zucchero. Unire un litro dell’acqua di cottura tenuta da parte e mettete sul fuoco facendo cuocere la marmellata per circa dieci minuti, eventualmente, unire a questo punto le striscioline e cuocere ancora, mescolando di frequente, fino a quando non acquista la consistenza di un denso miele. Per verificarne la consistenza, fare comunque la famosa “prova del piattino”, versando cioè un cucchiaino di marmellata su un piattino inclinato: se scivola con una certa difficoltà, vuol dire che è pronta.Versare la marmellata ancora bollente nei vasetti sterilizzati, chiudere ermeticamente e lasciarli capovolti una quindicina di minuti per favorire il sottovuoto. Conservare in luogo fresco e buio e consumare entro sette - otto mesi, una volta aperto il vasetto, va invece conservato in frigo e la marmellata consumata entro un paio di settimane.


13 aprile 2020

LA PASSIONE DI CRISTO - dal web



LA PASSIONE DI CRISTO

C'è una perfetta coincidenza tra le narrazioni dei quattro Vangeli sulla Passione di Cristo e quanto si osserva sulla Sindone,il lenzuolo di lino conservato nel Duomo di Torino, sul quale è visibile l'immagine di un uomo che porta segni compatibili con quelli patiti da Gesù.
L'immagine della Sindone è quella di un uomo alto quasi 185 cm. sul cui corpo sono rilevabili quasi 600 ferite.
Non vi è alcun segno di decomposizione, dunque la Sindone ha avvolto il corpo  per un periodo breve e tuttavia sufficiente perchè vi  s' imprimesse l'orma.
Il corpo di Gesù riposò nel sepolcro per poco più di trenta ore, dalla sera del venerdì all'alba della domenica, prima straordinaria concordanza.
L'Uomo della Sindone è stato avvolto nel lenzuolo appena deposto dalla croce, senza che venisse effettuata alcuna operazione di lavaggio e unzione del cadavere; lo stesso è accaduto a Gesù, in quanto stava per arrivare la Pasqua ebraica durante la quale nessun lavoro manuale poteva essere eseguito.
Sul volto vi è una ferita tra il naso e la guancia destra causata da un bastone. Vi sono abrasioni sulle palpebre e sulle sopracciglia, un gonfiore sullo zigomo destro, tracce di emorragia dalle narici, contusioni alle ossa e deviazione del setto nasale, lesioni sul cuoio capelluto.
Tanto a Gesù quanto all'Uomo della Sindone è stato posto sul capo un corona di spine e nessun documento storico riporta una tale usanza su altri soggetti.
 La Sindone mostra ferite anche sulla calotta cranica. Era quindi un casco di spine, non una coroncina, di  circa 50 lunghe spine che gli trafissero il capo.
Le ferite sulle natiche chiariscono che Gesù subì la flagellazione da nudo. La frusta romana chiamata flagrum era composta di tre lunghe cinghie capovolgibili con pezzi di metallo che causavano lo strappo della carne ad ogni frustata. 


Sono state rilevate ben 120 ferite di questo tipo. Gesù si trovava piegato, con la mano legata ad un palo, le cinghie della frusta si avvolgevano intorno al suo corpo ad ogni sferzata, e ne colpivano la parte anteriore: il torace, l'addome, gli stinchi e le cosce.
Una delle cose più dolorose per Gesù è  il peso  della trave orizzontale della croce che trasportava, il Patibulum, che, lungo il tragitto del Calvario, letteralmente gli scopre le ossa delle spalle provocando sofferenze indicibili. Questa trave di legno d'ulivo doveva essere lunga 180 cm e pesare circa 45 kg . Gesù dopo la flagellazione coprì una distanza di circa 500 metri, barcollando e cadendo più volte, anche di faccia perchè le sue mani erano legate alla trave e pertanto non si poteva proteggere il viso. Anche le ginocchia  erano martoriate dalle cadute.
I piedi erano fissati da un chiodo alla trave verticale della croce, che trafisse l’osso tarsale. Il piede sinistro su quello destro.
Le mani furono inchiodate alla croce a livello dei polsi.
Entrambi i soggetti mostrano l'assenza di crurifragio, la rottura delle tibie come colpo di grazia che davano i romani, in quanto Gesù era già morto (Gv 19,33) e gli fu risparmiato, realizzando così la Scrittura di Gv 19,36, di Numeri 9,12 e di Esodo 12,46.


La morte sopravvenne a causa della rottura del muscolo del cuore a seguito di un arresto cardiaco. Questo, a sua volta, avrebbe causato una massiccia emorragia del pericardio (circa 2 litri di sangue), e quindi nei polmoni, causando un emopericardio. Poco dopo la morte, il pericardio avrebbe visto dividersi i globuli rossi (accumulo nella parte inferiore della cavità pleurica) dal plasma sanguigno (che rimane nella parte superiore). Quando il suo petto fu trafitto dalla lancia del centurione Longino, per accertarne la morte,uscirono i due liquidi, prima i globuli rossi, poi il plasma sanguigno. La ferita sulla parte destra del costato di Gesù risulta essere un pollice di larghezza e uno e tre quarti di lunghezza.

« ... ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. »   (Giovanni 19,34)

Secondo gli studiosi, l’immagine sulla Sindone potrebbe essere stata causata dall’energia sprigionatasi all’interno del corpo di Cristo al momento della resurrezione.

( Prof. Giorgio Nadali - docente di Religione Cattolica per la Arcidiocesi di Milano)





LUNGO LA VIA DELLA CROCE


Cristo
percosso ed infamato
lungo la via
della croce,
Cristo
rivestito di porpora
e coronato di spine.

Cristo
schernito ed ingiuriato,
spogliato con rabbia
delle sole vesti
dell’uomo.

Cristo
inchiodato
e crocifisso,
Cristo
disceso
dal segno della morte.

Cristo
custodito
tra le rocce fredde
del sepolcro
in attesa
che si manifesti
l’alba
in luce
di Sua resurrezione.

(Da Le Liriche del Venerdì Santo)
 Ranieri Barghigiani


12 aprile 2020

FESTA D' AMORE - T. Lovera



FESTA D' AMORE

Pasqua è la dolce festa d’amore:
Pasqua ritorna col tiepido sole.
Cantano lieti in coro gli uccellini:
sbocciano i fiori, olezzano i giardini.
Squillan nell’aria azzurra le campane;
s’odono le vicine e le lontane
che annunciano la gloria del Signore
e dicono: Sia pace in ogni cuore.

T. Lovera

PASQUA - A. C. Pertile


Una lieta poesia per rallegrare questa ben poco felice Pasqua!

PASQUA

-Uscite, uscite!- dice allegro il sole;
-volete star in casa ad ammuffire?
Tra l’erba nova olezzano le viole
e tornan tutti i rami a rinverdire.
-Uscite, uscite!- cantano gli uccelli;
-ogni nido, ogni zolla si ridesta,
la terra, il cielo, il mar son tanto belli;
e prati e colli son vestiti a festa.
Inni giocondi canta lieto il core,
e la parola del rancor si tace;
torna la Pasqua, festa dell’amore,
che ci vuol tutti buoni e tutti in pace.

A. C. Pertile

GIORNO BENEDETTO - M. Bernardini


Nonostante sia la Pasqua più triste che avremmo potuto immaginare, purtroppo costretti a stare segregati in casa a causa di un maledetto virus e molti la trascorreranno lontano dai propri cari, non dimentichiamo che oggi è un giorno benedetto  in cui dobbiamo gioire e speranzosi credere che tutto tornerà alla benedetta normalità... 
Eh, si, proprio quella che diamo sempre per scontata e che solo in simili, drammatiche circostanze, ci rendiamo conto di quanto sia meravigliosa e benedetta, la NORMALITA'!
Sperando che torni presto, nel frattempo cerchiamo di trascorrere al meglio delle nostre possibilità anche questa Pasqua.

GIORNO BENEDETTO

Il passero all’alba
cinguetta sopra il tetto:
“Di Pasqua, ecco, è spuntato
il giorno benedetto!”.
Ed il ramo fiorito
del pesco, giù, nell’orto,
fremendo all’aria lieve
dice: “Gesù è risorto”.
Lo festeggia l’aprile
col verde, i fiori, il sole;
coll’aria che ha un profumo
di tenere viole.
E di mille campane
s’ode il festoso suono,
che al cuor dell’uomo parla
di amor, pace e perdono.

M. Bernardini

5 aprile 2020

LA DOMENICA DELL' OLIVO - Giovanni Pascoli



"Che la colomba della pace porti tanta serenità nei cuori e tanta luce per illuminare chi non vede, che voli nei cieli del mondo a portare pace dove pace non ce n’è, portare pace con noi stessi e donarla agli altri senza distinzioni. Con il cuore aperto all'amore, alla serenità, alla luce dello spirito."
(Stephen Littleword)

LA DOMENICA DELL' OLIVO

Hanno compiuto in questo dì, gli uccelli
il nido (oggi è la festa dell olivo)
di foglie secche, radiche, fuscelli; 
quel sul cipresso, questo su l'alloro,
al bosco, lungo il chioccolo d'un rivo,
nell'ombra mossa d'un tremolio d'oro.
E covano sul musco e sul lichene
fissando muti il cielo cristallino,
con improvvisi palpiti, se viene
un ronzio d'ape, un vol di maggiolino

Giovanni Pascoli

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