WILHELM BRASSE - IL FOTOGRAFO DI AUSCHWITZ
Nato il 3 dicembre del 1917 a Żywiec, piccola città polacca, Wilhelm Brasse raggiunse tristemente la notorietà per essere stato il “fotografo di Auschwitz” durante la seconda guerra mondiale.
La fotografia era la sua passione fin da adolescente e imparò l'arte da una zia, che possedeva uno studio fotografico.
Nel settembre del 1939, in seguito all’invasione della Polonia da parte dell’esercito nazista, Brasse ricevette forti pressioni per unirsi ai nazisti.
Il suo rifiuto di dichiarare fedeltà a Hitler destò i sospetti della Gestapo che lo interrogò più volte.
Preoccupato per la sua incolumità, Brasse tentò di scappare in Francia, ma fu catturato e deportarlo ad Auschwitz nell’agosto del ‘40.
Considerata la sua professione, fu destinato alla sezione del campo che si occupava di documentare l’arrivo dei deportati, identificarli e fotografarli.
Brasse fu anche incaricato di fotografare i prigionieri che interessavano Joseph Mengele, l'aberrante medico nazista che eseguiva agghiaccianti e folli esperimenti, senza alcuna anestesia, usando cavie umane.
Il blocco n° 10 dove Joseph Mengele faceva i suoi esperimenti
Verso la fine della guerra, prima di evacuare il campo, i nazisti ordinarono ai fotografi di distruggere il materiale fotografico, ma questi, desiderosi di salvare le foto dall'oblio e consegnarle alla storia, riuscirono a nascondere buona parte del materiale.
Dal 1940 al 1945, Brasse scattò tra le 40 e le 50.000 foto e molte di quelle che riuscì a salvare sono esposte al Museo di Auschwitz-Birkenau.
Nel 2018, la colorista e restauratrice digitale brasiliana Marina Amaral, nota per le sue colorazioni di fotografie storiche, scelse circa una ventina di foto d'archivio da colorare per realizzare il progetto Faces of Auschwitz, in collaborazione con il Museo di Auschwitz-Birkenau.
Tra le foto scattate proprio da Brasse, la Amaral rimase molto colpita da quella di Czesława Kwoka.
Czesława Kwoka
(Wólka Złojecka, 15 agosto 1928 – Auschwitz, 12 marzo 1943)
Czeslawa era una ragazzina polacca di religione cattolica, mandata ad Auschwitz con la madre Katarzyna nel dicembre del 1942.
Nella foto è ben visibile un taglio sul labbro fattole da una kapò che la picchiò perché non capiva il tedesco e fu lo Wilhelm Brasse a ricordare il drammatico episodio nel documentario The Portraist: “Era così giovane e terrorizzata. La ragazza non capiva perché si trovasse lì, e non riusciva a capire quello che le era stato detto. Quindi una donna Kapo’ (chiamata anche Blokowa) prese un bastone e la picchiò sul volto.
Questa donna stava sfogando tutta la propria rabbia sulla ragazza. Una bella ragazza, così innocente. La giovane pianse, ma non poteva far niente. Prima che le scattassi la fotografia, la piccola si asciugò le lacrime e il sangue dal taglio sul labbro. A dire la verità, mi sono sentito come se fossi stato colpito io stesso, ma non ho potuto interferire. Sarebbe stata un’interferenza fatale. Non potevi dir nulla“.
Czesława Kwoka morì il 12 marzo 1943, meno di un mese dopo la madre, e anche se le cause della sua morte non sono state rese note, pare finì nelle mani del dottor Mengele, che dopo averla usata come cavia, la uccise con un’iniezione di fenolo al cuore.
Brasse rimase ad Auschwitz fino ai primi giorni del 1945, poi in seguito all’offensiva dell’Armata Rossa fu trasferito con migliaia di altri prigionieri nel campo di concentramento austriaco di Ebensee, liberato dall’esercito statunitense nei primi giorni di maggio 1945.
Finita la guerra, Brasse tornò a Żywiec dove provò a riprendere il suo lavoro di fotografo, ma dopo aver passato anni a fotografare persone per la maggior parte destinate alla morte, aveva sviluppato una certa repulsione per l’obiettivo, tormentato dal ricordo di quei visi sofferenti.
Decise dunque di abbandonare definitivamente la fotografia e per vivere lavorò in un salumificio.
Brasse morì nella sua Żywiec, dove si era sposato e aveva avuto due figli e cinque nipoti, il 23 ottobre 2012.
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