Se la mattina possiamo iniziarla con il piacere di un caffè, molto probabilmente dobbiamo ringraziare delle capre!
Pare, infatti, che fra il V e il XIV secolo, non si sa bene se in Etiopia, Persia o Yemen, un Imam osservando delle capre che brucavano le bacche della Coffea arabica (un arbusto montano sempre verde appartenente alla famiglia delle Rubinaceae), notò l’effetto energico che le bacche davano a questi animali.
Ebbe dunque l'idea di raccogliere codeste bacche e sezionandole scoprì che all’interno vi erano dei semi di facile tostatura.
Una volta tostati i semi, li macinò e dalla polvere ottenne un infuso: ecco come venne fuori la prima bevanda del caffè.
All’epoca però il caffè si beveva solo durante le cerimonie e riti religiosi, così i sufi yemeniti riuscivano, per esempio, a rimanere svegli tutta la notte a pregare e salmodiare.
Fu solo nel XVI secolo che il caffè cominciò a essere venduto a Istanbul, Il Cairo e alla Mecca e un secolo più tardi la bevanda cominciò a diffondersi anche in Europa, diventando rapidamente forse la bevanda più popolare del mondo cui è stata addirittura dedicata una giornata del caffè, l’International Coffee Day, che si celebra ogni primo ottobre.
ODE AL CAFFE' NERO
Caro, caldo, buon caffè nero,
sia moca, turco, o serbo vero,
o Dio sa cosa d’altro esser può,
gentiluomo casalingo e no;
quando ti vedo davanti a me,
sei solo il buon fumante caffè.
Devi saper, infatti, e tu lo sai
( non così forse il lettore),
senza te lavorar non potrei,
la mente mia essendo già nei guai:
assai peggior sarebbe se
qui sulla scrivania non ci fosse
un thermos pieno di buon caffè.
P.e. questa rima balorda
Di “fosse” con “potrei” è madornale.
E che dire del condizionale?
È chiaro: sono giù di corda.
Il perché è molto evidente:
non ho preso caffè sufficiente!
Ora a questo pongo rimedio
e mi metto tosto al lavoro:
per le rime aumenta il dialetto!
È il caffè nero benedetto
Che funziona alla perfezione:
io ben so che è uno stregone!
Passa fratello per la gola
E non farlo una volta sola,
scendi trasforma notte in giorno,
agisci, caffè, fa’ come il forno,
manda il tuo fuoco verso l’ interno,
proteggimi dal raggio esterno.
Dicono che causi il batticuore
Che il sonno scacci e che il nervo muore.
Ma non so qual piacer si goda
Su questa terra impunemente
che la salute non ti roda:
nulla la vita da per niente.
Soldi, gloria, amor e così via
Tutto nel mondo è monotonia.
Il destino chiude la sua corsa
Entro la stessa morsa.
Ma basta di moca l’aroma
Per metter in moto un automa.
Io me ne infischio del malvagio
Che mi sussurra adagio adagio:
la caffeina è una minaccia che altro da questa vitaccia?
La vita è tutta sol malattia
Che porta alla morte e così sia!
Fino al fatale momento a te
resto fedele mio buon caffè.
( Friedrich Torberg)
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