VIA CRUCIS
Getsemani
Il calice è gonfio di stracci.
Somiglia a una rondine morta
che batte alla porta, alla porta,
in bilico sulle mie labbra.
Non voglio sfiorarlo sul dorso
di questa caserma d’olivi,
nel sabba degli uomini chini
al bianco tamburo del sonno
C’è un gallo di latta che veglia
sull’esile ardesia dell’orto.
Il vento che l’ha capovolto
è un pugno sferrato all’abisso.
C’è un albero rosso di bocche
che baciano spigoli d’aria.
Tu, Giuda, ti torci alla chiara
vertigine della sua morte.
Pilato ( Prima stazione )
La folla gridò Crucifige
e il pollice cadde nel vino.
Un tuono percosse il giardino
dai trepidi steli di cuoio.
La croce ( Seconda stazione )
Volgete l’abbraccio di muschio
ai cardini delle sue spalle.
Le viti che girano a valle
stanotte verranno recise.
Prima caduta (Terza stazione)
Qui Gesù cade per la prima volta.
e cielo e sangue toccano la terra,
come freccia di polvere raccolta
nel purissimo grembo di una perla.
Il Golgota
L’applauso di cento ventagli
spiegati su nocche di pietra
sospinge la vena segreta
che palpita sulla tua fronte.
Il lungo profilo di un cranio
si sgretola sotto il tramonto.
(Signore, non sono ancor pronto
a volgere il piede nel vuoto.)
Due lembi di carne corrotta
vi pendono gialli di sputi.
I loro tentacoli muti
s’avvitano contro i tuoi passi.
Gesù incontra sua madre (Quarta stazione)
Bambino! Bambino! Bambino!
Bambino ferito, sudato!
Bambino, chi ti ha deformato
il viso di quando nascesti?
O mamma dall’occhio velato,
corona d’antico querceto,
assorbi nel seno l’aceto
col quale dovrai dissetarmi.
Simone di Cirene (Quinta Stazione)
Colui che s’eleva sgomento,
composto in un lampo di legno,
incrina nel bianco sostegno
lo scheletro delle sue braccia.
Veronica (Sesta Stazione)
Un giglio sommuove la folla.
Il sangue barcolla nel lino.
La mano s’accosta al divino
ovale di globuli rossi.
Seconda Caduta (Settima Stazione)
Qui Gesù cade la seconda volta
e lo spirito sbanda sulla carne.
Stelle di lutto gemono ai calcagni
folgorati da un aspide di crosta.
Gesù parla alle donne di Gerusalemme (Ottava Stazione)
Colomba di Gerusalemme,
groviglio di baci e di rughe,
ascolta: le calde verruche
del talamo sono già assolte.
Il tuono che lacera il buio
del tuo cimitero di madre
ruggendo fra adultere e ladre
stanotte verrà a carezzarti.
Terza Caduta. Gesù viene spogliato delle vesti. (Nona e Decima Stazione)
Qui Gesù cade per la terza volta
e una lacrima veste la sua pelle.
L’edificio di schegge viene rotto
sciogliendo al sole l’aquila dei nervi.
Più nudo! Più nudo! Più nudo!
Somigli a un viluppo di niente!
Il male sarà trasparente
all’agone delle sue membra.
Smagliatelo come la lana.
Scuoiatelo come una biscia.
La tomba dell’impudicizia
ne culli la pelvi assonnata.
Crocifissione (Undicesima Stazione)
Ora Gesù è snodato sulla croce,
un compianto d’incudine e di legno.
Padre, che mi hai gettato dal tuo regno
qui fra i sepolcri, perché mi abbandoni?
I chiodi confitti alle mani
somigliano ai nei delicati
fioriti sui seni beati
di mamma spezzata dal latte.
I chiodi confitti nei piedi
son come le dolci pupille
che lei mi porgeva tra i mille
suoi baci di madre felice.
O scheletro della paura,
eretto su un saio di vermi,
rispondi, perché mi sorprendi,
alzandomi come un bambino?
Cos’è quest’odore di terra,
cos’è questa bocca di luce,
Signore, perché non conduci
più in fretta il mio passo nel nulla?
La croce è un gigante di colpa,
la croce è un gigante di vita.
Sentire gli uccelli, le grida
ancora un istante, un istante…
Gesù muore sulla croce (Dodicesima Stazione)
Tutto è compiuto. Il sangue si fa acqua.
La farfalla del buio è incenerita.
Madre, chiudi in un fascio le mie dita.
Sono i tuoi fiori: portali alle labbra.
Deposizione (Tredicesima Stazione)
Schiodate le mani ed i piedi.
Spargete la lebbra nel suolo.
O figlio, sei morto da solo,
vertigine di sentimento.
Ricordo che quando nascesti
ti posero qui sul mio ventre.
E adesso ritorni per sempre
sull’inguine che ti tormenta.
Gesù è deposto nel sepolcro (Quattordicesima Stazione)
Glielo tolsero in fretta dalle mani.
Un vento scalzo sigillò la pietra.
L’uomo del sisma sbriciolò le chiavi
dileguandosi al balzo della creta.
Resurrezione (Quindicesima Stazione)
O morte che esplodi nell’occhio,
o morte che scorri dal fiato,
o morte che muori, che nato
m’hai fatto dall’essere morto!
La luce ti renda più pura,
la luce ti renda la vita,
negandoti all’ansa smarrita
del calice della paura.
Tu, donna, che cerchi nel nulla
il nulla che sale alle foglie,
inchinati e bacia le soglie
dell’ultima casa del lupo.
Cristina Sparagana
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