21 maggio 2014

MIMI' LA VOLPE E IL RICCIO- R. La Capria


«La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande».

 Così declamava Archiloco, uno dei poeti lirici greci più antichi di cui si abbia notizia. Il frammento riassume la morale della favola "La volpe e il riccio" :  nonostante i numerosi e scaltri mezzi di cui è capace una volpe, non può nulla contro l’unica grande arma di difesa del riccio.
Morale della favola ovviamente applicabile sugli esseri umani, perchè l'astuzia può essere vinta da una prudente autodifesa, è meglio non fidarsi di certi volponi!
La volpe nelle fiabe è destinata a restare a muso asciutto:  nè uva nè riccio riesce a degustare, ma chissà perchè non fa minimamente pena...peccato solo che nella vita reale  le sue prede sono invece tante.

LA VOLPE MIMI' E IL RICCIO

Mimì la volpe dal pelo rosso si è appostata dietro un cespuglio di more. Ha sentito un lieve tramestìo sottoterra, poi anche quel rumore è cessato. La sua preda deve avere intuito il pericolo, qualcosa deve averla insospettita. Mimì la volpe si mimetizza, si finge morta e aspetta.
Nemmeno respira. Sa che la sua preda appena si sentirà sicura verrà fuori dal  nascondiglio e bisogna lasciarle tutto il tempo che le occorre per muoversi. Il tempo passa. Dopo una lunga paziente attesa appare all’imboccatura della tana un riccio. Deve attraversare uno spazio brevissimo per infilarsi in un altro cunicolo buio più avanti ma si guarda intorno circospetto, esamina il terreno, si ritrae di nuovo nella tana, riemerge esitando. Che animale prudente, che animale compunto, pensa la volpe. Razza nostrana di  roditori da sottobosco che non amano camminare allo scoperto. Preferisce i suoi tortuosi labirinti sotterranei, anche a costo di scavarseli con le unghie e coi denti. Avrà le sue buone ragioni per evitare di mostrarsi alla luce del sole, comunque non lo invidio. Intanto il riccio si è deciso, eccolo finalmente all’aperto. Sembra appena uscito dal letargo, è goffo, lento, impacciato. Mimì la volpe fa un bel balzo e zac! Ma il riccio in un attimo si è trasformato in una palla spinosa. La volpe lancia un urlo di sorpresa e di dolore e con la bocca sanguinante si allontana.
Che strano animale! - pensa la volpe senza darsi per vinta. Deve avere una carne prelibata se la natura gliela protegge così bene. Sarà molto meglio della carne di una talpa o di quella di  un uccello. Come mi piacerebbe assaggiarla per sapere che sapore ha!
E fiduciosa delle proprie risorse Mimì la volpe dal pelo rosso escogita e mette in atto mille artifici, trucchi, espedienti, uno più ingegnoso e sottile dell’altro, per catturare il riccio e divorarlo. Eppure ogni volta il riccio si appallottola e così appallottolato risulta imprendibile.
 Dopotutto un riccio non vale tanto spreco di trovate e neppure tanta ostinazione, dice a se stessa la volpe per consolarsi. E stanca degli innumerevoli, inutili stratagemmi che si concludono sempre allo stesso modo, decide di lasciarlo perdere, quell’ottuso animale.

Raffaele La Capria
(tratto da: Fiori giapponesi - Mondadori, 1989)




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