31 maggio 2014

CREDERE NELLA VITA-Carla Piccinini



Buonanotte con l’acuto trillo di un merlo… è sgradevole lo so, ma vorrà dire che apprezzeremo maggiormente suoni più melodiosi quando giungeranno al nostro udito!

CREDERE NELLA VITA

E' buio ormai, dopo un giorno
di pesante monotono grigiore.
Un merlo lancia acuti trilli.
La sua voce rompe
il silenzio e l'oscurità:
espressione di vita, in momento 
per me di sfiducia 
e di invincibile inerzia. 
Anche gli uccelli hanno 
difficoltà e fatiche e sofferenze, 
ma non si fermano né tacciono: 
attivi e fedeli seguono 
il loro ritmo vitale, 
esempio di costanza agli uomini 
facilmente abbattuti ed inetti.

Il buio non è eterno né il silenzio 
né le fatiche, né il dolore, 
A tutto c'è rimedio, tutto ha termine 
La vita ha sempre qualcosa da offrire 
a chi si apre ad accogliere e donare. 
Se guardi bene trovi sempre un fiore, 
se ascolti attento udrai sempre un canto, 
se tendi la mano troverai compagni, 
se alzi lo sguardo il cielo sarà tuo. 
Credi alla vita e saprai 
scoprirne e goderne i doni 
e poi accrescerli e condividerli. 


Carla Piccinini


30 maggio 2014

UN ESEMPIO DI PERSEVERANZA - dal web


Anche gli uccelli possono impartirci una grande lezione di vita... 

UN ESEMPIO DI PERSEVERANZA

Hai già osservato l’attitudine degli uccelli davanti alle avversità?
 Per giorni e giorni si dedicano alla costruzione del loro nido, raccogliendo materiali, spesso trasportati da molto lontano e quando l’hanno terminato e sono pronti a deporvi le uova, le intemperie, o l’opera dell’essere umano o di un qualsiasi animale, lo distrugge e getta al suolo ciò che avevano realizzato con tanta fatica. 
Allora cosa fa l’uccello?
 Si paralizza e abbandona il lavoro? Assolutamente no. Ricomincia ancora e ancora, fino a che il primo uovo sia deposto nel nido.
 Talvolta, anzi, molto spesso, prima che nascano gli uccellini, un animale, un bambino, un temporale, distrugge ancora una volta il nido, ma questa volta, con il suo prezioso contenuto.
 È doloroso ricominciare nuovamente tutto da zero ma anche così, l’uccello non tace mai, e nemmeno indietreggia, continua a cantare mentre ricostruisce. Anche tu, talvolta, hai avuto la sensazione che la tua vita, il tuo lavoro, la tua famiglia, non erano come le sognavi?
 Hai avuto qualche volta la voglia di dire “basta”, non ne vale la pena.
 È troppo per me quando ti sentivi stanco di ricominciare, stremato dalla lotta quotidiana, dalla fiducia tradita, dagli obiettivi non raggiunti quando eri sul punto di arrivarci? 
La vita a volte ti colpisce così, ma non ti arrendere mai, continua con le tue speranze e procedi. 
Non ti preoccupare se nella battaglia rimani ferito, bisogna metterlo in conto. 
Riunisci i pezzi della tua speranza, ricostruiscila e insisti di nuovo.
 Qualunque cosa succeda non ti affliggere, vai avanti. La vita è una sfida costante, ma vale la pena di accettarla e, soprattutto, non smettere mai di cantare!

(dal web)


I DUE PASSEROTTI-Bruno Ferrero




I DUE PASSEROTTI

Due passerotti se ne stavano beatamente a prendere il fresco sulla stessa pianta, che era un salice. Uno si era appollaiato sulla cima del salice, l'altro in basso su una biforcazione dei rami.
Dopo un po', il passerotto che stava in alto, tanto per rompere il ghiaccio, dopo la siesta disse: "Oh, come sono belle queste foglie verdi!".
Il passerotto che stava in basso la prese come una provocazione. Gli rispose in modo seccato: "Ma sei cieco? Non vedi che sono bianche!".
E quello di sopra, indispettito: "Tu sei cieco! Sono verdi!".
E l'altro dal basso con il becco in su: "Ci scommetto le piume della coda che sono bianche. Tu non capisci nulla! Sei matto!".
Il passerotto della cima si sentì bollire il sangue e senza pensarci due volte si precipitò sul suo avversario per dargli una lezione. L'altro non si mosse. Quando furono vicini, uno di fronte all'altro, con le piume del collo arruffate per l'ira, prima di cominciare il duello ebbero la lealtà di guardare nella stessa direzione, verso l'alto.
Il passerotto che veniva dall'alto emise un "oh" di meraviglia: "Guarda un po' che sono bianche!". Disse però al suo amico: "Prova un po' a venire lassù dove stavo prima".
Volarono sul più alto ramo del salice e questa volta dissero in coro: "Guarda un po' che sono verdi".

Non giudicare nessuno se prima non hai camminato un'ora nelle sue scarpe.

Bruno Ferrero 
(tratto da Quaranta Storie nel Deserto)

L' uccellino dalle ali colorate - P. Coelho



Se ami qualcuno lascialo libero. Se torna da te, sarà per sempre tuo, altrimenti non lo è mai stato.

Questa celebre citazione è spesso attribuita allo scrittore Richard Bach, ma a quanto pare la frase non risulta in nessuna delle sue opere. L'autore della frase, in realtà, è sconosciuto. Secondo alcuni, come per esempio Anthony De Mello , si tratterebbe di un proverbio di origine orientale.
 La frase è citata anche  nel film di Adrian Lyne  "Proposta indecente" del 1993.
Di sicura attribuzione a Paulo Coelho  è invece questo brano tratto dal romanzo "Undici minuti", che mi ha subito fatto venire in mente, a commento, la citazione sopra...


L'UCCELLINO DALLE ALI COLORATE...

C'era una volta un uccellino, con ali perfette e piume lucenti, colorate e meravigliose. 
Insomma un animale creato per volare in libertà nel cielo e rallegrare chiunque lo vedesse.
Un giorno una donna vide questo uccellino e se ne innamorò. 
Stupefatta, si fermò ad osservarne il volo con il cuore che batteva all'impazzata, e gli occhi brillanti di emozione. 
Lo invitò a volare vicino a lei e insieme vagarono attraverso i cieli e le terre in perfetta armonia. 
Lei ammirava venerava, celebrava quell’uccellino. 
Ma poi pensò: “E se volesse conoscere le montagne lontane?” 
Ebbe paura. Paura di non provare mai più quel sentimento con altri uccellini. 
E provò indivia: invidia per la sua capacità di volare.
Si sentiva sola. 
E allora si disse: “Preparerò una trappola. 
La prossima volta che arriverà, non potrà più andare via.”
L'uccellino, parimenti innamorato, tornò il giorno seguente, cadde nella trappola e fu imprigionato in una gabbia. 
Lei trascorreva ore a guardarlo, tutti i giorni. 
Era l'oggetto della sua passione e lo mostrava alle amiche, che dicevano: “Ma tu hai davvero tutto.”
Poi cominciò a verificarsi una strana trasformazione: visto che possedeva l'uccellino e non aveva più bisogno di conquistarlo, lentamente perse interesse per lui. 
E l'uccellino non potendo più volare ed esprimere il senso della propria vita, a poco a poco deperì. 
La lucentezza delle sue piume svanì e divenne brutto. 
La donna non gli prestava più attenzione, se non per nutrirlo e pulirgli la gabbia. 
Un giorno l’uccellino morì. 
Lei ne fu profondamente rattristata e iniziò a pensare sempre a lui. 
Tuttavia non si ricordava della gabbia, rammentava soltanto il giorno in cui lo aveva visto per la prima volta, mentre volava felice tra le nuvole.
Se avesse osservato se stessa, avrebbe scoperto che ciò che l'aveva colpita dell'uccellino era la libertà, l’energia delle sue ali in movimento e non il suo corpo fisico. 
Senza l'uccellino la sua vita perse di significato e la Morte andò a bussarle alla porta.
“Perchè sei venuta?” le domandò lei.
“Per farti volare di nuovo insieme a lui nel cielo”, rispose la Morte. 
“Se lo avessi lasciato partire e tornare, lo avresti amato e ammirato anche di più. 
Ora invece, hai bisogno di me per poterlo rincontrare.”

Paulo Coelho 
(tratto da "Undici minuti" )



QUASI UNA MORALITÀ- Umberto Saba


Meraviglioso occuparsi degli altri per lenire le proprie sofferenze, quale migliore balsamo, scordarsi un po’ di noi e concentrarsi su chi possiamo aiutare?
Anche occuparsi di piccoli passeri, può servire a riconciliarsi con se stessi e con il mondo, soprattutto quando in cambio ricevi quella gratitudine che allarga il cuore!
È assodato poi, che "dare" gratifica molto più che "ricevere"… provare e ancora riprovare, per credere! E se in cambio non otteniamo nulla, invece di diventare cinici, dobbiamo essere grati e rallegrarci per essere migliori di tanti esseri gretti che, purtroppo per l'umanità, ci sono in giro . 

QUASI UNA MORALITÀ

 Più non mi temono i passeri. Vanno
vengono alla finestra indifferenti
al mio tranquillo muovermi nella stanza.
Trovano il miglio e la scagliuola: dono
spanto da un prodigo affine, accresciuto
dalla mia mano. Ed io li guardo muto
(per tema non si pentano) e mi pare
(vero o illusione non importa) leggere
nei neri occhietti, se coi miei s'incontrano,
quasi una gratitudine.
Fanciullo
od altro sii tu che mi ascolti, in pena
viva o in letizia (e più se in pena) apprendi
da chi ha molto sofferto, molto errato,
che ancora esiste la Grazia, e che il mondo
- TUTTO IL MONDO - ha bisogno d'amicizia.

Umberto Saba


28 maggio 2014

UCCELLETTO - Arturo Graf



Anche oggi sarà un vivace cinguettio ad augurarci una buona giornata!

UCCELLETTO

In cima a un’antica pianta,
nel roseo ciel del mattino,
un uccelletto piccino
(Oh, come piccino!) canta.
Canta? Non canta: cinguetta.
Povera piccola gola,
ha in tutto una nota sola,
e questa ancora imperfetta.
Perchè cinguetta? Che cosa,
lo fa parer così giulivo?
S’allegra d’esser vivo
in quella luce di rosa.

 Arturo Graf
(Le rime della Selva-1906)

22 maggio 2014

UN UCCELLETTO - Robert Frost



Eh sì, qualcosa proprio non va se infastidisce il canto di un uccelletto... soprattutto, di mattina, quando cantando al nuovo giorno, ci risveglia dolcemente.
Sicuramente è molto più melodioso del fastidioso trillo della sveglia, quello sì che io trovo irritante!


UN UCCELLETTO

Proprio ho sperato che volasse via,
e non cantasse sempre davanti a casa mia;
gli ho battuto le mani dal limitare
quando non l’ho potuto più sopportare.
Mio in parte il torto dev’essere stato.
L’uccelletto non era stonato.

E qualcosa non va, qualcosa manca
in chi vuol far tacere uno che canta.

(Robert Frost 1874-1963)

21 maggio 2014

IL RICCIO - Nemesis Marina Perozzi


Grazie all'autrice che mi ha dato il consenso di pubblicare questa bella poesia, posso augurarvi la buonanotte con un diffidente riccio che non ne vuol sapere di farsi accarezzare...a domani,si spera!

IL RICCIO

Ogni volta che tento
Di avvicinarti,
come un riccio pungente,
mi respingi.

Tra i cespugli del mio giardino
Guardingo ti aggiri.
Mi osservi,
ti aspetti un cenno,
ma quando tendo la mano
diventi una palla acuminata
e fuggi via.
Impronte leggere
Sul soffice prato
L’unica traccia di te.

Non ti farei del male,
tu lo sai,
ma di me non ti fidi,
né delle mie promesse.
Ogni notte siedo in veranda
Ad aspettarti,
col respiro appeso a un filo,
per non fare rumore.
Poi ecco,ti scorgo arrivare.
Verde bottiglia i tuoi occhi
Tra il fogliame.
Incauto scricchiolio
Ti metterà in allerta.
Ancora una volta
Al mio silenzio parlo.

Riccio pungente,
fatti sfiorare.
Spine per la mia corona,
il tuo dorso acuminato.
Una carezza, stanne certo,
non potrò domarti,
né mai sarò, io,
la tua padrona.
Voglio solo assopirmi
Con te vicino,
tra il verde fogliame
del mio giardino.

Nemesis Marina Perozzi




BARZELLETTE...SPINOSE


Battute tanto,tanto pungenti...


Cosa fa un porcospino con un serpente? Del filo spinato!


Come si riproduce il riccio? Con molta, molta attenzione.


I sondaggi sociologici dimostrano che quando la gente si siede su un riccio, comincia a preoccuparsi solo del proprio sedere, nessuno si preoccupa del povero riccio!


L'altro giorno ho tolto una spina a un povero animale e questo, invece di ringraziarmi, ha cominciato a rincorrermi. Che ingrato! Per fortuna che corro più forte di un riccio.


"Ma che pelle morbida che hai" disse il porcospino sbattendo contro un cactus. 


"Tutti possono sbagliare" come disse il riccio scendendo dalla spazzola.



Se un riccio nasce liscio, fa la permante o si limita a mettere i bigodini?


Due settantenni s'incontrano ed uno inizia a parlare dei suoi numerosi acciacchi.
 L'altro l'interrompe sprezzante: "Io non ho bisogno del dottore, alla mia eta', mi sento ancora un leone! Lavoro come un mulo, mangio come un lupo, dormo come un ghiro e faccio l'amore come un riccio!"
 Il primo vecchietto lo ascolta piccato, poi acido ribatte: "No, mi sa che a te non serve un dottore, ma un veterinario!"




LA LEGGENDA DEL RICCIO DI MARE



Come nacque il riccio di mare?
Per amore, solo per amore...

LA LEGGENDA DEL RICCIO DI MARE

C'era una volta un riccio, intelligente e furbo ma molto timido.
Viveva nel suo bosco e aveva una bella tana alla base di un alto albero cavo.
Era ben voluto da tutti gli altri animali del luogo, aveva molti amici,non poteva certo lamentarsi della sua vita, ma in cuor suo sapeva che da qualche parte, chissà dove, doveva esserci qualcosa di più bello ed appagante.
E così un giorno decise di partire e di cercare oltre il limite del bosco.
Camminò per molto tempo, vide tante cose nuove e belle, conobbe tanti animali simpatici, qualche volta ebbe paura e voglia di tornare, ma non provò mai quell'emozione che era sicuro di poter trovare in qualche posto e così non si fermò.
Camminò e camminò ancora finchè un giorno giunse sul ciglio di una scogliera.
Davanti a lui c'era il mare, immenso e azzurro come il cielo sopra il suo bosco in una mattina di maggio.
Rimase fermo, immobile, a respirare quell'immensità per paura che un movimento avesse potuto far scomparire tutto.
Sentiva che il grande momento era vicino.
Sentiva che quello era il posto sognato tante volte.
Guardò in basso e laggiù sulla spiaggia vide un animale, non ne aveva mai visti così, non aveva paura dell'acqua, anzi ci giocava, si tuffava nelle onde e nuotava con una velocità ed una leggerezza insospettabili.
Faceva capriole, immersioni e salti.
Il riccio era certo che quell'animale gli avrebbe finalmente fatto provare quelle sensazioni che stava cercando.
Scese sulla spiaggia e si avvicinò al mare, aveva molta paura ma decise di non indietreggiare.
Dal mare la foca lo vide e ne fu incuriosita, così salì all'asciutto e si avvicinò al riccio il quale vedendola molto più grande di quel che sembrava dall'alto della scogliera, si appallotolò spaventato dentro alle sue spine.
La foca provò a farlo schiudere con dei colpetti di pinna ma non ottenne nulla e così si sdraiò al suo fianco e restò a guardare il tramonto.
La mattina dopo si svegliarono fianco a fianco e il riccio, che forse stava ancora sognando, si accostò alla foca la quale ne approfittò per sorridergli e strizzargli l'occhio.
Vissero insieme dei giorni stupendi, ma non perfetti, lei viveva più in mare che sulla terraferma e così i loro incontri erano intensi ma troppo brevi.
Il riccio era felice ma voleva di più, sapeva che solo vivendo accanto a lei in mare le cose sarebbero state perfette.
Così un giorno salì sullo scoglio più alto, vide la foca che volteggiava armoniosamente immersa nel mare trasparente, allora decise: si sarebbe buttato in mare, almeno per un attimo avrebbe potuto essere vicino a lei e gridarle il proprio amore.
Spiccò il salto e, mentre era in volo, d'incanto si trasformò in un riccio di mare che visse felice accanto alla sua foca nell'immensità dell'oceano.



Il dilemma del porcospino - A. Schopenhauer


IL DILEMMA DEL PORCOSPINO

Alcuni porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche e il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell'altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali. finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.
Così il bisogno di società, che scaturisce dal vuoto e dalla monotonia della propria interiorità, spinge gli uomini l'uno verso l'altro; le loro molteplici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l'uno lontano dall'altro. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.
A colui che non mantiene quella distanza, si dice in Inghilterra: keep your distance! − Con essa il bisogno del calore reciproco è soddisfatto in modo incompleto, in compenso però non si soffre delle spine altrui. − Colui, però, che possiede molto calore interno preferisce rinunciare alla società, per non dare né ricevere sensazioni sgradevoli. 

Arthur Schopenhauer-Danzica 1788 - Francoforte sul Meno 1860
(tratto da Parerga e Paralipomena, 1851)



IL RICCIO E LA LEPRE - Fratelli Grimm


Un cervello lesto vince sempre...


IL RICCIO E LA LEPRE

Un giorno il riccio permaloso stava facendo una passeggiata  in campagna quando incontrò la lepre.
La lepre che si sentiva fiera di essere veloce,  quando vide il riccio, così lo derise:
“Oh, povero riccio, con queste zampe ispide e storte, ti ci vuole un’intera mattinata per coprire metà della distanza che io copro in un minuto.”
Al riccio bastò sentire queste parole per esplodere di rabbia e rispondere stizzito:
“Le mie zampe sono buone quanto le tue, anzi sono migliori. Se facessimo una gara sicuramente vincerei io.”
La lepre, assolutamente certa di essere la più veloce della foresta, scoppiò a ridere:
“Ha ha ha ha! Una gara tra una lepre e un riccio? Allora facciamola subito. Se vinci, dirò a tutti che sei l’animale più veloce della foresta, ma se perdi dovrai venire ogni mattina a spazzolarmi la pelliccia e diremo a tutti che sei l’animale più lento della foresta.”
Il riccio ormai non aveva altra scelta che accettare la sfida, ma prese tempo per pensare a una soluzione che gli salvasse l'orgoglio:
“Dovremo aspettare un po’ perché non posso correre a stomaco vuoto. Andrò a casa a fare colazione e ci incontreremo qui fra mezz’ora per la gara.”
“Aspetterò”, rispose la lepre.
Mentre camminava lungo il sentiero che portava a casa, il riccio pensava a come  uscir fuori dal pasticcio in cui si era cacciato.
 “Come posso fare per battere la lepre? E’ veramente impossibile!”
Arrivato a casa, la moglie riccia notò la sua espressione preoccupata e gli chiese preoccupata: “Cosa c’è che non va, caro?”
Il riccio le raccontò di come la lepre l’avesse offeso prendendolo in giro per la sua lentezza.
 La  moglie ci pensò un pò su poi s'illuminò:
“Ho un’idea per dare una bella lezione alla presuntuosa lepre!
Farete la gara nel campo lungo e appena superata la linea di partenza, dopo che la lepre sarà schizzata via, tu andrai a nasconderti e al traguardo  la lepre troverà me a gridare Ce l'ho fatta,così avrai.
Visto che siamo praticamente indistinguibili di certo non noterà la differenza e così penserà che  l’ hai battuta."
“Che magnifica idea!” -esultò il riccio- "funzionerà di certo!"
Così il riccio tornò dalla lepre per disputare la sfida,mentre la moglie andava a nascondersi vicino al traguardo.
 Quando fu il momento di iniziare la gara nel campo lungo, la lepre disse al riccio:“Allora sei pronto?
“Quando sei pronta tu, lo sono anch’io.”
E così la lepre gridò:“Uno, due, tre, via!”
La lepre partì veloce come un fulmine, mentre il riccio fece solo due passi poi andò a nascondersi  in una buca,mentre la riccia usciva dal suo nascondiglio in tempo per gridare“Ho vinto”!
La lepre non riusciva a crederci, così volle ripetere la corsa:
“C’è qualcosa di sospetto in tutto questo. Rifacciamola!”
“La possiamo rifare quante volte vuoi”, disse la moglie del riccio e si posizionarono di nuovo.
“Uno, due, tre, via!”
Lesto l'altro riccio usciva dal nascondiglio e si riposizionava ad aspettare la lepre.
La lepre non voleva proprio darsi per vinta, quindi passarono tutta la mattinata a correre avanti e indietro e più la lepre si stancava, più i due ricci si divertivano.
Alla fine la lepre non ebbe più  fiato e dovette arrendersi umiliata e stremata.
Da quel giorno la lepre non si prese più gioco degli altri, né si vantò di essere l’animale più veloce della foresta.Tutto grazie alla furbizia dei ricci!

 Fratelli Grimm
Jacob Ludwig Karl Grimm (Hanau, 4 gennaio 1785 – Berlino, 20 settembre 1863) e Wilhelm Karl Grimm (Hanau, 24 febbraio 1786 – Berlino, 16 dicembre 1859) 


MIMI' LA VOLPE E IL RICCIO- R. La Capria


«La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande».

 Così declamava Archiloco, uno dei poeti lirici greci più antichi di cui si abbia notizia. Il frammento riassume la morale della favola "La volpe e il riccio" :  nonostante i numerosi e scaltri mezzi di cui è capace una volpe, non può nulla contro l’unica grande arma di difesa del riccio.
Morale della favola ovviamente applicabile sugli esseri umani, perchè l'astuzia può essere vinta da una prudente autodifesa, è meglio non fidarsi di certi volponi!
La volpe nelle fiabe è destinata a restare a muso asciutto:  nè uva nè riccio riesce a degustare, ma chissà perchè non fa minimamente pena...peccato solo che nella vita reale  le sue prede sono invece tante.

LA VOLPE MIMI' E IL RICCIO

Mimì la volpe dal pelo rosso si è appostata dietro un cespuglio di more. Ha sentito un lieve tramestìo sottoterra, poi anche quel rumore è cessato. La sua preda deve avere intuito il pericolo, qualcosa deve averla insospettita. Mimì la volpe si mimetizza, si finge morta e aspetta.
Nemmeno respira. Sa che la sua preda appena si sentirà sicura verrà fuori dal  nascondiglio e bisogna lasciarle tutto il tempo che le occorre per muoversi. Il tempo passa. Dopo una lunga paziente attesa appare all’imboccatura della tana un riccio. Deve attraversare uno spazio brevissimo per infilarsi in un altro cunicolo buio più avanti ma si guarda intorno circospetto, esamina il terreno, si ritrae di nuovo nella tana, riemerge esitando. Che animale prudente, che animale compunto, pensa la volpe. Razza nostrana di  roditori da sottobosco che non amano camminare allo scoperto. Preferisce i suoi tortuosi labirinti sotterranei, anche a costo di scavarseli con le unghie e coi denti. Avrà le sue buone ragioni per evitare di mostrarsi alla luce del sole, comunque non lo invidio. Intanto il riccio si è deciso, eccolo finalmente all’aperto. Sembra appena uscito dal letargo, è goffo, lento, impacciato. Mimì la volpe fa un bel balzo e zac! Ma il riccio in un attimo si è trasformato in una palla spinosa. La volpe lancia un urlo di sorpresa e di dolore e con la bocca sanguinante si allontana.
Che strano animale! - pensa la volpe senza darsi per vinta. Deve avere una carne prelibata se la natura gliela protegge così bene. Sarà molto meglio della carne di una talpa o di quella di  un uccello. Come mi piacerebbe assaggiarla per sapere che sapore ha!
E fiduciosa delle proprie risorse Mimì la volpe dal pelo rosso escogita e mette in atto mille artifici, trucchi, espedienti, uno più ingegnoso e sottile dell’altro, per catturare il riccio e divorarlo. Eppure ogni volta il riccio si appallottola e così appallottolato risulta imprendibile.
 Dopotutto un riccio non vale tanto spreco di trovate e neppure tanta ostinazione, dice a se stessa la volpe per consolarsi. E stanca degli innumerevoli, inutili stratagemmi che si concludono sempre allo stesso modo, decide di lasciarlo perdere, quell’ottuso animale.

Raffaele La Capria
(tratto da: Fiori giapponesi - Mondadori, 1989)




FATE ATTENZIONE AI PICCOLI RICCI


ATTENZIONE c'è un appello molto particolare dal mondo animale!

E' il periodo in cui iniziano a circolare i piccoli ricci, quindi prestate particolare attenzione a non ucciderli inavvertitamente: sono tanti infatti ogni anno i ricci investiti dalle auto, feriti da tagliaerba e falciatrici, caduti nelle piscine o altro ancora.Come sappiamo il riccio è un animale d’indole poco socievole, ma nei mesi che vanno da aprile a luglio, sente il richiamo dell’amore .



Allora va in cerca di una compagna per poi andarsene subito dopo l'accoppiamento; quindi sarà la femmina a occuparsi da sola dei piccoli che nasceranno dopo circa trentacinque giorni di gravidanza.
 In genere nascono da quattro a sette riccetti con gli aculei che non pungono: crescendo sarà la cheratina ( la stessa proteina che gli esseri umani hanno nei capelli e nelle unghie) a renderli  duri e taglienti.   


Alla nascita i ricci sono ciechi e sordi, quindi facile preda dei carnivori come volpi, tassi, civette e la mamma deve proteggerli da vari predatori tra cui lo stesso riccio maschio che, talvolta, divora i piccoli della propria specie. Anche le madri possono mangiare il nido se insidiato ma, fortunatamente molto più spesso si limitano a trasferirlo altrove.
 Dopo quattro settimane i piccoli sono già in grado di lasciare la tana e andarsene in giro.


Il riccio ha abitudini crepuscolari e notturne, mentre durante il giorno si nasconde nella propria tana di paglia e foglie, situata nelle cavità dei tronchi, sotto le rocce o nei cespugli. Procede sul terreno lentamente, esplorando e fiutando qualsiasi oggetto che incontra.
Il riccio è un buon nuotatore, un abile arrampicatore e soprattutto un eccellente camminatore: addirittura arriva a percorrere ogni notte fino a dieci km per procurarsi il cibo. Ha anche un finissimo udito attraverso il quale percepisce il suono dei movimenti delle sue potenziali prede persino sottoterra.
 La vista invece è debole, al massimo ha un campo visivo di una decina di metri, in compenso, però vede di notte.


Caratteristico è il suo modo di difendersi: al minimo rumore sospetto l'animale fa un salto sulle quattro zampe per colpire con gli aculei qualsiasi cosa si trovi vicino, poi si appallottola stretto, nascondendo capo e zampe, trasformandosi in una sfera spinosa difficilmente attaccabile; adotta la stessa tattica anche quando gli succede di cadere da un muro o di scivolare lungo un pendio, evitando in tal modo di ferirsi.In condizioni di tranquillità invece gli aculei sono morbidi ed è possibile toccarli e accarezzarli senza problemi.


Mammifero della Famiglia Erinaceidi è diffuso in Europa, Asia e Africa.
Vive nella macchia e nei boschi sia in pianura sia in montagna al di sotto dei 1600 metri, ma si può trovare anche in campi, praterie e giardini.
Misura circa una trentina di centimetri ed è la femmina ad avere la stazza superiore.
La sua dentatura è completa, formata da 44 denti aguzzi e taglienti, ed è particolarmente adatta a triturare gli insetti.
In natura la sua vita raramente supera i 3-4 anni, in cattività può invece raggiungere i 6-10 anni di vita.


Il riccio, durante la stagione fredda trova un luogo perfettamente riparato e dove essere al sicuro e si appallottola. Riduce le sue funzioni corporee come battito cardiaco e calore e va in letargo e si risveglierà solamente dopo quattro o addirittura sei mesi, periodo in cui si nutrirà del grasso accumulato in precedenza.
Nei paesi a clima temperato può restare attivo per tutto l'anno. 


Il riccio è un animale praticamente onnivoro,pur appartenendo all'ordine degli insettivori . Predilige, infatti, tutti i tipi d’insetti, rane, lumache, ragni, vermi e uova di uccelli e può arrivare a mangiare uccelli di piccola taglia, topi e persino serpenti: l'animale non teme infatti i  loro morsi, in quanto i denti veleniferi sono più corti degli aculei e raramente riescono a penetrare il rivestimento di peli ispidi che lo protegge. In caso di necessità, i ricci mangiano senza problemi anche ghiande, bacche, frutta, e altro materiale di origine vegetale.


In Europa quella dei ricci è una specie protetta dalla legge: non può essere cacciato e nemmeno portato al di fuori del suo ambiente naturale, nel caso a qualcun venisse la tentazione di catturarlo come animale domestico. È previsto che possa essere invece soccorso e trattenuto per brevi periodi in caso di necessità, ad esempio se fosse visto vagare durante le stagioni fredde. Il riccio, infatti, può superare il letargo solo raggiunti gli 800 grammi di peso; è difficile, invece, che un giovane riccio di 350-400 grammi riesca a superare il periodo di letargo e quindi corre il rischio concreto di morire d' inedia se non viene accudito.


                          
Si può anche creare in giardino un ambiente adatto a ospitarlo in piena libertà nel caso vi capitasse, cosa che per voi sarebbe molto positiva, poiché vi libererebbe di tanti indesiderati animali.
Evitate dunque pesticidi e concimi chimici e fate sempre molta attenzione quando pulite il giardino nelle zone con foglie e rametti secchi dove il riccio potrebbe aver fatto la tana.


Nell' alimentazione dei ricci domestici è consigliabile alternare verdura, frutta e carne cotta. Devono essere evitati insaccati, latte e derivati, alimenti di cui va molto ghiotto ma dannosi per il suo metabolismo.
Adorano l'acqua fresca ed è per questo motivo che le piscine possono rappresentano per loro un grosso rischio.


Il riccio adulto di norma è selvatico e quindi non si fa prendere in mano volentieri, si chiude a palla e soffia. Se la situazione richiede che lo prendiate in mano, usate un paio di guanti: vi proteggeranno nel caso acuminasse le spine e proteggerete anche lui dall'abituarsi al vostro odore: il riccio deve restare il più selvatico possibile, anche se sono in grado di affezionarsi (e molto) alle persone. 
Dopo l’ampia presentazione, i ricci ringraziano per l'attenzione, certi che non resterete indifferenti al loro appello!



Il RICCIO

Il riccio è assai carino
ha un muso piccolino
e intorno tanti aghetti
contro chi gli fa i dispetti.

Lui va per la campagna
cammina e non si lagna.
Attento deve stare
quando deve attraversare.

Il riccio è assai carino
ha il muso sbarazzino.
In macchina dirai:
babbo attento al riccio sai!


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