La “luce cenerina” della candelora oggi si illumina sulle nostre gole.
Il 3 febbraio è dedicato alla memoria di San Biagio: protettore dei cardatori, dei materassai, dei laringoiatri, dei suonatori di strumenti a fiato, degli animali e delle attività agricole e viene invocato anche contro i dolori e le malattie della gola.
SAN BIAGIO
Poco si conosce della vita di San Biagio,
notizie sul Santo si possono riscontrare nell’agiografia di Camillo Tutini, che raccolse numerose testimonianze
tramandate oralmente.
San Biagio visse in Armenia (Asia Minore), tra il III e il IV secolo
d.C. e morì decapitato nel 317.
Nato da una famiglia nobile e cresciuto
come cristiano, divenne vescovo di Sebaste, l’odierna città di Sivas, che al tempo di San Biagio era una
provincia romana.
Esperto di medicina e uomo retto e
probo, quando comincia la persecuzione dell’imperatore Licinio, prima larvata, poi sempre più
violenta, fugge dalla città.
Rifugiandosi in una grotta sui monti, seguita
a svolgere in segreto la sua opera di vescovo al notevole afflusso di fedeli
che si recava da lui per ricevere aiuto e consiglio.
La leggenda narra inoltre che, mentre
stava volontariamente recluso sui monti, gli animali selvatici andassero a
visitarlo procurandogli addirittura il cibo necessario alla sopravvivenza.
San Biagio li ricambiava con amore e curandoli se malati o feriti.
San Biagio li ricambiava con amore e curandoli se malati o feriti.
Fu proprio la gran
quantità di animali selvatici che sostava nei pressi del rifugio del Santo, ad
attirare l’attenzione di due cacciatori in cerca di fiere da catturare per i
combattimenti contro i cristiani nel circo.
Fu così scoperto e denunciato ai romani.
Fu così scoperto e denunciato ai romani.
Seguace di Gaspar de Crayer, Martirio di S. Biagio, XVII sec., collezione privata
Fu dunque imprigionato e, reo di non
aver rinnegato la sua fede in Cristo, dopo una lunga flagellazione fu sospeso a
un palo di legno dove, con pettini di ferro da cardatori, gli scorticarono la
pelle e lacerarono le carni: da questo divenne il Santo protettore dei
cardatori e dei materassai.
Dopo le torture fu gettato in fondo a un
lago ma fu salvato da due angeli lo riportarono sano e salvo a riva e allora
decisero di decapitarlo.
Il corpo di san Biagio fu sepolto nella
cattedrale di Sebaste fino a quando, nel 732, parte dei suoi resti mortali, furono deposti in un'urna di marmo e
imbarcati alla volta di Roma, insieme alle ossa di San Macario.
Secondo la tradizione, la nave
proveniente da un porto orientale, si arenò a causa di una tempesta presso
l'isolotto di S. Janni sulla costa
di Maratea. Gli abitanti del luogo raggiunsero l'imbarcazione per portare soccorso
all’equipaggio e trovarono le sacre reliquie conservate in un’urna marmorea.
Per custodire i sacri resti, i fedeli
costruirono una basilica sull’alto di quel monte che ora conosciamo come monte
San Biagio.
Monte San Biagio –
Maratea
A Maratea, località lucana di cui il
santo vescovo è ovviamente patrone, San Biagio è celebrato nella II domenica
di Maggio, data in cui ricorre dell’arrivo per mare delle sue
reliquie. Il santuario è famoso per il miracolo
della manna, cioè un liquido di colore giallognolo,
che trasuda da una sua statua e dalle pareti della cappella dove sono custodite
le sue reliquie e che papa Pio IV, nel 1562, riconobbe
come miracoloso. Nella Regia Cappella dedicata al santo, vi è anche una palla di
ferro sparata dai cannoni francesi durante
l'assedio del dicembre 1806, su cui sono ben visibili delle impronte che, secondo la tradizione,
sarebbero quelle delle dita della mano destra con cui San Biagio fermò la
palla, impedendole di esplodere.
Nel maggio 1941 una ricognizione canonica delle reliquie, accertò a Maratea la presenza di
parte del cranio, del torace, di un braccio e del femore del santo armeno, ma
un gran numero di località sparse vantano di possedere frammenti del corpo del
santo, dovuto all'antica usanza di sezionare i corpi dei santi e distribuirne
le parti per soddisfare le richieste dei fedeli.
Basilica di San Biagio –
Maratea
Il santo in questione fu reputato un taumaturgo ancora in vita, si racconta ad esempio che, con la sola parola, convinse un lupo a restituire il maiale che aveva predato ad una povera donna sola, cui il maialino teneva compagnia.
Il miracolo più
famoso resta comunque quello della lisca di pesce.
Mentre era in carcere, dove non cessava
l’afflusso di fedeli, si recò a trovarlo una donna disperata, in braccio il suo
bambino che stava soffocando a causa di una spina di pesce che gli si era
conficcata in gola. Biagio non si perse d'animo, fatto il
segno della Croce sul bambino e rivolta al Signore una breve preghiera, prese
un pezzo di pane e lo fece inghiottire al moribondo. La mollica portò con sé la
lisca e il piccolo riprese a respirare normalmente.
La donna per
gratitudine gli donò dei ceri per illuminare il buio della sua cella. Per
questo, san Biagio è invocato come patrono della gola e viene rappresentato con
le insegne episcopali e con due ceri. In ricordo di questo episodio, il 3 febbraio, giorno della festa di San Biagio, si usa mangiare del pane benedetto e
farsi benedire la gola toccandola con due candele incrociate.
Numerosi furono i miracoli attribuitigli
anche dopo la morte.
In Albania, a Durazzo nel
monastero dedicato a San Biagio, durante la prima metà del
XX secolo, secondo migliaia di testimoni vi sarebbe
avvenuto il miracolo di una roccia dalla quale sgorgava olio con effetti
curativi per i credenti. Tale monastero è tuttora meta di pellegrinaggio da
parte di numerosi fedeli musulmani e cristiani.
Non è chiaro invece come la storia di Biagio si leghi a Milano e al suo più rappresentativo dolce, il panettone, poiché il santo non vi era mai stato, eppure, addirittura, sulle guglie del Duomo una delle statue lo raffigura.
Una spiegazione potrebbe essere trovata
in una storia che si tramanda di secolo in
secolo: una donna milanese qualche giorno prima di Natale portò a un frate di
nome Desiderio un panettone
dentro un sacco affinché lo benedicesse. Il frate era però troppo indaffarato e
quindi chiese alla donna di passare a riprenderlo tra qualche giorno.
Di giorni ne passarono tanti senza che
la donna tornasse a ritirare il panettone benedetto e fra Desiderio, forse
pensando che se ne fosse completamente dimenticata, iniziò a mangiarne un
pezzetto per volta fino ad accorgersi che l’aveva finito proprio tutto. Il
frate a questo punto si dispera e inizia a sperare in cuor suo che la donna non
torni davvero più.
Così però non fu e la donna si
ripresentò a reclamare il panettone il 3 di febbraio.
Andrea Casella, Martirio di S. Biagio, 1662, chiesa di S. Rocco, Lugano
Il povero frate era in preda alla
vergogna e mentre andava a prendere l’involucro vuoto, pronto a confessarle il
suo peccato di gola, con grande meraviglia si accorse che il sacco non era per
nulla vuoto, ma che anzi conteneva un panettone grosso il
doppio di quello che la donna gli aveva lasciato.
Lo strabiliato Fra Desiderio, non si sa il
perché, non ebbe dubbi nell’attribuire il miracolo a San Biagio.
Il Natale dell'anno successivo molti
milanesi portarono a Desiderio i loro panettoni da benedire, sperando di
vederli moltiplicati.
Il miracolo però non si ripeté, quindi
Desiderio si limitò a benedire tutti i panettoni, consigliando ai fedeli di
lasciarne da parte un po’ da consumare il 3 febbraio, in sostituzione del pane
benedetto. Negli anni l'usanza si radicò e anche se oggi non si usa più farli
benedire, la mattina del 3 febbraio, a Milano si usa fare la prima colazione
con il panettone, sperando serva a proteggere la gola dai malanni invernali e
non solo.
San
Biagio fa parte dei quattordici cosiddetti santi
ausiliatori, ossia, quei santi invocati per la
guarigione di mali particolari.
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