12 febbraio 2017

IL BUCANEVE - H. C. Andersen






Leggendo "Il bucaneve", la favola di Hans Christian Andersen pubblicata la prima volta nel dicembre del 1862, vien necessariamente da pensare quanto sia importante, nella vita, saper aspettare il momento giusto... 

IL BUCANEVE

Era inverno, l'aria era fredda, il vento tagliente, ma in casa si stava bene e faceva caldo e il fiore stava in casa, nel suo bulbo sotto la terra e sotto la neve.
 
Un giorno cadde la pioggia, le gocce passarono attraverso la coltre di neve fino alla terra, toccarono il bulbo del fiore, gli annunciarono il mondo luminoso di sopra; presto il raggio di sole, sottile e penetrante, passò attraverso la neve fino al bulbo e bussò.
 
"Avanti!" disse il fiore.
 
"Non posso" rispose il raggio, "non ho abbastanza forza per aprire, diventerò più forte in estate".
 
"Quando verrà l'estate?" domandò il fiore, e lo domandò ancora ogni volta che un raggio di sole arrivava laggiù. Ma doveva passare ancora tanto tempo prima dell'estate, la neve era ancora lì e ogni notte l'acqua ghiacciava.
 
"Quanto dura!" disse il fiore. "Io mi sento solleticare, devo stendermi, allungarmi, aprirmi, devo uscire! Voglio dare il buongiorno all'estate, sarà un tempo meraviglioso!".
Il fiore si allungò e si stirò contro la scorza sottile che l'acqua aveva ammorbidito, la neve e la terra avevano riscaldato, il raggio di sole aveva punzecchiato; così sotto la neve spuntò una gemma verde chiaro, su un gambo verde, con foglie grandi che sembravano volerla proteggere. La neve era fredda, ma tutta illuminata, ed era così facile passarci attraverso, e sopraggiunse un raggio di sole che aveva più forza di prima.
"Benvenuto, benvenuto!" cantavano e risuonavano tutti i raggi, e il fiore si sollevò oltre la neve nel mondo luminoso. I raggi lo accarezzarono e lo baciarono, così si aprì tutto, bianco come la neve e adorno di striscioline verdi. Piegava il capo per la gioia e l'umiltà.
"Bel fiore" cantavano i raggi, "come sei fresco e puro! Tu sei il primo, l'unico, sei il nostro amore. Tu annunci l'estate, la bella estate in campagna e nelle città. Tutta la neve si scioglierà; i freddi venti andranno via. Noi domineremo. Tutto tornerà verde, e tu avrai compagnia, il lillà, il glicine e infine le rose; ma tu sei il primo, così delicato e puro!".
Era proprio divertente. Era come se l'aria cantasse e risuonasse, come se i raggi di sole penetrassero nei suoi petali e nel suo stelo; lui era lì, così sottile e delicato e facile a spezzarsi, eppure così forte, nella sua giovanile bellezza, era lì in mantello bianco e nastri verdi, e rendeva lode l'estate. Ma doveva ancora passare tempo prima dell'estate; nuvole nascosero il sole, e venti taglienti soffiarono sul fiorellino.
"Sei giunto troppo in anticipo!" dissero il vento e l'aria. "Noi abbiamo ancora il potere, ti dovrai adattare! Avresti dovuto rimanere chiuso in casa, non correre fuori per farti ammirare, non è ancora tempo".
C'era un freddo pungente! I giorni che vennero non portarono un solo raggio di sole, c'era un freddo tale che ci si poteva spezzare, soprattutto un fiorellino tanto delicato. Ma in lui c'era molta più forza di quanto lui stesso sospettasse, era la forza della gioia e della fede per l'estate che doveva arrivare, che gli era stata annunciata da una profonda nostalgia e confermata dalla calda luce del sole; quindi resistette con la sua speranza, nel suo abito bianco sopra la neve bianca, chinando il capo quando i fiocchi cadevano pesanti e fitti, quando i venti gelidi soffiavano su di lui.
"Ti spezzerai!" gli dicevano. "Appassirai, gelerai! Perché hai voluto uscire? perché non sei rimasto chiuso in casa? Il raggio di sole ti ha ingannato. E adesso ti sta bene, fiorellino che hai voluto bucare la neve!".
"Bucaneve!" ripeté quello nel freddo mattino.
"Bucaneve!" gridarono alcuni bambini che erano arrivati in giardino, "ce n'è uno, così grazioso, così carino, è il primo, l'unico!".
Quelle parole fecero bene al fiore, erano come caldi raggi di sole. Il fiore, preso dalla sua gioia, non si rese neppure conto d'essere stato colto; si ritrovò nella mano di un bambino, venne baciato dalle labbra di un bambino, poi venne portato in una stanza riscaldata, osservato da occhi affettuosi, e messo nell'acqua: era così rinfrescante, così ristoratrice, e il fiore credette improvvisamente di essere entrato nell'estate.
La fanciulla della casa, una ragazza carina che era già stata cresimata, aveva un caro amico che pure lui era stato cresimato e che ora studiava per trovarsi una sistemazione. "Sarà lui il mio fiorellino beffato dall'estate!" esclamò la fanciulla; prese quel fiore sottile e lo mise in un foglio di carta profumato su cui erano scritti dei versi, versi su un fiore che iniziavano con "fiorellino beffato dall'estate" e finivano con "beffato dall'estate".
"Caro amico, beffato dall'estate!". Lei lo aveva beffato d'estate.
Tutto questo venne scritto in versi e spedito come lettera; il fiore era là dentro e faceva proprio scuro intorno a lui, scuro come quando stava nel bulbo. Il fiore viaggiò, finì nel sacco della posta, fu schiacciato, premuto; non era per nulla piacevole, ma finì.
Il viaggio terminò, la lettera fu aperta e letta dal caro amico; lui era molto contento, baciò il fiore che fu messo insieme ai versi in un cassetto, con tante altre belle lettere che però non avevano un fiore; lui era il primo, l'unico, proprio come i raggi del sole lo avevano chiamato: com'era bello pensarlo!
Ebbe la possibilità di pensarlo a lungo, e pensò mentre l'estate finiva, e poi finiva il lungo inverno; e venne ancora l'estate, e allora fu tirato fuori. Ma il giovane non era affatto felice; afferrò i fogli con violenza, gettò via i versi, e il fiore finì sul pavimento, piatto e appassito; non per questo doveva essere gettato sul pavimento! Comunque meglio lì che nel fuoco, dove tutti i versi e le lettere andarono a finire. Che cosa era successo? Quello che succede spesso. Il fiore l'aveva beffato, ma quello era uno scherzo; la ragazza l'aveva beffato, e quello non era uno scherzo; lei si era trovato un altro amico durante l'estate.
Al mattino il sole brillò su quel piccolo bucaneve schiacciato che pareva dipinto sul pavimento. La ragazza che faceva le pulizie lo raccolse e lo infilò in uno dei libri appoggiati sul tavolo, perché credeva fosse caduto da lì mentre lei faceva le pulizie e metteva in ordine. Il fiore si trovò di nuovo tra versi stampati e questi sono più distinti di quelli scritti a mano, per lo meno sono più costosi.
Così passarono gli anni e il libro restò nello scaffale; poi venne preso, aperto e letto; era un bel libro: erano versi e canti del poeta danese Ambrosius Stub, che certo vale la pena di conoscere. L'uomo che leggeva quel libro voltò la pagina. "Oh, c'è un fiore!" esclamò, "un bucaneve! E' stato messo qui di certo con un preciso significato; povero Ambrosius Stub! Anche lui era un fiore beffato, una vittima della poesia. Era arrivato troppo in anticipo per il suo tempo, perciò subì tempeste e venti pungenti, passò da un signore della Fionia all'altro, come un fiore in un vaso d'acqua, come un fiore in una lettera di versi! Fiorellino, beffato dall'estate, zimbello dell'inverno, vittima di scherzi e di giochi, eppure il primo, l'unico poeta danese pieno di gioventù. Ora sei un segnalibro, piccolo bucaneve! Certo non sei stato messo qui per caso!".
Così il bucaneve fu rimesso nel libro e si sentì onorato e felice nel sapere di essere il segnalibro di quel meraviglioso libro di canti e nell'apprendere che chi per primo aveva cantato e scritto di lui, era stato anche lui un bucaneve, beffato dall'estate e vittima dell'inverno. Il fiore capì naturalmente tutto a modo suo, esattamente come pure noi capiamo le cose a modo nostro.
               
   Hans Christian Andersen


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