NELLO SGUARDO È GIÀ LA VIOLENZA
alle mie nipoti, alle mie piccole donne
“Dallo sguardo ho imparato
che le regole non sono le stesse:
subito, insieme alla paura e alla colpa,
per ciò che è possibile e non è possibile fare
per noi cui proprio a partire da questo
è chiesto di più nel silenzio e nella repulsa.
Così con quello sguardo anch’io ho imparato
a trattarmi- ed è questa, la seconda,
l'offesa più duratura - ad entrare
e ad uscire nell’imposizione di un mondo
che misura ancora per fiocchi, la cui impotenza
si sconta, si struttura però sulla forza
che solo il nostro trasporto sa dare”.
Questo ieri mia moglie mi ha detto
a proposito di questa poesia.
E so che è vero, che da qui ha inizio
il cammino all'indietro quando i conti non tornano
e che può farci padroni - se dell’amore vediamo il recinto
nel consumo di un confuso possesso.
Scudo- o menzogna del ruolo,
che forse sopravvive un po’ in tutti gli uomini-
e dietro cui più d’uno è pronto a colpire
quando del femminile l’immagine poi non risponde.
Così, penso che una vera risposta
da qui deve partire: dallo sguardo
che piuttosto a sé l’uomo deve volgere
nella comprensione di ciò che in lui accade
affermandolo nell’incontro e nel desiderio;
nel mattone che lo può costruire o costringere
in quella chiusa da cui indietro-e questo piangiamo-
spesso da solo non torna.
Percorso però che insieme si compie-
al riconoscimento e al rispetto anche le donne
educandoci: le nuove madri finalmente
rompendo quel silenzio che da adulto
il proprio figlio può armare.
Gian Piero Stefanoni
Nessun commento:
Posta un commento