Quanto dolore fisico e morale si può infliggere a una donna. Così tanto ch'è umanamente difficile riuscire a non farsi distruggere, anche se le donne sono forti, son fatte per sopportare i dolori del parto e di conseguenza hanno dovuto fortificare la loro tempra e abituarsi a difendersi da sole. Purtroppo, però, non sempre riescono a sottrarsi alla forza bruta di prevaricatori che le vorrebbero striscianti ai loro piedi, pronte a scattare a ogni loro desiderio e prigioniere di un incubo!
UN SUSSULTO
Un sussulto, concediti un sussulto
di dignità, di misericordia:
non sono carne da godere o da macello
sono creatura, come te
contraddittorio impasto
di cielo e di terra, di miele e di dolore.
Devi accettarmi, non plasmarmi
-come argilla il vasaio-
sono pesanti le tue mani
magli che illividiscono
e spaccano la pelle, aprono rivoli
di sangue, lacrime ed orrore.
Non appartengo a te
né a nessun altro, sappilo:
io sono della stessa materia delle stelle
degli acini che si gonfiano nel grappolo
della linfa che vivifica i tronchi
e fiorisce gemme a primavera.
La mia anima è ovunque, credilo:
nelle maree lievitate dalla luna
nei movimenti delle posidonie sui fondali
nel frullìo d’ali degli uccelli
nel vibratile sussurro della neve.
Non è forza la tua, è solo debolezza
vigliacca, che m’umilia e t’umilia
che recide ogni filo della trama
tessuta un giorno insieme.
Perché l’anima, sai, non si possiede
non si possiede mai.
E questo corpo su cui cantasti
un giorno, forse, una canzone d’amore
è diventato una sfida e una prigione.
E’ sbocciato l’odio nel mio cuore
e lo coltivo come fosse un fiore.
E mi ripeto che questa non è vita
è un cadavere senza sepoltura
un incubo perverso e allucinante
l’inferno, senza averne colpa.
Maria Gisella Catuogno
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