PER LA DONNA – (non violenza)
Vengono alcuni giorni in cui parole
sono grumi di lacrime, di lutto,
s’illividisce il cielo perché spezza
ogni dolcezza il segno di violenza,
che brucia contro il ventre.
La casa era tutta tua, è tutta tua ancora,
anche nella tua assenza inaspettata,
ed io disperdo le mie mani
tra i ninnoli che non hanno più valore.
Timidamente il polso, per quelle aritmie
che hanno sospeso a tratti il mio affanno,
quelle aritmie improvvise che hanno atterrito
tutta la poesia della nostra vita,
scardina il pianto di promesse
e sventure,
tra lamento e disperati agganci.
Forse l’orizzonte offre la stella mattutina
dai falsi contorni per ricattare la carne,
modulando le ore che lasciammo
per approdi del flauto,
o a raccattare le più che povere stagioni
tremando per le mani indispettite.
Nessuna epifania conosce il gioco
inciso nella tua verginità.
Ti lascerò distribuire il sangue
rifiutando pensieri,
doglianze del tuo piccolo ventre,
ormai più avvezzo allo scherno che ai riflessi.
Anche il trillo del vuoto è un’illusione
di altri tempi e guizzi, ultima frattura
a scaglie di ripetizioni,
belva semiaperta a mutamenti,
rincorre lampeggi segregati nell’agguato.
Il mio strappo ha l’intreccio
delle tinte roventi, delle attese,
ed ecco che le arterie inceppano
disperate filiere
secondo impasti che fan conto del sempre,
nel crepitio dei fiotti d’ombra,
ed insistono gli abbracci per fondere il cerchio,
là dove ancora sembra intatta
la punta del pensiero,
dove era scritto che la carne in discesa
maliziosamente rimetteva il verso giusto
condividendo il medesimo guizzo
delle incisioni.
Scontro per le inflessioni della voce
e nel piegarti ogni infame figura tinge il rosso.
(dal wweb)
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