18 aprile 2014

SIMONE DI CIRENE - Khalil Gibran



Simone di Cirene, detto anche il Cireneo, secondo quanto riportano i Vangeli, è l'uomo che aiutò Gesù a trasportare la croce sul Calvario, la collina appena fuori le mura di Gerusalemme dove avvenivano le crocifissioni e conosciuta anche come Golgota (in entrambi i casi, il significato è "luogo del cranio", rispettivamente in latino e aramaico).
Gesù, ormai stremato dalla flagellazione, dalle torture lungo il percorso e dal peso della trave, vacillava ad ogni passo rischiando di stramazzare al suolo e non rialzarsi più.
Il centurione romano incaricato di portare a termine l'esecuzione, allora obbligò il primo che gli capitò a trasportare la croce in sua vece.
 Costui era, appunto, Simone di Cirene, molto probabilmente un pagano di ritorno dal lavoro in campagna che, ovviamente, non era per niente contento di sobbarcarsi quel peso.
 Il servizio forzato prestato a Gesù, però produsse miracolosi effetti, poiché lui e tutta la sua famiglia diventarono cristiani.
Diversi "Atti dei martiri" affermano, infatti, che Simone di Cirene fu consacrato vescovo da Pietro e predicò in Spagna, poi ritornato a Gerusalemme, si spense serenamente in tarda età.
I suoi figli Alessandro e Rufo morirono invece martiri in Spagna, dove anch'essi si erano recati per diffondere la parola del Signore.
Il Cireneo è quindi diventato il simbolo di colui che, volente o nolente, si carica del peso altrui.

Il suo incontro con Cristo è ricordato nella V stazione della Via Crucis.



SIMONE DI CIRENE

"Mi stavo incamminando verso i campi, quando lo vidi portare la Sua croce; e lo seguiva una gran folla.
Allora anch'io camminai al suo fianco.
Quel pesante fardello lo costrinse a fermarsi più di una volta, perché il suo corpo era stremato.
Allora mi si avvicinò un soldato romano, e disse: "Tu, che sei saldo e robusto, porta la croce di quest'uomo".
A quelle parole il cuore mi si gonfiò nel petto e provai gratitudine.
E portai la Sua croce.
Era pesante, fatta di pioppo impregnato di piogge invernali.
E Gesù mi guardò. E il sudore della fronte gli scorreva sulla barba. Ancora mi guardò, e disse: "Bevi anche tu questo calice? Vi accosterai le labbra insieme a me fino alla fine dei tempi". Così dicendo pose la mano sulla mia spalla libera. E procedemmo insieme verso la Collina del Cranio.
Ma io non sentivo più il peso della croce. Sentivo solo la sua mano. Come ala di uccello sulla mia spalla.
E arrivammo in cima alla collina, e là dovevano crocifiggerlo. Fu allora che avvertii il peso della croce. Non disse parola mentre gli conficcavano i chiodi nelle mani e nei piedi, e dalle sue labbra non uscì lamento.
E non tremarono le Sue membra sotto il martello.
Sembrava quasi che le Sue mani e i Suoi piedi fossero morti, per rivivere solo nel bagno di sangue. E Lui sembrava desiderare quei chiodi, come un principe desidera lo scettro, e sembrava implorare che lo innalzassero alle vette. E il mio cuore non lo compiangeva: ero troppo preso da meraviglia.
Ora, l'uomo al quale ho portato la croce è divenuto la mia croce.
Se mi dicessero ancora: "Porta la croce di quest'uomo", io la porterei fino a quando la mia strada si chiudesse nel sepolcro.
Ma gli chiederei di tenermi la mano sulla spalla.
Accadde molti anni fa; e ancora oggi, seguendo i solchi del campo, e in quel sopore che precede il sonno, rivolgo spesso il pensiero a quell'uomo che amo. E sento la sua mano alata, qui, sulla spalla sinistra."

Khalil Gibran
(da "Jesus the Son of Man" )





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