Il 25 novembre è la “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne“: giornata istituita nel 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare i governi di tutto il mondo a questo drammatico problema.
Impressionanti sono, infatti, i dati che riguardano le donne che subiscono abusi e maltrattamenti: nella sola Italia una donna su tre tra i sedici e i settanta anni è stata vittima nella sua vita dell’aggressività di un uomo. Sei milioni 743 mila quelle che hanno subito violenza fisica e sessuale, secondo gli ultimi dati Istat e ogni anno sono uccise in media 100 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex.
Vittima rappresentativa di violenza cosiddetta domestica, che oggi voglio ricordare, la poetessa afghana Nadia Anjuman,massacrata a bastonate, a Heratil 4 novembre 2005 dal marito, Farid Anjuman, per aver pubblicato e declamato in pubblico poesie con cui descrive la repressa condizione di donna, tratte dal suo libro “Fiore rosso scuro”, scritto prima del matrimonio.
Durante il regime dei talebani, quando alle donne era proibito studiare e lavorare, Nadia faceva parte del cosiddetto "circolo del cucito" della città, che tre volte a settimana si riuniva presso la finta "Scuola di cucito ago d'oro" dove un professore dell'università insegnava quello che alla luce del sole poteva fare in quel periodo solo agli uomini: la letteratura.
Il marito, ricercatore universitario della facoltà di lettere, fu regolarmente processato e assolto un anno dopo tornando al suo incarico universitario e riabilitato a tutti gli effetti.
Per le autorità afgane Nadia è morta d’infarto o si è suicidata… a libera scelta!
Nadia, autrice anche di un’altra raccolta di versi, intitolata “Fiori di fumo”, aveva appena venticinque anni.
Herat, chiamata “Città dei poeti, ha il deplorevole primato della più alta percentuale di suicidi femminili: le donne non avendo a loro disposizione né armi, né farmaci e nemmeno case a più piani, per sfuggire al matrimonio cui sono costrette in giovanissima età, usano il petrolio delle stufe per darsi fuoco, pur di sottrarsi alle violenze maschili e la morte di Nadia, almeno è servita ad attirare l’attenzione su tali inconcepibili condizioni…ma le ali di troppe donne sono ancora tarpate, e purtroppo in ogni luogo del mondo.
Impressionanti sono, infatti, i dati che riguardano le donne che subiscono abusi e maltrattamenti: nella sola Italia una donna su tre tra i sedici e i settanta anni è stata vittima nella sua vita dell’aggressività di un uomo. Sei milioni 743 mila quelle che hanno subito violenza fisica e sessuale, secondo gli ultimi dati Istat e ogni anno sono uccise in media 100 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex.
Durante il regime dei talebani, quando alle donne era proibito studiare e lavorare, Nadia faceva parte del cosiddetto "circolo del cucito" della città, che tre volte a settimana si riuniva presso la finta "Scuola di cucito ago d'oro" dove un professore dell'università insegnava quello che alla luce del sole poteva fare in quel periodo solo agli uomini: la letteratura.
Il marito, ricercatore universitario della facoltà di lettere, fu regolarmente processato e assolto un anno dopo tornando al suo incarico universitario e riabilitato a tutti gli effetti.
Per le autorità afgane Nadia è morta d’infarto o si è suicidata… a libera scelta!
Nadia, autrice anche di un’altra raccolta di versi, intitolata “Fiori di fumo”, aveva appena venticinque anni.
Herat, chiamata “Città dei poeti, ha il deplorevole primato della più alta percentuale di suicidi femminili: le donne non avendo a loro disposizione né armi, né farmaci e nemmeno case a più piani, per sfuggire al matrimonio cui sono costrette in giovanissima età, usano il petrolio delle stufe per darsi fuoco, pur di sottrarsi alle violenze maschili e la morte di Nadia, almeno è servita ad attirare l’attenzione su tali inconcepibili condizioni…ma le ali di troppe donne sono ancora tarpate, e purtroppo in ogni luogo del mondo.
Ecco alcune delle poesie di Nadia, tutte egualmente intrise di profonda tristezza.
IL CANTO PIU' TRISTE
Divento fumo nello spazio del mio credo
Lentamente mi avvolgo e mi anniento
Finché vengo allevata dalle mani dell’ansia
Nell’abisso del cuore i miei battiti aumentano
E quel battito intende conoscere la terra della fossa del tardi
Mi preparo al momento trascorso
A volte dall’amore arido e dal buon miraggio di una nuvola
Mi trasformo nel più arido deserto salato
Ma l’immaginazione dei miei occhi mi trasforma in acqua
Nel letto della morte per sete, mi trasformo in ruscello
Se arriva a me il capo di uno dei fili della speranza
Divento l’ordito nella sottile trama del cuore
Questo se n’è andato senza commiato, l’immaginazione mi porta via
Sono ancora io che mi riempio di ricordi
Anche la notte un po’ alla volta va per la sua strada e io
Divento il più triste canto d’addio
NESSUN DESIDERIO
Nessun desiderio per aprire la mia
bocca.
Che cosa dovrei cantare?
Io, che sono odiata dalla vita.
Non c’è nessuna differenza
tra cantare e non cantare.
Perché dovrei parlare di dolcezza?
Quando sento l’amarezza.
L’oppressore si diletta.
Ha battuto la mia bocca.
Non ho un compagno nella vita.
Per chi posso essere dolce?
Non c’è nessuna differenza tra
parlare, ridere,
morire, esistere.
Soltanto io e la mia forzata solitudine
Insieme al dispiacere e alla tristezza.
Sono nata per il nulla.
La mia bocca dovrebbe essere
sigillata.
Oh, il mio cuore, lo sapete, è la
sorgente.
E il tempo per celebrare.
Cosa dovrei fare con un’ala bloccata?
Che non mi permette di volare.
Sono stata silenziosa troppo a lungo.
Ma non ho dimenticato la melodia,
Perché ogni istante bisbiglio le
canzoni del mio cuore
Ricordando a me stessa il giorno in
cui romperò la gabbia
Per volare via da questa solitudine
E cantare come una persona
malinconica.
Io non sono un debole pioppo
Scosso dal vento
Io sono una donna afgana
E la mia sensibilità mi porta a
lamentarmi.
VERDI PASSI DELLA PIOGGIA
Verdi passi della pioggia
lungo il cammino, qui
vita assetata, come un lungo deserto di sale e polvere
il loro respiro, riflesso dell’acqua, bruciante
gole secche e polverose
lungo il cammino, qui
fanciulle, avvezze al dolore, corpi scoiati
i volti defraudati della gioia
cuori vecchi e spaccati
nessun sorriso sulle labbra
nessuna lacrima dal fiume prosciugato dei loro occhi
dio!!
non so, raggiungerà il loro grido senza suono le nuvole
fino all’universo?
sono i verdi passi della pioggia
CATENE D’ ACCIAIO
Quante volte è stata tolta dalle labbra
la mia canzone e quante volte è stato
azzittito il sussurro del mio spirito poetico!
Il significato della gioia è stato
sepolto dalla febbre della tristezza.
Se con i miei versi tu notassi una luce:
questa sarebbe il frutto
delle mie profonde immaginazioni.
Le mie lacrime non sono servite a niente
e non mi rimane altro che la speranza.
Nonostante io sia figlia della città della poesia,
i miei versi furono mediocri.
La mia opera è come una pianta priva di cure,
da cui non si può pretendere molto.
Nell’archivio della storia,
questo è tutto ciò che mi rappresenta.
Con questa concludo, augurando a tutte le donne di riuscire a spiccare il volo!
SONO IMPRIGIONATA IN QUESTO ANGOLO
Sono imprigionata in questo angolo
Piena di malinconia e di dispiacere.
Le mie ali sono chiuse e non posso volare.
Nadia Anjuman
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