Dopo averlo in
precedenza citato, non possiamo che perderci completamente nel sublime infinito
che Giacomo Leopardi sapeva esserci, oltre la siepe del monte Tabor.
Non parliamo però del famoso luogo della
Galilea dove, secondo i Vangeli, avvenne la Trasfigurazione di Gesù, bensì dell’altura poco lontana da
Recanati (ora più nota come Colle dell’Infinito) dove il poeta amava rifugiarsi
per dare spazio al suo sconfinato immaginario e tramutarlo immancabilmente in
poesia…
L'INFINITO
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare
Giacomo Leopardi
Vista dal Monte Tabor, Colle dell'Infinito (Recanati)
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