Una
grande poesia può nascere dalle cose più insignificanti, come nel caso di
questa, dove l'unica sopravvissuta rosa di un giardino intristisce l'animo del
poeta facendogli sentire un senso di abbandono e solitudine, al punto tale che
pietosamente ne strappa i petali per farli giacere con quelli delle altre rose,
augurandosi anche lui di morire prima di perdere tutti gli affetti e sentire il
vuoto della solitudine.
Ed ecco
che da un’anonima rosa destinata a sparire senza lasciar traccia, il poeta
irlandese Thomas Moore crea un immortale capolavoro che
continuerà a emozionare per sempre chi ne leggerà i versi.
La
poesia ha anche inspirato musicisti eccelsi come Beethoven e Mendelssohn,
diventando un classico della musica celtica e molte sono anche le moderne
interpretazioni.
L’ULTIMA
ROSA DELL’ ESTATE
Ecco
l’ultima rosa dell’estate
che
va via sfiorendo da sola.
Tutte
le sue graziose compagne
sono
già appassite e scomparse.
Nessun
fiore della sua famiglia,
nessun
bocciolo di rosa le è vicino
a
riflettere il lieve arrossire
a
dare un sospiro per un sospiro.
Io
non ti lascerò sola
mentre
langui sul tuo stelo
Fino
a che l’amore dorme,
va’ e
dormi con loro.
Così
gentilmente cospargo con i tuoi petali il letto
dove
gli sposi del tuo giardino
giacciono
senza profumo e inerti.
Possa
io seguirti presto
quando
gli amici partiranno
e le
gemme cadranno dal cerchio brillante di luce.
Quando
i veri cuori sono appassiti
e
quelli affettuosi sono gonfi
Chi
potrebbe abitare questo buio mondo, da solo?
Thomas
Moore
(1779-1852)
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