11 agosto 2022

SANTA CHIARA D' ASSISI - 11 Agosto


SANTA CHIARA D' ASSISI

"Per la grazia di Dio, l'anima dell'uomo fedele, che è la più degna di tutte le creature, è più grande del cielo, poiché i cieli con tutte le altre creature non possono contenere il Creatore, mentre la sola anima fedele è sua dimora e sede, e ciò soltanto grazie alla carità di cui gli empi sono privi, come afferma la Verità stessa: "Chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò, e verremo a lui e faremo dimora presso di lui" (Gv 14,21.23)."
(S. Chiara d'Assisi, Lettera terza a Sant' Agnese di Boemia)


Santa Chiara nacque ad Assisi, presumibilmente nel 1193, dal nobile e ricco Favarone di Offreduccio degli Scifi e dalla nobile Ortolana, donna coraggiosa e intraprendente che partecipò a numerosi pellegrinaggi e insegnò alla figlia i principi religiosi, la preghiera, la carità e la sensibilità alla sofferenza altrui.
Chiara, fin da piccola mostrò il suo spirito meditativo e ai pellegrinaggi preferiva una vita contemplativa e, nonostante la ricchezza di famiglia, mangiava frugalmente e preferiva indossare la stamigna, tessuto di lana sottile e resistente, invece dei vestiti lussuosi che avrebbe potuto permettersi, probabilmente ispirata dal suo concittadino Francesco d’Assisi si era spogliato di tutti i vestiti per restituirli al padre Bernardone.

Santi Chiara e Francesco d'Assisi 

Chiara era anche una fanciulla bellissima e i suoi genitori avevano programmato per lei un matrimonio facoltoso, ma lei era solo desiderosa di seguire l’esempio di vita ispirato al Vangelo di San Francesco che aveva iniziato a vivere in povertà e preghiera con i suoi primi frati.
Chiara, a diciotto anni, sapendo che non avrebbe ottenuto il consenso della famiglia, fugge di casa per raggiungere Francesco alla Porziuncola e prendere i voti.
Fu probabilmente Rufino, un frate che aveva seguito Francesco nella conversione e cugino di Chiara a parlargli delle opere pie compiute dalla ragazza.
San Francesco accetta di esaudire il suo bisogno spirituale, taglia i capelli a Chiara, come segno di consacrazione a Dio, la riveste di un grezzo saio simile al suo e la conduce nel monastero benedettino di San Paolo, a Bastia Umbra.

Santi Chiara e Rufino  

I familiari però non accettando il volere della ragazza tentarono più volte di riportare Chiara a casa, tentando addirittura con la forza.
Chiara non soltanto aveva rinunciato a un matrimonio programmato utile alla famiglia, ma, essendosi convertita senza una dote non sarebbe mai potuta diventare una monaca da coro, istruita e dedita ad occuparsi di letteratura negli uffici liturgici e Il suo unico ruolo sarebbe stato quello di monaca ‘serva’ addetta agli umili lavori manuali e questo era per la famiglia un grave disonore.
Chiara però fu irremovibile e la famiglia dovette rassegnarsi e lasciare la ragazza libera di vivere la sua fede come meglio preferiva.
Intanto anche la sorella Agnese raggiunge Chiara intenzionata a prendere i voti e, ci narra il biografo, i famigliari tentarono un nuovo rapimento con maggior determinazione.


 Agnese, a differenza di Chiara, non aveva ancora tagliato i capelli e questo non la rendeva penitente, inoltre non si trovavano più a San Paolo, sotto la giurisdizione della chiesa, ma a Sant’ Angelo.
In dodici andarono con le intenzioni di riportare Agnese a casa, trascinandola lungo la china del monte.
 Agnese chiama in soccorso Chiara che, sentendo le sue grida, si prostra in preghiera. 
Immediatamente il corpo di Agnese diventa pesante come il piombo e nessuno riesce più a smuoverla di un passo. 
Preso da ira irrefrenabile, lo zio paterno Monaldo, tenta di sferrare un terribile pugno alla nipote, ma mentre sta per sferrare il colpo un dolore fortissimo gli paralizza il braccio, convincendo così i parenti a desistere.
 Questo è il primo miracolo compiuto da Chiara.


Presto anche l’altra sorella Beatrice raggiunse Chiara e piano piano si unirono anche altre donne, fino a formare un nutrito gruppo di monache.
Venne così fondato l'Ordine femminile delle «povere recluse» che, dal nome di Chiara, presero il nome di “Clarisse”.
L’Ordine rimane sotto la guida spirituale di Francesco fino alla sua morte, avvenuta nel 1226.
Dopo una prima Regola basata sulla povertà dettata da San Francesco, Chiara, che dell’Ordine era stata nominata badessa, scrive successivamente la Regola definitiva chiedendo a Gregorio IX il "privilegio della povertà".
Chiara morì ad Assisi sessanta anni l’undici agosto 1253 e papa Alessandro IV la proclamò santa solo due anni dopo.
Le sue spoglie sono custodite nella Basilica di Santa Chiara ad Assisi.


Basilica di Santa Chiara d'Assisi


Molti furono i miracoli di cui Santa Chiara fu artefice: il più famoso avvenne nella notte di Natale del 1252, quando Chiara, impossibilitata a recarsi a messa a causa di una malattia che la costringeva a letto, vide la celebrazione eucaristica come se fosse “proiettata” sulle pareti della sua cella.
Memore di questo miracolo papa Pio XII il 17 febbraio 1958 ha proclamato Santa Chiara “patrona della Tv e tutte le telecomunicazioni”.


Chiara si distinse anche per il culto verso l'Eucarestia e i suoi biografi narrano che per due volte Assisi venne minacciata dall'esercito dell'imperatore Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia, che aveva mosso guerra contro la Chiesa, assoldando perfino circa ventimila saraceni, i più fieri nemici della cristianità.
Chiara, già malata, fu portata alle mura della città con in mano la pisside contenente il Santissimo Sacramento e alla sua vista  l'esercito rinunciò all’assedio, ritirandosi.
Nelle immagini sacre Santa Chiara è spesso raffigurata con un giglio, simbolo di purezza e castità e una lampada.
 Il suo nome, di derivazione latina, significa "trasparente, illustre".


3 luglio 2022

DOMENICA MATTINA - Laura Marchetti


Una volta, prima dell'avvento del Cristianesimo, la domenica era chiamata “dies solis”, cioè il "giorno del Sole", ed era dedicato alla divinità del Sol Invictus.
Il Dies solis giorno restò fino allo storico editto di Tessalonica di Teodosio I emesso il 27 febbraio 380, in stabilì che l'unica religione di Stato era il Cristianesimo e di conseguenza bandendo e perseguitando ogni altro culto religioso e il 3 novembre 383 il dies Solis venne rinominato “dies dominica”, cioè “giorno del Signore.
Ancora oggi in alcuni paesi continua ad essere il giorno del sole, tipico esempio Sunday in lingua inglese, o in tedesco Sonntag,  ma noi siamo preferiamo dedicarlo al Signore.

DOMENICA MATTINA

Odore di caffè latte
Seguito dal ragù che brontolava sul fuoco
Il cucchiaino affogato nell'oro dello zabajone
Mi veniva a chiamare
Coraggio alzati che è domenica
I calzettoni bianchi in fondo al letto
Il vestito della festa
I capelli puliti e pettinati
La messa alle undici e chi era fortunato
Anche il pacchettino di paste con il fiocco
E correre incontro alla libertà
Dove ti nascondi oggi?
Distratta da altri profumi
Ricette strane che non hanno sapore
E lei che fugge sempre ad inseguire il dovere
e non ho più le gambe di allora
basterebbe il tempo o solo il coraggio
Intrappolata in labirinti
In strettoie che tolgono il fiato
Persa dentro specchi che diventano pozzi
Senza via d'uscita
Quella che rincorro dentro una divisa
Che di domenica mi va sempre troppo stretta
Quando mi alzo e non sento più i sapori
Non sento più i profumi non vedo più i colori
Non suonano più le campane come allora
che voce
che intensità quel richiamo
Che gusto aveva
quella carezza un po' bambina
Di una domenica mattina

Laura Marchetti

2 luglio 2022

MATTINO D'ESTATE - Libera Mastropaolo



Chissà che avventura ha in serbo per noi, questa giornata!
Per scoprirlo non ci resta che viverla, godendoci ogni attimo…


 MATTINO D'ESTATE
Camminano le nuvole nel cielo,
pezzi di specchio azzurro, sol di rado,
nel tiepido mattino inizio estate.
La rondine riempie,
col suo canto, l'incanto d'aria
che lassù respira;
il vento soave spira sulla pelle,
nelle narici il mare,
nel cuore, nostalgia.
Il sole alto, padrone del suo cielo,
da solo, intorno,
diffonde l'allegria.
Partito il giorno,
inizia l'avventura.
Libera Mastropaolo

22 maggio 2022

SANTA RITA DA CASCIA - LA ROSA CHE NON SFIORISCE MAI




"Sotto il peso del dolore, a te, cara Santa Rita, io ricorro fiducioso"

SANTA RITA DA CASCIA
-LA ROSA CHE NON SFIORISCE MAI-

Santa Rita da Cascia fu una religiosa che fece della sua vita un fulgido esempio di fede, di mitezza e di perdono.
Avvocata dei casi disperati e apparentemente impossibili, patrona delle donne  infelicemente sposate e protettrice dei serigrafi.
Proclamata beata da papa Urbano VIII nel 1628 e santa da papa Leone XIII nel 1900, la sua ricorrenza si commemora il 22 maggio. 
Si chiamava Margherita Lotti e nacque, secondo le agiografie tradizionali, nel 1381 a Roccaporena, una frazione a circa 5 km da Cascia, in Umbria, da una famiglia molto religiosa di benestanti proprietari di terreni.
I suoi genitori, Antonio Lotti e Amata Ferri a Cascia avevano anche la funzione di “pacieri di Cristo”, nel delicato periodo storico, continuamente logorato dalle interminabili lotte politiche e faide familiari tra Guelfi e Ghibellini.





 Una leggenda narra che la mamma, già in età avanzata e ormai rassegnata a non vivere le gioie della maternità, abbia avuto la visione di un angelo che le annuncia una miracolosa gravidanza e il nome con cui avrebbe dovuto battezzare la figlia in arrivo.
Il primo miracolo di Rita invece avviene a soli 5 giorni di vita: mentre la piccola riposa dentro la culletta nel giardino della casa paterna, uno sciame di api inizia a ronzarle attorno senza tuttavia pungerla, alcune anzi addirittura le depositano del miele, metafora del nutrimento celeste e della dolcezza suprema, dentro la boccuccia.
Nel frattempo, un contadino che si era profondamente ferito con la falce ad una mano e stava correndo a Cascia per farsi medicare, nel passare accanto alla piccola Rita, vede lo sciame di api e si ferma  a  scacciarle, rendendosi poi conto che, nel mentre agitava le mani,  la ferita non solo non sanguinava più, ma si rimarginava completamente. 
L’uomo gridò al miracolo e tutti gli abitanti di Roccaporena, seppero del prodigio.


Sotto la vigile cura dei genitori Rita cresceva giudiziosa, ubbidiente e pia, con una forte inclinazione alla preghiera in solitudine.
 Casa Lotti era visitata continuamente, anche di notte, da gente che chiedeva giustizia, ma anche pace familiare e di vicinato, evitando spargimento di sangue.
Rita dunque crebbe in un clima in cui la pace e la riappacificazione erano, più che un mestiere una missione.
Ciò rese le sue docili e pacifiche convinzioni ancora più forti e contribuì a fare di lei la santa dell’implorazione della pace non solo familiare, ma anche sociale.
L’amore per il Signore comunque aveva ogni priorità e suo vivo desiderio era di consacrare a Dio la sua verginità, ma i genitori, forse costretti, la diedero in sposa giovanissima al ghibellino Paolo di Ferdinando di Mancino, iroso e violento militare.
Nonostante il carattere collerico del marito, Rita sopportò tutto con pazienza e perseveranza, senza mai lamentarsi, rispondendo alla violenza con la dolcezza, chiedendogli con ubbidienza perfino il permesso di andare in chiesa.
Con la sua costanza alla fine riuscì ad acquietarne lo spirito  e l’uomo per amore suo diventò mugnaio, con il sollievo di tutta Roccaporena, che per anni ne aveva dovuto subire le angherie.


Basilica di Santa Rita a Cascia (Perugia- Umbria)



Grazie a Rita, in casa regnò l’armonia per diciotto anni e il matrimonio fu allietato dalla nascita dei figli, forse gemelli, Giangiacomo Antonio e Paolo Maria. 
 L'uomo  tuttavia morì assassinato in un agguato vicino al loro mulino mentre rincasava in piena notte.
Non si precisamente conoscono i motivi, si trattò di un assassinio forse dovuto alle lotte politiche del tempo, ma molto più probabilmente una ritorsione nei suoi confronti a causa di vecchi rancori o tradimenti.



“Per Santa Rita la spiga è nata, la rosa fiorisce e l’usignolo canta” 
proverbio umbro


Rita, rimasta con i suoi due figli ancora adolescenti, fu assalita non solo dall’angoscia per la perdita del marito, ma anche dal pensiero della faida di sangue che stava per scatenarsi.
Lei riuscì a perdonare gli assassini, ma non altrettanto riuscirono a fare i due figli che, cresciuti secondo la dottrina paterna e come da consuetudine per l’epoca, giurarono di vendicarne la morte.
Rita, quando si accorse dell’inutilità dei suoi sforzi per distogliere i figli dalla vendetta, ebbe il coraggio di pregare Dio affinché li chiamasse a sé, piuttosto di permettere che si macchiassero di omicidio: “Io te li dono. Fa’ di loro secondo la tua volontà”.


Dio l'esaudì e qualche tempo dopo i due fratelli si ammalarono forse di peste e morirono.
Sola e straziata, Rita si dedica ancor più intensamente alla preghiera e prende la decisione  di entrare nel Monastero agostiniano di Santa Maria Maddalena a Cascia per diventare la sposa di Cristo.
La sua richiesta viene però rifiutata diverse volte, forse perché le suore avevano timore che accogliere nel monastero una “vedova di sangue” significasse coinvolgere nella faida anche quel luogo sacro e loro stesse.  
Il Signore invece decise di appagare questo suo desiderio.


Casa maritale di Santa Rita a Roccaporena 


"Scoglio" di Roccaporena 

Nel 1417, come di consueto, Rita era in orazione nel cuore della notte sullo “scoglio” di Roccaporena, quando all'improssivo le comparvero San Giovanni Battista, Sant' Agostino e San Nicola da Tolentino.
I tre Santi  che le rivolsero prima parole di conforto e annunciandole ch'era ora di realizzare il desiderio di una vita, la conducono in volo fin dentro l’oratorio del convento.
 Le monache che all'alba si recarono a cantare le lodi, la trovarono raccolta in preghiera e rendendosi conto che solo un miracolo poteva aver portato Rita dentro le impenetrabili mura del loro convento, non esitarono più ad accettarla come consorella.
Rita poté così finalmente consacrarsi a Dio.



La vita al convento inizialmente non fu facile e la badessa mise a dura prova la vocazione e l’obbedienza di Rita.
La santa vedova però divenne in breve lo specchio di ogni virtù, obbedendo senza contestare anche quando la Superiora le ordinò di annaffiare un arbusto di vite evidentemente secco.
Rita con umiltà e fede attinse ogni giorno l’acqua dal pozzo, finché il Signore la premiò facendo rifiorire la vite:  leggenda vuole che sia quella tuttora florida nel chiostro del monastero.

Vite di Santa Rita

Rita passò quaranta anni nel convento, durante i quali si dedicò all’assistenza di poveri e ammalati, tra ferventi preghiere, digiuni e penitenze corporali.
La sera del 18 aprile 1432, un Venerdì Santo, ritiratasi in preghiera dopo aver ascoltato una coinvolgente predica sulla Passione di Gesù Cristo, la Santa si gettò ai piedi del Crocifisso e  supplicò il Signore di renderla misticamente partecipe ai supplizi patiti da Cristo in croce.
Dio anche in questo caso l’accontento e un raggio di luce partì dal Crocifisso, riflettendosi sul capo di Rita, mentre una spina  si stacca dalla corona di Gesù per conficcarsi nella fronte della Santa.
 Rita patì 15 anni la spina, che oltre a causarle acuti dolori era anche maleodorante, per cui ella per infastidire il meno possibile le sorelle, preferiva chiudersi nella solitudine della sua celletta, vivendo in piena comunione con Dio.

Santa Rita riceve lo stigma - Quadro conservato
 nella Cappella del Monastero delle Agostiniane di Cascia

La piaga sulla fronte e la precaria salute la obbligavano a non spostarsi da Cascia e, dopo la grazia dello stigma, l’unica volta in cui lasciò Cascia fu nel 1446 per assistere a Roma alla canonizzazione del predicatore agostiniano Nicola da Tolentino: proprio uno dei tre Santi che la portarono in volo all’interno del convento e che finalmente veniva santificato.
Rita non voleva proprio mancare all'avvenimento, ma la badessa a causa della precarietà della sua salute e della ferita purulenta sulla fronte, non voleva che affrontasse il viaggio.

Rita riuscì però a partire perché miracolosamente lo stigma scomparve  il giorno prima del pellegrinaggio, per poi puntualmente riaprirsi al suo ritorno.


Crocifisso dinnanzi al quale santa Rita ricevette lo stigma 

Rita trascorse gli ultimi anni di vita inferma nel suo povero giaciglio; anni di acuto e lento martirio, accettati con eroica pazienza e desiderio sempre maggiore di patire come Cristo.
 Priva anche della forza per nutrirsi, era però circondata dall’affetto delle monache e di tutta la popolazione di Cascia.
Un giorno d’inverno molto rigido, accorse al suo capezzale una cugina di Rocca Porena, desiderosa di fare qualcosa per lei.
Rita le fece una richiesta che la donna giudicò a dir poco impossibile, le chiese infatti  di portarle una rosa e due fichi del suo vecchio orto.
Visto il il gelo e la neve la donna credette al delirio di una moribonda, ma spinta da un inspiegabile impulso, tornando a casa decide di passare dall’orto di Rita e là, in mezzo alla neve, spiccavano una rosa e due fichi maturi appesi ai rami di un albero.
Stupefatta  si affretta a coglierli e subito torna da Rita con il prezioso dono.
Con questo miracolo Dio volle certo mostrare quanto caro gli fosse il patire di Rita e indicarle, tramite la rosa e i due fichi, che il marito e i due figli erano in paradiso grazie alle sue preghiere.

Il roseto di Santa Rita, in ricordo del miracolo della rosa e dei fichi

Fontanella e api di Santa Rita

Rita si spense la notte del 22 maggio, mentre le campane da sole suonavano a festa, annunciando la sua ascesa al cielo, ma sull’anno gli studiosi hanno delle discordanze tra il 1447 e il 1457.
Secondo la tradizione devozionale seicentesca, così come apparvero delle api bianche sulla culla, delle api nere apparvero sul letto di morte: api che continuano a riprodursi fra le mura del convento. 
Sulla base di questi racconti, le api, le rose e la spina sono diventati i simboli iconografici della Santa.


Subito dopo la morte, santa Rita da Cascia era già venerata come protettrice dalla peste, probabilmente per essersi dedicata in vita alla cura degli appestati, senza mai contrarre la malattia, ma furono i numerosi miracoli a lei attribuiti a farle meritare il titolo di patrona dei casi disperati e la devozione in tutto il mondo cattolico.
I resti della santa sono conservati in una teca a Cascia, all'interno della basilica di Santa Rita, facente parte dell'omonimo santuario.
Il viso, le mani e i piedi sono mummificati, il resto del corpo, coperto dall'abito agostiniano, è in forma di semplice scheletro e rilievi scientifici hanno confermato la presenza, sulla zona frontale sinistra, di tracce di una lesione ossea aperta.


Interno della Basilica di Santa Rita



Urna con le spoglie mortali di Santa Rita

Il suo santuario in Umbria, è meta ogni anno di migliaia di pellegrini.
A lei è dedicata la statua religiosa cattolica più alta del mondo, inaugurata nel 2010, che misura 56 metri e si trova nelle vicinanze della città di Santa Cruz, in Brasile, anche questa molto visitata.


Statua di Santa Rita in Brasile




A SANTA RITA

Delle rosa e delle spina,
del cielo e della terra sei regina.
Di bianco e di nero vestita…
con una corda che ti cinge la vita,
il rosario tra le mani
l’amore di Dio nel tuo domani.
Troppi dolori in questa vita
un’ascesa infinita,
del mio cuore sei la stella
nel mio cielo la piu’ bella.
Una donna,
una moglie,
una figlia,
una mamma.
Con la spina sulla fronte
affrontando il tuo calvario
sei di tutti esempio del perdono.
Noi devoti afflitti nella sorte e nel dolore
a te rivolgiamo le nostre spine.
In questo inverno della vita sei la rosa nel giardino .
Come l’ape laboriosa frutta il miele
dona carita’ e pace non solo a chi da te viene.
La terra accoglie l’uomo
il cielo dona i Santi.
Tu Santa dell’impossibile
rendi questa vita sopportabile.

Carmen Gullo



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