28 marzo 2021

BRAMO LA TUA VOCE, O DIO - Rabindranath Tagore




Veglia su di noi in questa notte, o Signore...


BRAMO LA TUA VOCE, O DIO

Quando mi fermo
stanco sulla lunga strada
e la sete mi opprime sotto il solleone;
quando mi punge la nostalgia di sera
e lo spettro della notte copre la mia vita,
bramo la tua voce, o Dio,
sospiro la tua mano sulle spalle.

Fatico a camminare
per il peso del cuore
carico dei doni che non ti ho donati.

Mi rassicuri la tua mano nella notte,
la voglio riempire di carezze,
tenerla stretta:
i palpiti del tuo cuore
segnino i ritmi del mio pellegrinaggio.

Rabindranath Tagore


PREGHIERA A UN DIO EVENTUALE - Franco Marcoaldi

 


Desiderio di volare... ma se prima non spezziamo la catena che ce lo impedisce, non ci riusciremo mai!

PREGHIERA A UN DIO EVENTUALE


La vedi lì in fondo quella

piccola gazza che indugia

beata sulla siepe di alloro?

Paff, le basta un semplice colpo

dell'ala per lasciarsi alle spalle

tutto il peso del mondo.

Sollevata da vincoli e obblighi

finalmente adesso è nuda, libera,

sola: la piccola gazza che vola.


Ti chiedo, eventuale Signore

e Creatore: non potresti una volta

soltanto cercare di fare altrettanto

con me, liberando il mio gracile corpo

dal peso dei suoi mille fantasmi?

In fondo ti piace creare, innovare.

E allora, pensa che bello:

vedere un mattino di maggio,

del tutto inattesa, un'umana

creatura che vola. Sollevata

da vincoli e obblighi - finalmente

anch'essa nuda libera sola.


Franco Marcoaldi



DOMENICA DELLE PALME - G. Titta Rosa




DOMENICA DELLE PALME


La Domenica delle Palme s'annunziava

con una gran festa di campane.

Cominciava il campanone della parrocchia,

che suonava in tre riprese lasciando

ogni volta nell'aria un vasto ronzio bronzeo

che si sperdeva sulle case e sugli orti

Fra l'una e l'altra ripresa tintinnava ilare egentile

la campana d'argento della chiesetta di Santa Maria.

Squillava con un suono petulante e gioioso,

in quell'asciutto mezzogiorno che intiepidiva

l'aria col primo fiato di primavera...

Ogni cosa pareva ascoltasse immota;

gli alberi e le case, nella luce,

stavano come in una vuota attesa.


G. Titta Rosa


L' ASINELLO CHE PORTO' GESU' - dal web




L' ASINELLO CHE PORTO' GESU'

In un campo pascolavano un’asina con il suo puledro.
 Era stato svezzato da poco e talvolta, quando si metteva nei guai, cercava ancora il conforto della sua mamma. 
Il suo nome era Lollo e aveva grandi orecchie appuntite e occhioni scuri, intelligenti e furbi. 
Come tutti i cuccioli era birbaccione, chiassoso, prepotente.
 Appena poteva si allontanava verso i confini del campo cercando di sconfinare e, quando il padrone andava a riprenderlo, puntava le zampe sul terreno e non c’era modo di smuoverlo.
 Bisognava trascinarlo e quanto erano acuti i suoi ragli di protesta! 
Il padrone ancora non si decideva a metterlo al lavoro: era talmente giovane e testone! 
Una bella mattina di primavera giungono nel campo degli uomini, parlottano un po’ col padrone e poi cominciano a guardare verso Lollo. 
Erano venuti infatti a fare una richiesta curiosa che riguardava proprio lui.
 Questi uomini erano servi di un tale, un certo Nazareno e, mandati da questo, volevano in prestito proprio Lollo. 
Serviva al loro Maestro per entrare in Gerusalemme. 
Il padrone era perplesso: “Macché Lollo!
 Per il vostro Maestro ci vuole un cavallo.
 Io non ce l’ho, ma il mio vicino è un soldato e certamente sarà contento di prestarvi il suo bel cavallo bianco”.
 Ma quelli insistevano, si erano proprio fissati!
 Volevano un asino che fosse giovane che non avesse mai lavorato. “È il Maestro che lo chiede”, dicevano.
 “Ma non temere te lo restituiremo”. 
Il padrone alzava gli occhi al cielo: “Ma allora proprio non capite, quest’asino non è adatto! 
È prepotente, testone e farà fare a me e al vostro Maestro una brutta figura. 
È capace di fermarsi in mezzo alla strada e di non voler più camminare, se gli gira, incomincia a ragliare così forte e non la finisce più, e poi, morde!”. 
E i servi a lui: “Così come è, lo vuole il Maestro, e Lui non sbaglia! Se ha chiesto quest’asino avrà i suoi buoni motivi!”. 
Il padrone allora, avvilito, prende un pezzo di corda, lo butta intorno al collo di Lollo e lo consegna ai servi. 
Lollo è troppo interessato alla faccenda per pensare a fare i capricci, e docile si lascia legare e condurre fuori del campo.
 Fatta poca strada arrivano a un bivio, poco fuori Gerusalemme. 
Ci sono uomini, donne e anche bambini che attorniano un giovane uomo. 
I servi dirigono proprio verso di Lui: “Ecco, Maestro, questo è l’asino che avevi chiesto”. 
Il Maestro si volta, si avvicina a Lollo, allunga una mano, lo accarezza sulla testa e lo guarda. 
Anche Lollo alza gli occhi verso questo bizzarro Maestro che ha voluto a tutti i costi averlo come cavalcatura, e i suoi occhi si immergono nello sguardo del Maestro: “Mai nessuno mi aveva guardato così”, dirà poi Lollo.
 “Neanche la mia mamma”. 
È come se con un solo sguardo il Maestro mi dicesse: “Non temere, va bene così.
 Sì sei un po’ un brigante, ma ce la puoi fare.
 Io mi fido di te e ti voglio bene! Coraggio! 
Cominciamo questo viaggio, sarai tu a portarmi a Gerusalemme”.
 Lollo sente come un fuoco dentro il suo cuore, è contento e un po’ ha voglia di piangere, senza motivo...
 Mansueto si lascia mettere un mantello rosso sulla groppa, si lascia montare dal Maestro e, lentamente, incominciano il loro viaggio verso Gerusalemme. 
Via via che si avvicinano alla città la gente diventa più numerosa. Stendono per terra dei mantelli rossi, hanno in mano dei rami di palma e di ulivo, li agitano e gridano: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!”.
 Lollo si sente davvero un asinello importante... 
Tutti fanno festa alla persona che lui sta portando in groppa, bardato con quel bel manto rosso! 
Anche i bambini fanno festa e alcune bambine portano dei fiori.
 Ad un tratto una voce si leva dalla folla e chiede: “Chi è quest’uomo?”.
 Qualcuno risponde: “È Gesù, da Nazareth di Galilea!”.
 “Che cosa ha fatto?”. “Io sono vedova, Gesù ha risuscitato il mio unico figlio. Eccolo!”.
 “Io ero muto per colpa di un demonio e Gesù mi ha liberato”.
 “Io avevo questa mano come morta e lui mi ha detto: “Stendila!”. 
E la mia mano è tornata come nuova! Ha fatto bene ogni cosa!”. Lollo ascolta tutto quello che la gente dice sull’uomo che sta accompagnando a Gerusalemme.
 “Ora capisco perché alcuni chiamano Gesù il Signore!”. 
La folla è al colmo della gioia e della festa.
 Gesù è pronto per entrare nel tempio. 
Prima di allontanarsi, con la mano sfiora lentamente il muso dell’asinello.
 Gesù e Lollo si guardano per un lungo istante.
 Gesù capisce ciò che l’asinello gli vuol dire: “Grazie, Signore di avermi cercato.
 Tu hai avuto bisogno di me e hai avuto fiducia in me!
 D’ora in poi, anche se non credo che riuscirò ad essere sempre bravo, voglio provare ad essere come Tu mi vedi.
 Forse scalcerò ancora e certamente raglierò ogni tanto ma non potrò mai dimenticare che hai avuto fiducia in me.
 Grazie, Gesù, anche io Ti voglio bene”.


LA DOMENICA DELLE PALME - Marino Moretti


Con la stessa gioia con cui accolsero l'entrata  trionfaledi Gesù  a Gerusalemme, accogliamo il Salvatore nel nostro cuore!


LA DOMENICA DELLE PALME


 Chinar la testa che vale?

E che val nova fermezza?

Io sento in me la stanchezza

del giorno domenicale,

 mentre la madre mia buona

entra con passo furtivo

nella mia stanza e mi dona

un ramoscello d’ulivo…

 E se’n va. Tutto quello

ch’ella vuol dirmi lo dice

a questo suo ramoscello

che adornerà una cornice:

 adornerà la cornice

dorata a capo del letto

l’ulivo ch’è benedetto,

l’ulivo che benedice;

 porterà pace e abbondanza

nelle casette più sole,

rallegrerà un po’ la stanza

dell’infermo, senza sole,

 ricorderà poi con tanta

fede l’ingresso solenne

di Cristo a Gerusalemme

nella domenica santa!…

 Ulivo, e a me che dirai?

Le stesse cose anche tu?

se una parola: giammai,

se due parole: mai più?

 Nulla tu doni al mio cuore

che lo consoli un istante,

ed il mio sguardo tremante

non vede in te che un colore:

 il color triste di tutto

il mondo che non à sole

e piange tacito e vuole

vestirsi di mezzo lutto;

 il colore della noia

e dei fiori di bugia,

il colore della mia

giovinezza senza gioia;

 il colore del passato

che ritorna ben vestito,

il color dell’infinito

e di ciò che non è stato;

 il color triste dell’ore

così lente a venir giù

dai lor numeri, il colore

che non è colore più.


(Marino Moretti)

VOLA COLOMBA - Michela Salzillo


  La colomba, da sempre simbolo di pace e gioia, è anche un importante simbolo pasquale che si ricollega  al diluvio universale narrato  nella Genesi dove , a tornare da Noè fu  proprio una colomba che portava  nel becco un ramoscello d’ulivo,  a testimonianza dell’avvenuta riconciliazione fra Dio e il mondo...


 VOLA COLOMBA

 

Vola colomba sugl'alberi in fiore,

vola sui tetti e porta l'amore,

vola sul mondo e regala la pace.


Vola colomba tra paure e smarrimenti,

tra guerre e turbamenti,

nei cuori, ti prego!, Serenità accendi.


Vola colomba e annuncia speranza,

nel ramo d'ulivo racchiudi fratellanza,

donaci la fede e non l'incertezza,

mostraci la gioia di una Santa carezza.


Che la Pasqua non sia vuota tradizione,

ma il giorno della nostra resurrezione.


Benedici Signore ognuno di noi,

Tu lo sai, non siamo degl'eroi ma figli tuoi.


Vola colomba lassù nel cielo,

vola più in alto là dov' è sereno!

 

Michela Salzillo



DOMANI INCERTO - Luciano Postogna


Buona domenica con una poesia e un'immagine dal "sapore" mesto e antico...


DOMANI INCERTO


Quando gli organi delle bianche chiese

al vespro si smorzano

e nelle strade le ultime canzoni

tacciono, quasi per timore

dell’ombra già incombente.


La gente nel cuore serba,

con tanta forza,

quella breve allegria domenicale

e taciturna cammina sul viale

per rincontrar la solita tristezza.


Toglie la maschera il sorriso

e la mestizia svela con aria disinvolta

la gioia resta sol per l’abito da festa.


Si spengono le luci

nelle case e cimiteri,

solo in cielo ogni giorno sarà festa.


È l’ora piena dei notturni lidi

dove le giovani si danno

ai famelici acquirenti

per qualche coppa di Moët&Chandon.


Ora dorme la città

e coatta sogna

poiché non vuol pensare

cosa sarà il domani. 


Luciano Postogna

26 marzo 2021

PESCHE DOLCI ALL' ALCHERMES E CREMA PASTICCERA


Le pesche all'Alchermes sono probabilmente una creazione pasticcera della Toscana e anticamente si usava prepararle durante il periodo pasquale.
Anche l'Alchermes, liquore aromatico a bassa gradazione alcolica dall'inconfondibile color cremisi, ha origini toscane, dove veniva prodotto già dal XV secolo ed era molto apprezzato dalla nobile famiglia dei Medici.
A Firenze l'Alchermes viene tuttora preparato dall'Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella, seguendo la ricetta del 1743 di Fra' Cosimo Bucelli, all’epoca direttore dell'Officina.


PESCHE ALL' ALCHERMES E CREMA PASTICCERA


Ingredienti per circa 15 pesche


500 g farina 00 di grano tenero

200 g zucchero semolato

100 g burro

2 uova intere grandi

6 cucchiai di latte intero

1 bustina di lievito

Cannella in polvere q.b.

Alcermes q.b.

Limone grattugiato


Ingredienti per la crema pasticcera


500 ml di latte intero

4 tuorli d’uovo grandi

2 cucchiai di farina

2 cucchiai di fecola di patate o amido di riso

4 cucchiai di zucchero a velo

4 cucchiai di zucchero semolato

Buccia di limone

1 bustina di vanillina o un cucchiaino di estratto di vaniglia


Mettere la farina setacciata con una bustina di lievito nella planetaria o in una ciotola piuttosto capiente.
Aggiungere i 200 g di zucchero, due uova, 6 cucchiai di latte intero, il burro fuso fatto raffreddare, una generosa spolverata di cannella e la buccia di un limone grattugiato.
Impastare tutto fino a ottenere un panetto liscio e piuttosto morbido.
Dall’impasto ottenere delle palline di grandezza media, circa delle dimensioni di una grossa noce e metterle ben distanziate su una teglia rivestita di carta forno.



Infornare a 180° forno statico. preriscaldato, sulla guida centrale per circa 20 minuti, facendo attenzione a non farle colorire troppo.
Una volta sfornate, mentre sono ancora tiepide, fare un piccolo incavo al centro della parte piatta: io uso lo scavino che si usa per ricavare le palline dal melone.


Bagnare rapidamente nell’alchermes tutte le mezze pesche, far sgocciolare bene, poi riempire abbondantemente con la crema pasticcera, unire all’altra metà e rotolare le pesche formate nello zucchero semolato e decorare con foglioline di zucchero oppure di ostia.
Se trovate l’alchermes troppo alcolico, si può diluire a piacere con acqua e anche zuccherare a piacere.
Una volta pronte conservare in frigo.


La crema conviene prepararla per tempo, se possibile, anche il giorno prima e poi conservare in frigo fino al momento di usarla.
Io la preparo mettendo in un pentolino con doppio fondo i tuorli d’uovo che sbatto energicamente con lo zucchero e poi unisco poco la volta la farina setacciata con la fecola, diluendo con un filo di latte, per non formare grumi; quando si è sicuri che la crema sia liscia, aggiungere il resto del latte, sempre mescolando.
A piacere aggiungo buccia di limone, vanillina o estratto di vaniglia.
Cuocere a fuoco lento, continuando a mescolare per evitare che si attacchi sul fondo, finché non giunge a formare delle bolle e il cucchiaio sarà velato.
Spegnere il fuoco e fare raffreddare: per evitare che si formi la pellicola, passo un cubetto di burro velocemente sulla superficie della crema, poi quando è fredda, se devo conservarla in frigo, la copro con della pellicola trasparente.
Molti usano anche farcirle di crema al cioccolato.


SE NON AVESSI FRETTA - Maria Wine


“La vita è rinchiusa negli attimi di tenerezza che dedichiamo agli altri. Attimi che spontaneamente si avvalgono della facolta' di colmarsi d' amore. Un amore incondizionato che nulla vuole, che nulla pretende, che nulla chiede... ma che dà tutto se stesso, senza niente in cambio.”

(Raffaella Frese)


SE NON AVESSI FRETTA


 Se non avessi fretta


Se non avessi tanta fretta

potresti renderti conto di molte più cose.

Se fossi un uomo

scopriresti

che la donna che porti dentro sogna

di poter mettersi a piangere

e se sei una donna

che l’uomo che porti dentro sogna

di poter rendere conto

della tua fragilità sprecata.

Scopriresti

che quasi tutto quello che rimproveri agli altri

è un rimprovero che hai evitato di farti.

Se ti dessi il tempo di contemplare

il tappeto del paesaggio che hai tessuto con la tua vita

potresti scoprire molti sentieri che hai saltato ai quali non potrai tornare…

E forse grazie alla tua scoperta

smetteresti di far correre il giorno

per raggiungere velocemente la notte,

smetteresti di scavalcare l’inverno

per arrivare in fretta all’estate

e con questo sapere

allungheresti in modo considerevole la tua vita.


Maria Wine

SEMPRE PIÙ DIFFICILE - Erich Fried


"Se potessi vederti tra un'ora, subito dopo vorrei rivederti ancora."

(PaolaFelice)


SEMPRE PIÙ DIFFICILE


Vederti una volta sola

e poi mai più

dev’essere più facile che vederti ancora una volta

e poi mai più.


Vederti ancora una volta

e poi mai più

dev’essere più facile che vederti ancora due volte

e poi mai più.


Vederti ancora due volte

e poi mai più

dev’essere più facile che vederti ancora tre volte

e poi mai più.


Ma io sono uno sciocco

e voglio vederti

ancora molte volte

prima di non poterti vedere mai più.


Erich Fried 

25 marzo 2021

COLORE DI PRIMAVERA - Chiara Jommetti


Tra i tanti colori con cui la primavera ci rallegra ,spiccano quelli del profumatissimo glicine!

COLORE DI PRIMAVERA 


Sei una cascata di grappoli

profumati, di colore blu,

azzurro e lilla che a primavera

fiorisce.

Ti si pianta in ogni angolo,

hai un nome tanto dolce che è

Glicine.


(Chiara Jommetti)

23 marzo 2021

TU LA NOTTE IO IL GIORNO - Antonia Pozzi

 


Una romantica buonanotte...


TU LA NOTTE IO IL GIORNO

 

Tu la notte io il giorno

così distanti e immutevoli

nel tempo

così vicini come due alberi

posti uno di fronte all`altro

a creare lo stesso giardino

ma senza possibilità di

toccarsi

se non con i pensieri

Tu la notte io il giorno

tu con le tue stelle e la luna

silenziosa

io con le mie nuvole ed il

sole abbagliante

tu che conosci la brezza

della sera

ed io che rincorro il vento

caldo

fino a quando giunge il

tramonto

I rami divengono mani

tiepide

che si intrecciano

appassionate

le foglie sono sospiri

nascosti

le stelle diventano occhi di

brace

e le nuvole un lenzuolo che

scopre la nudità

La luna e il sole sono due

amanti rapidi e fugaci

e non siamo più io e te

siamo noi fusi insieme

nella completezza della luce

fioca

ondeggiante come la marea

in eterna corsa…

So cosa significa amore

quando il giorno muore.


Antonia  Pozzi


LASCIO - Marisa Storgato

"Scoprirai che è necessario lasciare andare le cose; per il semplice motivo che sono pesanti. Lasciale andare, lasciale andare. Non attaccare pesi alle caviglie."

(C. JoyBell C)


LASCIO 


 Lascio che accada ciò che deve accadere.

Che la ferita guarisca.

Che il dolore passi.

Che la fame si sazi.

Che la sete si disseti.

Che la mente si calmi.

Che il respiro rallenti.

Che il silenzio sorrida.

Prima o poi tutto guarisce.

Ma più tengo stretto, più soffoco.

Più rilascio, più svanisce.

L’anima si attenua quando le poni l’orecchio per ascoltare e se fai silenzio cogli ogni sussurro, fragile, ironico, schietto.

Se invece i pensieri si addensano e fanno squadra con l’insicurezza, il rancore, il dispiacere, il senso di colpa, capita che l’anima sente che non è il tempo per smuovere le acque…potrebbe riemergere quel fango dal fondale che intorbidisce la bellezza della sua superficie.

L’anima sa attendere.

Anche il tempo di una vita intera.

Perchè ogni cosa ha un tempo per nascere, per cambiare, per trasformarsi.

Fino a quando finisce il tempo.

Lascio che accada ciò che deve accadere.

Che la speranza fiorisca.

Che la fiducia dimori.

Che la pace metta radici.

Che l’amore risplenda.

Che la gratitudine diventi abitudine.

Semplicemente essere così com’è.


Marisa Storgato

VENEZIA - Anna Achmàtova


Una magnifica poesia dedicata alla città tra le più belle e romantiche al mondo: letteralmente ti lascia senza fiato!


VENEZIA


Colombaia dorata sull'acqua,

tenera e verde struggente,

e una brezza marina che spazza

la scia sottile delle barche nere.


Che dolci, strani volti tra la folla,

nelle botteghe lucenti balocchi:

un leone col libro su un cuscino a ricami,

un leone col libro su una colonna di marmo.


Come su di un'antica tela scolorita,

il cielo azzurro fioco si rapprende...

ma non si è stretti in quest'angustia,

e non opprimono l'umido e l'afa.

 

Anna Achmàtova




DAL VIRTUALE AL REALE - Sergio Camellini


Tramite computer ho conosciuto tante persone : la maggior parte ha incrociato la mia strada senza particolare incisività, alcune sono diventate cortesi e simpatiche conoscenze... pochissime sono diventate affettuose amicizie, ma solo una ha fatto il "salto di qualità",  diventando una preziosa amica! 


DAL VIRTUALE AL REALE


Pensavo che

l’amicizia virtuale

fosse una banalizzazione

dell’amicizia reale,

non sempre è così;

hai azzerato

le paventate distanze,

con far gentile

e sublime poesia,

amico profondamente

reale: grazie!


Sergio Camellini

TORTA DI MELE ALL' AMARETTO



La torta di mele è un dolce tra i più apprezzati e diffuso in tutto il mondo.
Secondo alcune fonti storiche, le sue origini sono europee, molto probabilmente inglesi, e risalgono al 1300 circa.
Sicuramente furono gli inglesi, durante la colonizzazione, a far conoscere questa prelibatezza in America, dove poi divenne famosissima come "American pie".
Le ricette della torta di mele son proprio tante ed io voglio proporla con un ingrediente molto aromatico e assolutamente italiano: l'amaretto, il liquore a base di mandorle amare, che affonda le sue radici nel 1500 nel comune lombardo di Saronno.



TORTA DI MELE ALL' AMARETTO

Ingredienti 

300 g farina 00

200 g zucchero semolato

3 uova

100 ml olio semi girasole

100 ml limone spremuto

100 ml liquore amaretto

1 bustina lievito

2/3 mele


 

Sbucciare le mele, tagliarle a fettine sottili, poi cospargerle di zucchero e succo di limone per non farle annerire.
Montare le uova intere con lo zucchero, poi aggiungere poco per volta la farina miscelata e setacciata insieme al lievito, alternandola ai liquidi.
Versare l’impasto, che sarà piuttosto fluido, in una teglia precedentemente imburrata e infarinata di 24 cm e disporre a raggiera fitta le fettine di mele sgocciolate.


Cuocere per circa 45 minuti in forno preriscaldato, a 175° funzione statica, posizionando la griglia nella prima guida.
Verificare la cottura con il classico sistema dello stecchino prima di spegnere e sfornare questa profumatissima delizia che può anche essere fatta sostituendo le mele con pesche o ananas sciroppati e i 100 ml di amaretto con il succo sciroppato delle pesche o dell'ananas... sono l'una più buona dell'altra!


PIOGGIA - Nika Turbina


"Ecco, guarda ti regalo questa
luce, dopo la pioggia,
luce lavata smarrita
in un mondo annegato…"
C. Candiani


PIOGGIA


Siete capaci di ascoltare la pioggia con le dita?

È semplice!

Toccate con la mano la corteccia di un albero,

fremerà sotto le vostre dita,

come un cavallo bagnato.

Toccate con la mano

il vetro della finestra di notte.

Sentite?

Teme la pioggia,

ma dalle umide gocce

deve proteggermi

e io attraverso il vetro

le gocce accarezzerò con le dita.

Pioggia!

Porta!

Ascolta, porta,

lasciami uscire!

La strada risuona tutta di ruscelli.

Voglio sentire la pioggia con le dita

per poter dopo scrivere la musica.


Nika Turbina

22 marzo 2021

LA TUA NOTTE E IL TUO GIORNO - Joaquin Sabina


Con un delicato bacio, vi auguro una  dolce notte...


LA TUA NOTTE E IL TUO GIORNO 


Posso farmi delicato e dire

che le tue labbra hanno lo stesso sapore delle labbra

che bacio nei miei sogni,

posso diventare triste e dire

che mi basta essere il tuo nemico, il tuo tutto,

il tuo schiavo, la tua febbre, il tuo padrone.


E se vuoi posso essere

anche la tua stazione e il tuo treno,

il tuo male e il tuo bene,

il tuo pane e il tuo vino,

il tuo peccato, il tuo dio, il tuo assassino…


O forse quell’ombra

che si sdraia al tuo fianco sul tappeto

al bordo del caminetto

ad aspettare salga la marea.


Posso diventare umile e dire

che non sono il meglio,

che mi manca valore per legarti al mio letto,

posso farmi dignitoso e dire

“vieni da me quando ti stufi di amori

modesti di un momento… chiamami.”


E se vuoi posso essere

anche il tuo trapezio e la tua rete,

il tuo addio e tuo “ci si vede”,

la tua coperta ed il tuo freddo,

la tua risacca, il tuo lunedì, il tuo disgusto…


O forse quel vento

che ti viene dalla noia

e ti lascia abbracciata ad un dubbio,

in mezzo alla strada e nuda.


E se vuoi posso essere

anche il tuo avvocato e il tuo giudice,

la tua paura e la tua fede,

la tua notte ed il tuo giorno.


Il tuo rancore, il tuo perché, la tua agonia,

o forse quell’ombra,

che si sdraia al tuo fianco sul tappeto

al bordo del caminetto,

ad aspettare salga la marea.

e non so dove mi conduce

questa teoria di errori.


Joaquin Sabina

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