30 novembre 2013

QUANDO ARRIVA LA SERA - Daniela Cesta



Questa sera fredda e piovosa sembra fatta apposta per mangiare le caldarroste davanti al camino acceso e immaginare...

QUANDO ARRIVA LA SERA

Quando arriva la sera
tutto è così silenzioso e tranquillo

con la pioggia d'autunno
che ticchetta sui vetri

e il vento smuove le foglie morte
le fa volare in aria,

carezzandole per l'ultima volta,
io sento i miei piedi gelati

e io mi raggomitolo sue me stessa
accanto al fuoco,

rosicchiando una castagna arrostita
mentre il crepitio del fuoco è sicuro e riposante

oh respiro dell'anima mia!
oh spirito ribelle che si riposa,

nella quiete della sera che copre ogni cosa,
la luna è nascosta, al di la delle nuvole

io immagino la sua lucentezza,
scintilla silenziosa alzando le maree

con potenza!

(Daniela Cesta)

RACCOLGO CASTAGNE-A. Gentile Squarzoni


Andiamo per boschi a raccogliere castagne e anche ricordi con il cuore colmo di riconoscenza e amore...

RACCOLGO CASTAGNE

Raccolgo castagne,
sparse ovunque, fra le foglie
scontrose e fruscianti,
occhieggianti dai diffidenti ricci.
E, mentre chino raccolgo,
il tempo mi sfugge
e gli anni si perdono.
Raccolgo castagne
e ti sento respirare vicino,
perché il bosco alita intorno,
ti sento ridere ad ogni inezia,
perché nella tua anima ingenua
gorgheggia l’allegria.
Raccolgo castagne
fra il bisbiglio degli alberi
e la danza composta dei rami,
fra il riecheggio delle frasche
ed i richiami di autunno,
immerso nel languore.
Raccolgo castagne
ed i ricordi più belli.
accolgo la luce ovattata
di questo stupendo meriggio,
i colori stemprati, venati,
sfumature di totale poesia.
Raccolgo castagne
col cuore straripante d’amore
per questa natura benigna
che si dona alla mia contemplazione,
per questo meraviglioso miracolo
fatto anche di te.
Raccolgo castagne...


Armando Gentile Squarzoni

TEMPO DI CASTAGNE-E.Fabrini



Tra i tanti doni che la natura ci offre in autunno, le castagne sono tra i più graditi!

TEMPO DI CASTAGNE

Ai bordi della irta stradina
castagni austeri
tagliano l'azzurro del cielo.
Foglie secche dondolano
cullate dal vento
mentre
il giallo autunnale
colora i tuoi occhi.


Nascoste nell'erba,
castagne appena cadute
si stringono
avvolte nel loro riccio...
In attesa che tu le colga
si godono
l'ultimo tiepido
raggio di sole.

Elisabetta Fabrini

16 novembre 2013

CANTO D'AMORE - Hermann Hesse



Un melodioso canto per una notte da sogno!

 
CANTO D'AMORE
Io sono il cervo, il capriolo tu,
tu sei l’uccello e l’albero son io,
il sole tu ed io la neve,
tu il giorno sei, il sogno io.

Di notte dalla mia bocca dormiente
vola un uccello d’oro fino a te,
chiara la voce, l’ali variopinte,
ti canta questo canto che dice dell’amore,
questo canto che dice di me.

(Hermann Hesse)

PENSIERO D'AUTUNNO- Ada Negri



Sarebbe bello lasciare questa terra con lo stesso dolce distacco con cui la foglia si separa dal ramo e così dovrebbe essere se si ha fede.
Invece si teme tanto  l'incognita del momento e quel che ancor di più fa paura, è il distacco dai nostri affetti.
Che lacerante pensiero quello di mai più vederli e abbracciarli!
Davvero inconcepibile, soprattutto se ci neghiamo anche la speranza e crediamo che tutto finisca così...

PENSIERO D'AUTUNNO

Fammi uguale, Signore, a quelle foglie
morbide, che vedo oggi nel sole
tremar dell'olmo sul più alto ramo.
Tremano, sì, ma non di pena: è tanto
limpido il sole, e dolce il distaccarsi
dal ramo, per congiungersi alla terra.
S'accendono alla luce ultima, cuori
pronti all'offerta; e l'agonia per esse,
ha la clemenza d'una mite aurora.
Fa' ch'io mi stacchi dal più alto ramo
di mia vita, così, senza un lamento,
penetrata di Te come nel sole.

 Ada Negri


PIOGGIA D'AUTUNNO - Ada Negri





In certi giorni così plumbei, l'unico suono che si sente è quello della pioggia...


PIOGGIA D'AUTUNNO

”Stanotte udii, fra veglia e sonno, un canto lieve, sommesso,
 e pur vasto siccome il vasto mondo; 
e mi parea nel sogno di navigare in barca senza remi su grigio mare,
 dentro un vel di pioggia. 
Era la pioggia, sì; 
ma sovra un mare di fronde mormoranti di felice ristoro nelle tenebre:
 la prima pioggia d’autunno, dopo un’arsa estate tutta febbre di sole; 
ed or s’ostina nell’alba smorta, ed ogni albero piange che la riceve. 
Ma quel pianto è riso, profondo, inestinguibile: di donna che troppo attese, 
ed or non sa se gioia o dolore è l’amplesso che l’avvolge. 
Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia che s’imbeve di te sin nelle fibre che l’uniscono al ramo,
 e il ramo al tronco, e il tronco al suolo; e tu dentro le vene passi, e ti spandi, 
e sì gran sete plachi.
 So che annunci l’inverno: che fra breve quella foglia cadrà, fatta colore della ruggine, 
e al fango andrà commista; ma le radici nutrirà del tronco per rispuntar dai rami a primavera. 
Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia, abbandonarmi al tuo scrosciare, 
certa che non morrò, che non morrò, 
che solo muterò volto sin che avrà la terra le sue stagioni, e un albero avrà fronde.” 

Ada Negri 
(Lodi, 3 febbraio 1870 – Milano, 11 gennaio 1945)


ANCHE GLI UCCELLI SE NE VANNO-G.Flaubert



Una delle cose che più mi mancano durante i grigi mesi invernali, quando la natura dorme e tutto tace,
 è proprio il cinguettio degli uccelli!

ANCHE GLI UCCELLI SE NE VANNO

È ben triste novembre: gli alberi si spogliano
 lentamente, il cielo è nuvoloso, fa freddo e 
spesso cade una pioggia insistente. 
Talvolta, invece, soffia un vento impetuoso.
Nell'aria passano in silenzio grandi stormi di 
uccelli che vanno a cercare cibo e calore in
 altri luoghi. Nei campi non si vedono più i 
contadini al lavoro ma anche nei giardini 
quanta tristezza! Non ci sono più fiori. 
Solo i crisantemi fanno una macchia bianca,
 rossastra o gialla: sono fiori grandi rotondi, 
fitti di petali, oppure semplici e modesti 
come margherite. Di notte il freddo si fa più
 intenso e quando il cielo è sereno il gelo stende
 sulla terra un velo sottile di brina.

(Gustave Flaubert)


15 novembre 2013

LA CICALA E LA FORMICA




Per insegnare a essere previdenti non c'è storia più efficace della cicala e la formica.
Chi però non ha provato pena per la sorte della scanzonata cicala che paga cara la sua imprudenza?
Certo in molti avranno parteggiato per lei e tacciato di taccagneria la formica... però con un’obiettiva riflessione ammettiamo che se tutti facessimo come la cicala, ci sarebbe poco da scialare per tutti durante l'inverno!
L'ideale sarebbe un giusto equilibrio tra le due parti: si dovrebbe accumulare quel tanto che basta a trascorrere senza disagi l'inverno e senza doversi affidare alla carità altrui, ma anche senza troppa ingordigia, trovando anche il tempo per coltivare quegli interessi che rendono più piacevole la vita.  
Ricordiamo che l'avidità fa diventare aridi e di conseguenza infelici!
E l'infelicità spesso rende cattivi...




      LA CICALA E LA FORMICA

        
In una calda estate, un’allegra cicala cantava sul ramo di un albero, mentre sotto di lei una lunga fila di formiche faticava per trasportare chicchi di grano.Fra una pausa e l’altra del canto, la cicala si rivolge alle formiche: “Ma perché lavorate tanto, venite qui all’ombra a ripararvi dal sole, potremo cantare insieme!”
Ma le formiche, instancabili, senza fermarsi continuavano il loro lavoro..
“Non possiamo! Dobbiamo preparare le provviste per l’inverno! Quando verrà il freddo e la neve coprirà la terra, non troveremo più niente da mangiare e solo se avremo le dispense piene potremo sopravvivere!”
“L’estate è ancora lunga e c’è tempo per fare provviste prima che arrivi l’inverno!
Io preferisco cantare! Con questo sole e questo caldo è impossibile lavorare!”
Per tutta l’estate la cicala continuò a cantare e le formiche a lavorare.
Ma i giorni passavano veloci, poi le settimane e i mesi. Arrivò l’autunno e gli alberi cominciarono a perdere le foglie e la cicala scese dall’albero ormai spoglio. Anche l’erba diventava sempre più gialla e rada. Una mattina la cicala si svegliò tutta infreddolita, mentre i campi erano coperti dalla prima brina.
Il gelo bruciò il verde delle ultime foglie: era arrivato l’inverno.
La cicala cominciò a vagare cibandosi di qualche gambo rinsecchito che spuntava ancora dal terreno duro e gelato.
Venne la neve e la cicala non trovò più niente da mangiare: affamata e tremante di freddo, pensava con rimpianto al caldo e ai canti dell’estate.
Una sera vide una lucina lontana e si avvicinò affondando nella neve: “Aprite! Aprite, per favore! Sto morendo di fame! Datemi qualcosa da mangiare!”
La finestra si aprì e la formica si affacciò: “Chi è? Chi è che bussa?”
“Sono io, la cicala! Ho fame, freddo e sono senza casa!”
“La cicala?! Ah! Mi ricordo di te! Cosa hai fatto durante l’estate, mentre noi faticavamo per prepararci all’inverno?”
“Io? Cantavo e riempivo del mio canto cielo e terra!”
“Hai cantato?” replicò la formica, “Adesso balla!”
La formica richiuse la porta e tornò al calduccio della sua casetta, mentre la cicala, con il cappello ed il violino coperti di neve, si allontanava, ad ali basse, nella campagna.

Esopo
 ( 620 a.C. circa – 560 a.C. circa)





ALLA FORMICA

Chiedo scusa alla favola antica
se non mi piace l’avara formica.
Io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende, regala. 

(Gianni Rodari)




La favola fu secoli dopo  adattata anche  da Jean da La Fontaine, altro autore di celebri favole contenenti allegorie morali contro ogni tipo prepotenza e ingiustizia...


LA CICALA E LA FORMICA


La Cicala che imprudente

tutto estate al sol cantò,

provveduta di niente

nell'inverno si trovò,

senza più un granello

e senza una mosca in la credenza.

Affamata e piagnolosa

va a cercar della Formica

e le chiede qualche cosa,

qualche cosa in cortesia,

per poter fino alla prossima

primavera tirar via:

promettendo per l'agosto,

in coscienza d'animale,

interessi e capitale.


La Formica che ha il difetto

di prestar malvolentieri,

le dimanda chiaro e netto:

- Che hai tu fatto fino a ieri?

- Cara amica, a dire il giusto

non ho fatto che cantare

tutto il tempo. 

- Brava ho gusto;

balla adesso, se ti pare.

Jean De La Fontaine
(Château-Thierry, 8 luglio 1621 – Parigi, 13 aprile 1695) 


Completamente diversa la morale nella versione di Trilussa ...


LA CICALA E LA FORMICA

Una Cicala che pijava er fresco
All'ombra der grispigno e de l'ortica
Pe' dà' la cojonella a 'na Formica
Canto 'sto ritornello romanesco:
-Fiore de pane,
lo me la godo, canto e sto benone,
E invece tu fatichi come un cane.
Eh! da quì ar bervedè' ce corre poco:
- Rispose la Formica-
Non t'hai da crede' mica
Ch'er sole scotti sempre come er foco!
Ammomenti verrà la tramontana:
Commare, stacce attenta...

Quanno venne l'inverno
La Formica se chiuse ne la tana,
Ma ner sentì' che la Cecala amica
Seguitava a cantà' tutta contenta,
Uscì fora e je disse: -Ancora canti?
Ancora nu' la pianti?
Io? - fece la Cecala - manco a dillo,
Quer che facevo prima faccio adesso:
Mò ciò l'amante: me mantiè quer grillo
Che 'sto giugno me stava sempre appresso
Che dichi ? l'onestà ? Quanto sei cicia!
M'aricordo mi nonna che diceva:
Chi lavora cià appena una camicia,
E sai chi ce n'ha due.? Chi se la leva.

(Trilussa)
Carlo Alberto Salustri, più conosciuto con lo pseudonimo di Trilussa 
- anagramma del cognome - 
(Roma, 26 ottobre 1871 – Roma, 21 dicembre 1950)


                                              
E concludiamo rivoluzionando la storia!

RIVOLUZIONE

Ho visto una formica
in un giorno freddo e triste
donare alla cicala
metà delle sue provviste.

Tutto cambia: le nuvole,
le favole, le persone.
La formica si fa generosa:
E’ una rivoluzione!

Gianni Rodari 
(Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980)


13 novembre 2013

NON VOGLIO -Margherita Guidacci





Strappare le ali a una farfalla non basta a farle passare la voglia di volare,anzi più spasmodico diventerà il desiderio di farlo ,così come non possiamo pretendere che una formica voli...si è quel che si è e nessuno ha il diritto di cambiarci !
Dobbiamo sentirci liberi di esprimere la propria personalità, senza forzature che la storpino, nel rispetto assoluto di se stessi e degli altri, naturalmente!


NON VOGLIO 

Tutti i vostri strumenti hanno nomi bizzarri

e difficili, ma io vedo chiaro

e so che in fondo sono solamente

metri e gessetti con cui misurate

e segnate - segnate e misurate

senza stancarvi.


Sfilate spilli di tra le labbra, come una sarta:

me li appuntate sull'anima

e dite: "Qui faremo un bell'orlo.

Dopo starai tanto meglio."


Io non voglio che mi tagliate un pezzo d'anima!

Se ne ho troppa per entrare nel vostro mondo,

ebbene, non voglio entrarci.


Sono un poeta: una farfalla, un essere

delicato, con le ali.

Se le strappate, mi torcerò sulla terra,

ma non per questo potrò diventare

una lieta e disciplinata formica.

 (Margherita Guidacci)

LA FILOSOFIA DELLE FORMICHE-Jim Rohn


E ora tutti a lezione di filosofia...

LA FILOSOFIA DELLE FORMICHE

Tutti dovrebbero studiare il modo di vivere delle formiche: perché possiedono una meravigliosa filosofia che si può suddividere in quattro parti.

Prima parte: le formiche non mollano mai. Se sono dirette da qualche parte e si prova a fermarle, cercheranno di trovare un varco altrove. Proveranno a scavalcare l’ostacolo. Proveranno a passarci sotto. Proveranno a girarci attorno. Continueranno a cercare una via alternativa. Che tenacia straordinaria: non smettere mai di cercare un modo per arrivare dove si è diretti.

Seconda parte: le formiche pensano all’inverno per tutta l’estate. E’ una prospettiva lungimirante.  
Una vecchia storia consiglia di “non costruire la propria casa sulla sabbia in estate”. Perché abbiamo bisogno di un tale consiglio? Perché è importante pensare al futuro: non si può essere così ingenui da pensare che l’estate duri per sempre, quindi mentre si usufruisce del sole, bisogna anche pensare a come affrontare i rigori dell'inverno.

Terza parte: le formiche pensano all’estate durante tutto l’inverno. E’ cruciale. Durante l’inverno le formiche ricordano a se stesse che neanche la brutta stagione durerà a lungo, che presto finirà. E alla prima bella giornata le formiche escono allo scoperto a bearsi di ogni raggio di sole. Se diventa freddo di nuovo, tornano al coperto, ma al primo caldo tornano fuori. Non vedono l’ora di uscire e continuano a pensare positivo.

Quarta parte: quanto metterà da parte una formica per la stagione invernale? Tutto quello che può. Che filosofia incredibile, la filosofia del “tutto quello che si può”.

Che stupenda lezione da imparare dalle formiche: non mollare mai, pensa al futuro, stai positivo e fai tutto quello che puoi!

Jim Rohn


LA PICCOLA FORMICA OPERAIA-dal web


La formichina Lucy c'insegna cosa succede quando si va contro la propria natura...

LA PICCOLA FORMICA OPERAIA

Tanti anni fa, ai margini di un bosco di conifere, viveva una colonia di piccole formiche. Avevano costruito lì il proprio nido, un bellissimo formicaio sotterraneo, composto da numerose camere, tutte di diversa grandezza. Le camere erano collegate tra di loro da una specie di tunnel che attraversava tutto il formicaio, peraltro molto grande, dotato di diverse aperture da cui le formiche potevano entrare ed uscire.

Ogni formica aveva un proprio preciso compito. C’erano le guardie, a cui spettava il controllo su chi entrava e usciva dal nido e la vigilanza su possibili attacchi da predatori esterni; c’erano le formiche reali, ossia quelle che avevano il compito di far nascere nuove colonie e c’erano le formiche operaie a cui erano affidati diversi compiti come la costruzione o riparazione del nido, la raccolta del cibo, l’allevamento dei piccoli, la sistemazione della dispensa e così via.

Tutto era molto organizzato, tanto che ogni formica sapeva sempre cosa e come farlo. Le giornate trascorrevano tranquille, scandite dalle diverse fasi di lavoro che erano state impostate dalle formiche regine.

Tra le formiche operaie ve ne era una, molto vivace, di nome Lucy, che da poco era stata investita del compito di raccogliere il cibo per l’inverno.
La mattina, subito dopo colazione, Lucy, assieme alle altre piccole formiche operaie che facevano parte della sua squadra di lavoro, si recava nel bosco e lì cercava e raccoglieva il cibo che avrebbero poi dovuto trasportare fino al nido. Si trattava per lo più di semi e di foglie, di diversa grandezza e consistenza.
Il lavoro era molto pesante ma Lucy sapeva come renderlo “interessante”. Ed infatti cercava sempre di trovare il modo per farlo sembrare quasi un gioco. E così, ad esempio, capitava che trasportare un seme finisse con il diventare il trasporto di un missile per la protezione del nido da un attacco di alieni su dischi volanti; oppure il raccogliere una foglia diventasse il fortunato ritrovamento di un tesoro nascosto nel bosco tanti anni prima da dei pirati che non erano più riusciti a tornare per riprenderlo.

Non sempre questo modo di pensare al lavoro era capito e accettato dalle compagne di Lucy che a volte la prendevano in giro dicendo che era ancora una bambina e che non capiva l’importanza del compito che era loro affidato.
In realtà Lucy sapeva bene che il lavoro che doveva fare era molto importante, è solo che cercava di renderlo più allegro, più sopportabile. Infatti vi erano delle giornate, soprattutto quando pioveva, in cui il lavoro era veramente pesante e a volte a Lucy sembrava di non farcela. In questi momenti il pensare al lavoro come ad un gioco, aggiungendo un pizzico di fantasia alle azioni quotidiane, era diventato un modo come un altro per renderlo quasi più semplice.

I mesi passarono e Lucy si sentiva ogni giorno più distante dalle sue compagne, si sentiva quasi diversa, come se vivesse in un altro mondo, un mondo dove le altre formiche non volevano andare, nemmeno in visita.
Finì quindi con il pensare di essere sbagliata perché, in fondo, era l’unica formica che si comportava così, era l’unica formica che a volte faceva trasparire la fatica delle giornate trascorse. Pensò quindi che la cosa giusta da fare fosse smettere di usare la fantasia per rendere le giornate più sopportabili e iniziare a comportarsi come le altre formiche.

Iniziò così un periodo molto difficile in cui Lucy lavorava incessantemente dalla mattina alla sera quasi a voler dimostrare di essere in grado di fare quello che facevano anche le altre anzi, di più. I primi tempi furono molto pesanti ed infatti Lucy, la sera, stremata dalla stanchezza, non partecipava nemmeno più alle serate in compagnia che venivano quotidianamente organizzate nel formicaio.
Man mano che i giorni passarono Lucy iniziò ad abituarsi ai nuovi ritmi di lavoro e, anzi, ad un certo punto sembrò non sentire più la stanchezza e iniziò a fare ogni giorno qualche cosa in più. Così al posto di lavorare le normali otto ore come tutte le formiche iniziò a lavorarne otto e mezzo, poi nove, poi nove e mezzo, fino ad arrivare alle dodici ore al giorno.

Le sue compagne provarono a farle capire che, forse, quello non era il modo giusto di prendere il lavoro, che forse stava esagerando, ma Lucy vide questo loro tentativo di aiuto come un’intromissione, quasi come una parola di invidia nei suoi confronti. In fondo erano state loro a spingerla a lavorare sempre di più dicendole che non era in grado di capire il vero valore del lavoro svolto.

La dispensa che era stata assegnata a Lucy per la raccolta dei semi era ormai piena ma a Lucy questo non bastava e continuava, nonostante tutto, a raccogliere altri semi e a portarli nella cella finché un giorno, dopo essere entrata dalla piccola fessura che era rimasta come apertura e aver posato il seme sulla cima di un grandissima fila di altri semi, sentì un insolito rumore. Era come una vibrazione unita ad un suono che sembrava quello di un tuono. In pochi istanti Lucy si trovò sommersa da un’enorme quantità di semi e si rese conto che tutto il cibo che aveva raccolto e disposto uno sull’altro per farne entrare di più era crollato!

Spaventata e ferita per il peso dei semi da cui era stata travolta Lucy si guardò attorno e si rese conto che nella stanza non era rimasto libero nemmeno un piccolo spazio per potersi muovere. I semi, cadendo, avevano creato quasi un muro attorno a lei e questo le impediva di uscire, anche perché, con una zampa ferita, non avrebbe potuto salire il muro per scendere dall’altra parte.

Fortunatamente il rumore dei semi caduti fu molto forte e venne sentito dalle guardie del formicaio che si affrettarono ad aiutare Lucy ad uscire dalla dispensa e a portarla in infermeria, dove trascorse diversi giorni avendo così anche il tempo per riflettere su quello che era accaduto. E proprio pensando a tutto ciò capì di aver sbagliato. Si, perché quello che aveva fatto era stato rinunciare ad essere se stessa, ossia una formica allegra e piena di voglia di fare, per assecondare l’idea che gli altri avrebbero voluto avere di lei. E capì anche che, così facendo, aveva cercato la sicurezza di cui aveva bisogno in qualche cosa che non avrebbe mai potuto dargliela. La aveva infatti cercata nel tenersi continuamente occupata, nel fare sempre di più. E’ per questo che il lavoro era diventata la sua unica occupazione, come se il fermarsi fosse stato un segno di debolezza.

Lucy si rese anche conto di essere stata molto fortunata perché, in fin dei conti, aveva un’altra possibilità, quella di tornare ad essere se stessa, la vera Lucy, quella che lavorava si, ma che sapeva anche farlo divertendosi, quella per cui il fare era importante ma per la quale c’erano anche tante altre cose, il divertimento, gli amici e la spensieratezza. Si rese conto di aver rinunciato ad essere se stessa per la paura del giudizio degli altri e si ripromise di non fare più lo stesso errore.

Nelle cose che facciamo ogni giorno è giusto cercare di dare sempre il massimo e fare del proprio meglio, ma è anche giusto riconoscere ed accettare i propri limiti, come è giusto essere sempre se stessi, senza voler essere delle persone diverse sono per assecondare gli altri o per paura del loro giudizio.
Se le altre formiche avessero capito che il comportamento di Lucy era il modo che essa aveva trovato per sostenere i pesanti ritmi del lavoro, allora, forse, le cose sarebbero andate diversamente. Come forse sarebbero andate diversamente se Lucy avesse provato a spiegare loro quello che provava e la fatica che faceva nel lavorare senza fantasia.

Essere se stessi non significa deludere gli altri, significa invece dare la giusta importanza alla propria persona e avere cura di se, cosa che tutte le persone che ci vogliono bene vorrebbero da e per noi.

(dal web)


LA LEZIONE DELLA FORMICA-dal web



Anche una piccola formica può darci una grande lezione ...

LA  LEZIONE DELLA FORMICA


L' altro giorno ho visto una formica che trasportava una foglia enorme.
La formica era piccola e la foglia doveva essere almeno due volte il suo peso-
Ora la trascinava, ora la sollevava sopra la testa.
Quando soffiava il vento, la foglia cadeva, facendo cadere anche la formica.
Fece molti capitomboli, ma nemmeno questo fece desistere la formica dalla sua impresa.
L'osservai e la seguii, finché giunse vicino a un buco, che doveva essere la porta della sua casa.

Allora pensai: "Finalmente ha concluso la sua impresa!"
Mi illudevo perché anzi, aveva appena terminata solo una tappa.
La foglia era molto più grande del foro, quindi la formica lasciò la foglia di lato all'esterno ed entrò da sola.
Così mi dissi: "Poverina, tanto sacrificio per nulla."
Mi ricordai del detto popolare: "Nuotò, nuotò e morì sulla spiaggia."

Ma la formichina mi sorprese: dal buco uscirono altre formiche, che cominciarono a sminuzzare la foglia .
Sembravano allegre nel lavoro e in poco tempo, la grande foglia era sparita, fatta a pezzettini ormai  tutti stipati dentro il buco.

Immediatamente mi ritrovai a pensare alle mie esperienze.
Quante volte mi sono scoraggiato davanti all'ingorgo degli impegni o delle difficoltà?
Forse, se la formica avesse guardato le dimensioni della foglia, non avrebbe nemmeno cominciato a trasportarla.
Ho invidiato la perseveranza, la forza di quella formichina.

Naturalmente, trasformai la mia riflessione in preghiera e chiesi al Signore che mi desse la tenacia di quella formica, per superare le difficoltà di tutti i giorni.
Che mi desse la perseveranza della formica, per non perdermi d'animo davanti alle cadute.
Che mi desse l'intelligenza, l'abilità di quella formichina, per dividere in pezzi il fardello che si presenta tanto grande.
Che mi desse l'umiltà per dividere con gli altri i frutti della fatica come se il tragitto non fosse stato solitario.
Chiesi al Signore la grazia di riuscire, come quella formica, a non desistere dal cammino, specie quando i venti contrari mi fanno chinare la testa verso il basso ...soprattutto quando, per il peso di ciò che mi carica, non riesco a vedere con nitidezza il cammino da percorrere.

La gioia delle larve che, probabilmente, aspettavano il cibo all'interno, ha spinto quella formica a sforzarsi e superare tutte le avversità della strada.
Dopo il mio incontro con quella formica, sono stato rafforzato nel mio cammino e ringrazio il Signore per averla messa sulla mia strada.

I sogni non muoiono, solo si assopiscono nel cuore della gente...basta svegliarli, per riprendere il cammino!

(dal web)



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