31 marzo 2019

IL GOMITOLO DI LANA - dal web

Alfredo Ciocca - Il gomitolo di lana, 2017

IL GOMITOLO DI LANA

Tanto tempo fa,  si fece una gran festa alla corte del re per celebrare il suo compleanno.
Il re riceveva nel salone delle feste i doni e gli omaggi. 
Erano tutti doni preziosi: armi cesellate, coppe d’argento, tessuti di broccato ricamato d’oro.
Il corteo dei donatori stava esaurendosi, quando apparve, zoppicando e appoggiandosi pesantemente ad un bastone, una vecchia contadina con i pesanti zoccoli di legno.
 In silenzio trasse dalla gerla il suo umile dono e uno scoppio di risate beffarde  accompagnò il gesto della donna, che depose ai piedi del trono un gomitolo di lana bianca, ricavato dalle due pecore che erano tutta la sua fortuna e filato nelle lunghe sere d’inverno.
Senza una parola, il re si inchinò dignitosamente, poi diede il segnale di incominciare la festa mentre l’anziana contadina riattraversava lentamente la sala, scorticata dalle occhiate di scherno dei cortigiani.
Riprese penosamente e molto lentamente il suo lungo cammino, di notte, per tornare alla sua baita.
Quando arrivò in vista della sua casa si fermò invasa dal panico : la baita era circondata dai soldati del re che stavano piantando dei picchetti  su cui stendevano il filo di lana bianca.
"Mio Dio", pensò la povera donna con il cuore piccolo piccolo, "il re si è offeso per il mio dono... Le guardie mi arresteranno e mi porteranno in prigione...".
Quando la vide, il comandante delle guardie si inchinò cortesemente e disse: "Signora, per ordine del nostro buon re, tutta la terra che può essere circondata dal vostro filo di lana d’ora in poi vi appartiene".
Il perimetro della sua nuova proprietà corrispondeva esattamente alla lunghezza del suo gomitolo di lana. 
La vecchina aveva ricevuto con la stessa misura con cui aveva donato. 
Nella vita si riceve sempre con la stessa misura con cui si ha donato: se doniamo a piene mani, avremo le mani sempre colme! 
Tutto il bene, dunque, che possiamo fare a qualunque essere umano, facciamolo subito. 
Non rimandiamo a più tardi,né trascuriamolo poiché non passeremo nel mondo due volte.

VIVI - Ida Scott Taylor


Sempre graditi i consigli per vivere al meglio...
VIVI

Non guardarti indietro
e affliggerti per il passato,
 perche' se n'e' andato,
 e non essere preoccupato
 riguardo il futuro,
perche' deve ancora venire.
Vivi nel presente
e fa che sia cosi bello
che meriti di essere ricordato.

Ida Scott Taylor  

INNO ALL'AMORE - Dalla Prima Lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi


Buona domenica con uno dei passi più belli e noti del Nuovo Testamento...

INNO ALL'AMORE

"Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi l'amore,
sono come un bronzo che risuona
o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza,
e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne,
ma non avessi l'amore,
non sarei nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze
e dessi il mio corpo per esser bruciato,
ma non avessi l'amore,
niente mi gioverebbe.
L'amore è paziente,
è benigno l'amore;
non è invidioso l'amore,
non si vanta,
non si gonfia,
non manca di rispetto,
non cerca il suo interesse,
non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell'ingiustizia,
ma si compiace della verità. 
Tutto copre,
tutto crede,
tutto spera,
tutto sopporta. 
L'amore non avrà mai fine".

(Dalla Prima Lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, 13.1-13)

30 marzo 2019

NARCISO - Federico Garcia Lorca


 Il narciso sboccia appena l’inverno inizia a regredire, annunciando lietamente tutte le promesse  che la primavera reca con sé: per questo motivo è  considerato come un potente  portafortuna e fiore augurante felicità!

NARCISO

Narciso.
Il tuo odore.
E il fondo del fiume.

Voglio restare sulle tue sponde.
Fiore dell'amore.
Narciso.

Nei tuoi bianchi occhi passano
Onde e pesci addormentati.
Passeri e farfalle
si nipponizzano nei miei.

Tu minuto e io grande.
Fiore dell'amore.
Narciso.

Le rane che svelte sono!
Ma non lasciano tranquillo
lo specchio in cui si guardano
il tuo delirio e il mio delirio.

Narciso.
Dolore mio.
E mio proprio dolore.

Federico Garcia Lorca



GUARDA... FIORDALISI! - Anonimo Egiziano


Il fiordaliso è un fiore antichissimo di cui sono stati trovati resti che risalgono all'epoca neolitica.
 In Oriente, se gli innamorati regalano all'amata un fiordaliso, è per  esprimere la speranza di ottenere la felicità da lei.
 Nel linguaggio dei fiori rappresenta infatti la felicità, ma  c'è anche  chi, ispirato dai petali leggeri, gli ha attribuito il significato di leggerezza.

GUARDA... FIORDALISI!

Guarda... fiordalisi !
Il mio cuore appartiene a te
come il fiordaliso al grano.
Ogni cosa che tu vorrai, 
tra le tue braccia poserò.

Tu, immagine del mio desiderio,
sei un balsamo per gli occhi.
Vedere te, al mio sguardo dà luce
e ti stringo forte a me
per sentire meglio il tuo amore,
tu, sposa del mio cuore.

Come è bella quest'ora ! 
Potesse - fra le tue braccia - 
perdurare in eterno.
Tu mi facesti rinascere il cuore,
e ora, se gioisce o se piange,
non andare mai via da me, mai !

Anonimo Egiziano
(XII sec. a.C.)

LA LEGGENDA DELLA NASCITA DEI "NONTISCORDARDIME"


LA LEGGENDA DELLA NASCITA DEI  "NONTISCORDARDIME"

Un tempo, in un regno prospero e felice, la giovane Daina abitava con la madre ormai vecchia in una piccola capanna dipinta di bianco, sul limitare di un campo di grano, vicino ad un ruscello che scorreva gioioso, alla quieta ombra di alberi secolari. 
Era bello in inverno, coi severi alberi spogli, i rami immobili contro il cielo grigio e i bruni campi silenziosi dove volavano pigramente i corvi dalle nere, lucide ali.
Ed era bello in primavera, sotto le fresche foglie luccicanti dove tubavano le colombe innamorate l'una dell'altra, accompagnando con il loro linguaggio d'amore il lieto scorrere del torrente d'argento. 
Le donne andavano a riempire di purissima acqua i loro secchi in quel luogo incantato, ed i viandanti si sedevano per riposare e parlare con Daina, flessuosa, dolce e paziente come l'animale di cui portava il nome.
Ella lavorava filando alla rocca tessuti leggeri e preziosi per le ricche signore del regno e sognava, filando,  il bel viso piegato sotto il peso dei lunghi capelli neri,  i grandi occhi liquidi e scuri levati talvolta ad osservare fiduciosi chi voleva fermarsi a parlare con lei.
Un giorno, uno dei viandanti la informò che il Principe, padrone del regno, stava visitando tutte le terre che gli appartenevano e quindi certo sarebbe giunto anche lì. 
Turbata - senza nemmeno ben capirne la ragione - per la prima volta nella sua breve, placida vita, Daina corse dalla madre, per chiedere alla saggezza di lei quale mai vestito dovesse indossare per rendere omaggio al loro Principe.
Daina e la madre erano molto povere, vivevano del lavoro della fanciulla, e non possedevano che la piccola capanna bianca dove vivevano ed uno splendido gioiello, un grande zaffiro che racchiudeva in sé tutti i tenui bagliori del cielo, incastonato in una montatura degna di un re.
Quello zaffiro era appartenuto ad un possente signore del regno che, in anni ormai lontani, aveva amato la madre di Daina per poi  abbandonarla lasciandole in dono la piccola e quel gioiello prezioso.
La madre, sgomenta per il turbamento della figlia, pregò in silenzio che la storia non si ripetesse e che  alla fanciulla così ignara fossero risparmiati il dolore dell'abbandono e del disinganno, le lacrime dello struggimento e della solitudine.
 Ben sapendo però che ogni cosa è già scritta, aiutò comunque la sua bella figlia ad acconciare i lunghi capelli neri e ad indossare un abito bianco come l'alba del mattino, fermandole sul seno il gioiello azzurro colore del cielo.
Finalmente il Principe passò davanti alla piccola casa di Daina che attendeva tremando, ma, anche se vide la graziosa capanna dipinta di bianco, la giudicò troppo piccola per prestarle attenzione e passò oltre senza badare alla bellezza di quell'angolo fatato.  
Preso dai gravi pensieri del suo regno, egli non vide le lucide foglie dei grandi alberi, non udì il richiamo amoroso dei colombi innamorati, non fu attratto dal fresco gorgoglio del ruscello d'argento. 
Daina però non poteva tollerare il pensiero di non aver reso alcun omaggio al suo Signore.
 Così, in un gesto dettato da inconsapevole orgoglio, poiché anche nelle sue vene scorreva nobile sangue, e dalla delusione di un'inconfessata speranza, lanciò verso il Principe il suo prezioso gioiello di cielo. 
Indifferente, il Principe passò col suo cavallo là dove il gioiello era caduto e dietro a lui gli infiniti zoccoli dei cavalli di tutto il suo seguito numeroso.
Lo zaffiro si frantumò in numerose piccole schegge di luce azzurra, che riflettevano il sole.
Fu una dea pietosa che passava di lì a trasformare quelle schegge in migliaia di piccoli fiori azzurri, cui venne dato il nome di "non ti scordar di me" perché il ricordo del gesto orgoglioso e gentile della giovane Daina non andasse del tutto perduto. 


NON TI SCORDAR DI ME - Loretta Margherita Citarei


Che meraviglia in primavera  vedere i prati riempirsi  di "non ti scordar di me" dal colore azzurro intenso!
Questo selvatico fiore dai piccoli petali arrotondati è sempre stato considerato simbolo del ricordo, dell’amore , della speranza  e anche simbolo di salvezza da tutto ciò che può rattristare o addolorare.
Simbolo anche di amicizia sincera e duratura, ve ne offro un  mazzetto!

NON TI SCORDAR DI ME

Un dì il Signore
dall'alto vide
la terra brulla e spoglia
così  gli venne voglia
di rivestire
di fiori 
le spiagge, i colli
i monti e le pianure.

Tosto, per incanto
le margherite, i botton d'oro
rossi papaveri ed azzurri fiordalisi
le mammole ed i narcisi
l'erica e la ginestra
crebbero in tutto il mondo.

Ma poichè ogni pianta
ha bisogno di un nome
per far giusta distinzione
ad un angelo ordinò
in terra di volare
e dei nomi far distribuzione.

-Rosa-disse-giaggiolo
viola, serenella
anemone, mughetto, fior di leone
papavero, glicine, giglio, genzianella
convolvolo, narciso, fior della passione.

Quand'ebbe finito
di recitar
l'ultima strofa
del suo rosario di soavi nomi
e presso il Signor
s'accingeva a tornar
una flebile voce lo supplicò:
-Buon Angelo manco io
non ti scordar di me, mio Dio!-

Era un' umile piantina
che essendo piccolina
dalle frasche nascosta
non era stata vista.

Trattenne l'angelo il volo
vide la piantina esile 
e sorrise:
Non aver paura
. Non- ti - scordar. di- me
sarà il tuo nome
simbolo tu sarai
di amicizia sincera e duratura.

Loretta Margherita Citarei

26 marzo 2019

IL PETTEGOLEZZO - Fabio Gherardelli


"Se la gente parla male di te, vivi in modo tale che nessuno possa crederle."
(Platone)

IL PETTEGOLEZZO

Un giorno una donna spettegolava con una sua amica di un uomo che a malapena conosceva.
Quella notte fece un sogno: un’enorme mano apparve sopra di lei e le puntò il dito contro.
La donna fu oppressa da un insopportabile senso di colpa.
Il giorno dopo andò a parlare con un vecchio saggio, al quale raccontò tutto e domandò: «Che cosa significa questo sogno... era forse la mano di Dio che puntava il dito contro di me??? Ma il pettegolezzo è un peccato...??? Ho commesso un peccato???».
«Sì...», rispose il saggio.
«Hai detto falsità sul conto di un’altra persona, hai messo in pericolo la sua reputazione. Dovresti pentirtene dal profondo del tuo cuore».
La donna dichiarò di essersi pentita e chiese solenne perdono.
Il saggio rispose: «Non avere così fretta, prima vai a casa tua, prendi un bel cuscino e portalo sul tetto. Squarcialo bene con un coltello, e solo dopo puoi ritornare da me».
La donna corse a casa, prese un cuscino dal letto, un coltello dalla cucina, si diresse sul tetto e salendo dalla scala antincendio squarciò il cuscino.
In seguito tornò dal saggio, come lui le aveva detto.
«Hai squarciato il cuscino con il coltello?», chiese lui.
«Sì», rispose lei.
«E il risultato qual è stato?», aggiunse il saggio.
«Piume», disse lei.
«Piume», fece eco l’uomo.
«Piume dappertutto», continuò lei.
Il saggio la guardò negli occhi e disse: «Ora voglio che tu torni a casa a raccogliere tutte le piume volate via con il vento...».
«Ma come...», rispose la donna, «non è possibile, non so dove siano finite... il vento le ha portate chissà dove...».
«Questo è il pettegolezzo», sentenziò il saggio.

Fabio Gherardelli

SERA DI PRIMAVERA - José Maria Valverde


Una dolce serata!

SERA DI PRIMAVERA

Queste sere, Signore, son tutte tue, per certo,
ordite della tua sostanza, della tua carne dorata.
È primavera, ma ignoro se aprile o maggio;
si scorda il transito del tempo, morte lenta,
come bocca insaziata. 
Così sarà l'eterno,
l'uguale di questa sera, copiosa, giubilante,
che non s'aliena in cerca di perfezione, immota.
E tanta in queste ore eternità si stempera,
che non so dei miei anni. 
Forse sono il fanciullo
cui primavera d'augurii feriva,
forse un uomo io sono con il mondo nel petto,
o un vecchio stanco, che contempla la vita
come un frutto rotondo, sollecito all'appello del suolo.
E il mondo è una candida comunione delle terre,
lo spazio si cancella, ferita rimarginata,
fatto lieve canzone, lume degli orizzonti.
Sento stendersi intorno pianure, come cori
che intonano un'identica nota senza varianti:
la luce del sole, che affratella i monti e le valli
solo in una presenza, fatta musica d'anima.
È come sempre. Come ieri, come domani.

José Maria Valverde

LA FARFALLA - Wanda Chotomska





"Belle e graziose, variegate e incantevoli, piccole ma avvicinabili, le farfalle ci portano verso il lato soleggiato della vita. Perché ognuno di noi merita un po’ di sole."
(Jeffrey Glassberg)

LA FARFALLA

Dal polline coglie le parole,
per danzare
quando sceglie le rime,
– insegna loro a vivere…

 Verso il sole, verso le nuvole
coi versi turbina
e a storie incomprese
– il mondo mostra…

Col sogno, col volo lusinga
e innamorata
con grazia si solleva
– dall’amore chiamata…

Delicata ripiega le ali
degna del vento
come magico linguaggio,
– brilla di poesia del fiore…

Wanda Chotomska

25 marzo 2019

LA FARFALLA - Alphonse de Lamartine


Vi auguro una giornata spensierata e leggera come una farfalla!

 LA FARFALLA

Nascere a primavera, morire con le rose,

sulle ali di uno zefiro nuotare nella luce,

cullarsi in grembo ai fiori appena schiusi,

in un'ebrezza pura di profumi e d'azzurro,

scuotere, ancora giovane, la polvere alle ali,

volare come un soffio verso la volta infinita:

ecco della farfalla il destino incantato!

Somiglia al desiderio che non si posa mai,

che mai si sazia, ogni cosa sfiorando

per poi tornare al cielo, in cerca di piacere.


Alphonse de Lamartine

22 marzo 2019

PRIMAVERA - Lev Nikolàevič Tolstòj



Felice primavera a tutti con una poesia del conte Lev  Nikolàevič Tolstòj, lo  scrittore, filosofo, educatore e attivista sociale russo, conosciuto in tutto il mondo per  gli intramontabili romanzi "Guerra e pace" e "Anna Karenina"... 

PRIMAVERA

Le sementi, disgelandosi, manderanno
fuori i loro germogli; questi ingrosseranno
nella terra; dalle vecchie radici verranno
fuori germogli nuovi, e gli alberi e le erbe
cominceranno a crescere. Gli orsi, le talpe
usciranno dal loro torpore; le mosche e le
api si sveglieranno; le zanzare nasceranno e
le uova dei pesci si schiuderanno.
L'aria scaldandosi, si innalzerà, al suo
posto verrà l'aria fredda e il vento soffierà.
Le nubi saliranno...
Chi farà tutto questo? 
Il sole

Lev Nikolàevič Tolstòj
(Jàsnaja Poljana, 9 settembre 1828 – Astàpovo, 20 novembre 1910)

19 marzo 2019

PREGHIERA DI UN PADRE - Autore sconosciuto


Bellissima questa preghiera...

PREGHIERA DI UN PADRE

Grazie Signore per avermi donato i miei figli,
grazie per avermi fatto provare la gioia di una vita che nasce,
di un bimbo che sorride e dona amore,
di una luce che illumina un mondo grigio.

Grazie Signore per le notti in bianco,
per le preoccupazioni ed i dolori,
perché ho capito cosa vuol dire amare.

Aiutami o Signore ad imparare a far camminare i miei figli,
in un mondo privo di valori veri.

Aiutami o Signore ad essere un buon padre,
non perfetto, ma un buon padre.

Grazie Signore per ogni ora che passo con loro
e li vedo crescere e cambiare, piangere e amare.

Grazie Signore, ti sento vicino come un padre al figlio.

(Autore sconosciuto)

PAPA' SOTTO IL LETTO - Erma Bombek


Una dolcissima e triste storia...

PAPA' SOTTO IL LETTO

Quando ero piccola, un padre era per me come la luce del frigorifero.
 Ogni casa ne aveva uno, ma nessuno sapeva realmente cosa facevano sia l'uno che l'altro, dopo che la porta era stata chiusa.
Mio padre usciva di casa ogni mattina e ogni sera quando tornava sembrava lieto di rivederci .
Lui solo era capace di aprire il vasetto dei sottaceti, quando gli altri non riuscivano.
 Era l'unico che non aveva paura di andare in cantina da solo.
 Si tagliava, facendosi la barba, ma nessuno gli dava il bacino o si impressionava per questo.
 Quando pioveva era lui che , ovviamente, andava a prendere la macchina e la portava all'ingresso.
Se qualcuno era ammalato, lui usciva a comprare le medicine. 
Metteva le trappole per i topi.
Quando mi regalarono la prima bicicletta, pedalò per chilometri accanto a me, finchè non fui in grado di cavarmela da sola. 
Avevo paura di tutti gli altri padri, ma non del mio. Una volta gli preparai il tè, era solo acqua zuccherata, ma lui era seduto su una seggiolina e lo sorbiva dicendo che era squisito.
Ogni volta che giocavo con le bambole: la bambola mamma, aveva un sacco di cose da fare.
 Non sapevo, invece, cosa far fare alla bambola papà, così gli facevo dire "Bene, adesso esco e vado a lavorare " poi la buttavo sotto il letto.
Quando avevo nove anni, un mattino mio padre non si alzò per andare a lavorare. 
Andò all'ospedale e morì il giorno dopo.
Allora andai in camera mia e cercai la bambola papà sotto il letto, la trovai, la spolverai e la posi sul letto.
Mio padre non fece mai nulla. 
Non immaginavo che la sua scomparsa mi avrebbe fatto tanto male.
Ancora oggi non so perchè.

Erma Bombek


I FIGLI SONO COME AQUILONI - Erma Bombeck


"Felice te che al vento non vedesti cader che gli aquiloni."
 (Giovanni Pascoli)

I FIGLI SONO COME AQUILONI

I figli sono come gli aquiloni,
passi la vita a cercare di farli alzare da terra.
Corri e corri con loro
fino a restare tutti e due senza fiato…
Come gli aquiloni, essi finiscono a terra…
e tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni.
Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri
che presto impareranno a volare.
Infine sono in aria:
gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne.
E a ogni metro di corda
che sfugge dalla tua mano
il cuore ti si riempie di gioia
e di tristezza insieme.
Giorno dopo giorno
l’aquilone si allontana sempre più
e tu senti che non passerà molto tempo
prima che quella bella creatura
spezzi il filo che vi unisce e si innalzi,
come è giusto che sia, libera e sola.
Allora soltanto saprai
di avere assolto il tuo compito.

Erma Bombeck



ECCO IL BABBO - H. Howitt


Per i bambini è sempre stato un momento tanto atteso quello del rientro del papà dal lavoro.
Bravo il padre che, anche se stanco, lo comprende e torna a casa con il sorriso e la pazienza di dedicare loro l'attenzione che si aspettano...
  
ECCO IL BABBO

Scoccan le sei, bambini. Ora sbrigate
ogni cosa, chè il babbo è qui tra poco:
i balocchi levate;
e tu, per la marmitta, attizza il foco.
Che vento freddo, che brutta serata
per la povera gente abbandonata!
Ma il babbo vien col suo passo robusto,
chè lui non teme il buio della sera;
quasi ci prende gusto,
a sentirsi sferzar dalla bufera.
E non ha freddo, chè si porta in core
di questa famigliuola il caldo amore.

H. Howitt

IL CAVALLUCCIO MARINO IL PADRE PIU' PREMUROSO



IL CAVALLUCCIO MARINO IL PADRE PIU' PREMUROSO 


Nel regno animale il miglior esempio di padre premuroso è il cavalluccio marino.
Il cavalluccio marino, o ippocampo, così detto per via della testa che ricorda quella di un piccolo cavallo, vive in tutte le acque del mondo tranne quelle glaciali, prevalentemente in prossimità delle coste.
L'accoppiamento tra i cavallucci è preceduto da una sorta di danza nuziale durante la quale la femmina depone tra le 100 e le 1000 uova nella tasca ventrale del maschio, simile ad una sacca incubatrice, dove gli embrioni crescono all'interno di una specie di alveare.
La gestazione può durare tra 10 giorni e le 6 settimane, a seconda delle specie di ippocampo e della temperatura del mare. 


Una volta trascorso questo tempo, il maschio si ancora con la coda a una qualsiasi sporgenza e contrae il corpo per espellere gli avannotti con delle contrazioni addominali analoghe a quelle di un parto femminile. Può passare parecchie ore “sparando” i piccoli, che misurano al massimo 11 millimetri di lunghezza. 
Il cavalluccio infatti pesce è molto piccolo e, solamente in alcuni casi, un adulto maschio può raggiungere i 30 centimetri di lunghezza. 
Il momento del parto avviene solitamente durante l'alta marea, affinché i piccoli vengano dispersi per essere meno vulnerabili agli attacchi dei predatori.
Durante i primi giorni, i piccoli – da 10 a 400 esemplari – entrano ed escono dalla sacca del padre, a seconda dei pericoli. 


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